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Annalisa Giordanelli, 53 anni, medico, mamma. Aggredita in strada e uccisa con un piede di porco dal cognato (violento) che la reputava causa del suo divorzio

Cetraro (Cosenza), 27 Gennaio 2016

 


Titoli & Articoli

Dottoressa uccisa, l’ex cognato confessa: «Il mio divorzio colpa sua» (Corriere della Sera – 28 gennaio 2016)
Annalisa Giordanelli, medico di 53 anni, colpita alla testa con un piede di porco ritrovato con tracce di sangue e capelli. Gli inquirenti non escludono una « pista famigliare»
Colpita alla testa con un piede di porco. Una mazzata violentissima alle spalle, dopo essere stata seguita in macchina. Lasciata priva di vita sul ciglio della strada. C’è un fermato, reo confesso, per l’omicidio di Annalisa Giordanelli, medico di base, 53 anni, uccisa mercoledì verso le 16 a Cetraro ( nel Cosentino) mentre faceva due passi abituali verso il mare. L’arrestato è il cognato, Paolo Di Profio, infermiere nell’ospedale cittadino. I sospetti si erano concentrati subito attorno a lui. Dopo 10 ore di interrogatorio nella caserma dei carabinieri alla fine è crollato. Confessando tutto. «Il mio divorzio è stato per causa sua», ha raccontato. L’uomo era sposato con la sorella del medico, Serena, la più piccola di quattro sorelle, ma l’unione era in crisi da tempo. Anzi: naufragata. Un fallimento per il quale lui aveva incolpato proprio la dottoressa. Sarebbe stata lei – avrebbe detto agli investigatori – a insistere con sua moglie. «Lascialo, è un poco di buono». Queste le parole ripetute riferendosi anche al passato di alcolista dell’uomo. E forse pure alle percosse inflitte in casa. Quelle che avevano spinto la donna a lasciarlo, ad andarsene da casa per vivere assieme ad Annalisa. Non lontano. A un tiro di schioppo.
Il colpo con il piede di porco. Decisivo nella svolta dell’indagine il ritrovamento dell’arma del delitto, un piede di porco – lasciato poco lontano dal corpo senza vita della povera Annalisa – intriso di sangue e con tracce dei capelli che potrebbero appartenere alla vittima. La donna sarebbe stata seguita per qualche centinaio di metri, durante la sua passeggiata pomeridiana verso la costa. Quattro passi per distendersi, a metà tra sport e relax. L’infermiere l’avrebbe avvicinata fermando la sua auto poco prima. Un colpo violento con quel piede di porco lasciato poco lontano.
L’autopsia giovedì. In un primo momento la morte di Annalisa Giordanelli, sposata, due figli, professionista molto apprezzata in paese, era sembrata un incidente stradale. Un investimento pirata. Il cadavere era stato infatti trovato con la testa in giù tra l’asfalto e il marciapiede. La donna era da poco uscita di casa e aveva imboccato una strada che dal centro cittadino conduce giù, verso la marina. L’ipotesi dell’incidente stradale era stata avanzata perché sono state trovate tracce di pneumatici. Il medico legale ha, però, escluso che il trauma cranico che avrebbe causato la morte del medico fosse dovuto all’impatto con una macchina. Sulla testa di Annalisa Giordanelli  sono state  riscontrate lacerazioni molto profonde, causate da colpi di pietra o altro corpo contundente. L’autopsia in programma per giovedì mattina, dovrebbe chiarire altri dubbi sulla dinamica dell’omicidio.
Una vita normale. Annalisa Giordanelli era medico a Cetraro da parecchi anni. Padre medico, e anche lei dottoressa. Nessuna indiscrezione sul suo conto. Una vita normale, dedicata al lavoro e alla famiglia.

 

Donna uccisa in strada nel Cosentino, bruciata l’auto della sorella: è la moglie dell’assassino (il Quotidiano del Sud – 14 febbraio 2016)
Giallo nella notte a Cetraro, dove un incendio ha distrutto l’autovettura della sorella di Annalisa Giordanelli, il medico ucciso dal cognato per vendetta
Nella notte, intorno alle 4, è andata in fiamme l’automobile di Serena Giordanelli. Si tratta della sorella di Annalisa Giordanelli, il medico cetrarese ucciso in strada lo scorso 27 gennaio. Serena Giordanelli è la moglie dell’infermiere Paolo Di Profio, attualmente indagato e ritenuto responsabile dell’omicidio efferato di fine gennaio. La dottoressa cetrarese è deceduta in seguito a violenti colpi inferti alla nuca con una grossa barra di ferro uncinata, un piede di porco. Le fiamme, da quanto si è appreso, si sono sviluppate nel giardino dell’abitazione che si trova nei pressi del Porto di Cetraro.Presenti sul posto i Vigili del fuoco e i carabinieri della Compagnia di Paola coordinati dal capitano Antonio Villano. Le indagini sul caso del delitto Giordanelli proseguono e, da quanto si è appreso, ci sarebbero anche altre persone coinvolte.

 

 

Drammatica lettera di un’insegnante calabrese «Mio marito vuole uccidermi, aiutatemi» (il Quotidiano del Sud – 7 marzo 2017)
Serena Giordanelli, di Cetraro, sorella di Anna, uccisa mentre faceva jogging ha affidato a Repubblica.it una disperata richiesta di aiuto
È una drammatica richiesta di aiuto quella che Serena Giordanelli ha affidato al sito web di Repubblica, insegnante di Cetraro costretta a lasciare la Calabria, temendo per la sua vita e quella dei figli. La lettera della donna è stata pubblicata sul blog di Concita de Gregorio a questo link. Serena Giordanelli è la sorella di Anna, uccisa a gennaio 2016 mentre faceva jogging nella sua città dal marito di Serena, Paolo Di Profio, da allora in carcere.

 

Vi posso scrivere perché non mi ha uccisa (Invece Concita blog – 7 marzo 2017)
Mi chiamo Serena Giordanelli, ho due figli di 8 e 11 anni, se scrivo questa lettera è perché mio marito non mi ha ancora ammazzata. Ha promesso che lo farà, ha già ucciso mia sorella Annalisa il 27 gennaio del 2016: l’ha strangolata e massacrata con un piede di porco perché la considerava colpevole della nostra separazione. Ha confessato, ora è in carcere ma vuole uccidere anche me: mi ha scritto che me la farà pagare, le guardie hanno trovato nella sua cella una lettera indirizzata a una persona di sua fiducia. Dice: “Lei va a camminare la mattina in direzione del porto, basta un colpo secco alla testa, mi raccomando scegli delle persone fidate. Se non l’ammazzi almeno mandala sulla sedia a rotelle, è l’unica cosa che può darmi un po’ di pace”.

Sono laureata in lingue, insegnavo, vivevo in un paese vicino a Cosenza. Ora sono scappata in Umbria coi miei figli, vivo nascosta aiutata dai soldi di mia madre, 85 anni. Ho paura perché la corte di Assise di Cosenza gli ha accordato il rito abbreviato. Vorrebbero farlo passare per incapace di intendere e di volere. Se mi ucciderà chi lo spiegherà ai miei figli?

La mia è una storia qualunque. Ho sposato Paolo, infermiere anestesista all’Ospedale di Cetraro, nel maggio 2004. Quasi subito mi sono accorta che beveva di nascosto. Ho fatto di tutto per cercare di farlo smettere. Ho sperato che la nascita dei figli lo aiutasse, ma al contrario: ha iniziato a fare uso di sostanze anestetiche (Midazolam) sottratte in reparto. Ho combattuto da sola: per molto tempo non ho rivelato a nessuno la verità. Familiari e amici lo conoscevano come un uomo cortese e generoso.

Nel 2012 muore improvvisamente una delle mie tre sorelle e il mio equilibrio vacilla, inizio una psicoterapia. Realizzo come la mia situazione matrimoniale sia insostenibile. Ne parlo con mia sorella Annalisa che, da medico, penso possa aiutare me e magari anche lui. Quando Paolo capisce che ho rivelato il suo “segreto” è l’inizio della fine. Mi minaccia di morte davanti ai figli. Inizia a usare cocaina. Mi calunnia in pubblico: dice che lo tradisco e che gli rubo soldi.

Naturalmente è falso. E’ lui a rubare 100mila euro in casa di mia madre. Lo denuncio. Nessuna indagine. Frantuma il parabrezza e svita i bulloni della mia auto, le videocamere lo provano. Uccide mia sorella. Dopo due settimane dall’omicidio mi viene bruciata l’auto. I carabinieri pensano che sia qualche esponente della cosca mafiosa del mio paese, ma io so che il mandante è lui. Molti, primi fra tutti i suoi familiari, si schierano dalla sua parte contro di me, colpevole di averlo lasciato.

Decido di trasferirmi per proteggere i figli: la più grande ha capito, anche se non parla. Nell’udienza preliminare, novembre 2016, confessa giustificando l’omicidio come un momento di follia dettato da alcool e cocaina. Chiede il rito abbreviato per ottenere la perizia psichiatrica. La corte di Assise di Cosenza glielo accorda. Resto senza parole. Ha lavorato nella sala operatoria di un ospedale fino alle 14.30 e dopo un’ora ha ucciso. Era pazzo quando lavorava? Quando commissionava per scritto dal carcere il mio omicidio? In nome di mia sorella uccisa, dei suoi due figli orfani, di tutte le donne che ogni giorno vengono ammazzate vi chiedo: aiutateci finchè siamo ancora vive, non ci piangete solo da morte.

 


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