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Angela Jenny Reyes Coello (Nena), 46 anni, badante, mamma. Uccisa dal marito con una coltellata al cuore

Genova, 7 Aprile 2018

 


Titoli & Articoli

Omicidio Genova, Angela trovata morta in casa. Il figlio si sente male, ricoverato (il Mattino – 8 aprile 2018)
Il figlio di 21 anni di Angela Jenny Reyes Coello, la donna uccisa a Genova e trovata in un lago di sangue nella sua abitazione, si è sentito male ed è stato portato via in ambulanza subito dopo il suo arrivo a casa della madre. Il giovane è stato avvertito della tragedia e si è recato subito nella casa della mamma. Quando è arrivato ha avuto un malore. Nel frattempo è finito il sopralluogo della pm Gabriella Marino e del medico legale Francesco Ventura nell’abitazione della vittima. A quanto sembra, la donna è stata colpita con un coltello e almeno un colpo l’avrebbe raggiunta al petto. Proseguono intanto le ricerche del marito di Angela Jenny Reyes Coello, che faceva la badante a persone anziane e, a quanto risulta, condivideva la casa con una amica.

Genova, Angela Jenny Reyes Coello trovata morta in casa. Si cerca il marito: lo aveva già denunciato (Leggo – 9 aprile 2018)
Omicidio a Genova dove una donna di 46 anni di origini sudamericane, Angela Jenny Reyes Coello, è stata trovata morta nella sua casa in via Fillak. I carabinieri stanno cercando il marito. Secondo le prime informazioni, a lanciare l’allarme è stata la mamma della donna che non riusciva a mettersi in contatto con lei. La vittima è stata trovata riversa sul divano con una ferita provocata da un’arma da taglio. La porta di casa era chiusa e nell’appartamento sarebbero state trovate tracce di sangue. A quanto risulta, l’uomo era arrivato a Genova dall’Ecuador da alcuni giorni. Era stata la stessa donna ad andarlo a prendere al suo arrivo. Angela Jenny Reyes Coello, la donna uccisa a Genova, aveva denunciato il marito nel 2004 per maltrattamenti.
I due avevano poi vissuto ancora insieme tra alti e bassi. Otto mesi fa, il marito era tornato in Ecuador perché i rapporti erano diventati di nuovo tesi.
L’uomo, 52 anni, era tornato ieri dal Sudamerica. Era arrivato intorno alle 13 a Milano e la vittima era andato a prenderlo all’aeroporto del capoluogo lombardo per portarlo a Genova. Secondo una prima ricostruzione, arrivati in casa i due avrebbero iniziato a litigare davanti alla coinquilina della Coello che nel pomeriggio (e non di notte come appreso in un primo momento) avrebbe lasciato la casa proprio per la lite tra marito e moglie. L’uomo non avrebbe nemmeno disfatto le valigie che sono state trovate nell’appartamento. In queste ore i carabinieri stanno interrogando il fratello del marito della vittima, che vive a Genova, e la coinquilina per ricostruire con esattezza gli ultimi momenti di vita della Coello.


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In memoria di

Uccisa dal marito a Genova, il fratello: «Lui illuso e disilluso? Non scherziamo, era da sempre violento» (Corriere della Sera – 14 marzo 2019)
Il caso di Angela Jenny Coello Reyes, per tutti Nena, uccisa dal marito il 7 aprile dello scorso anno: «Non vorrei mai che fosse solo questo il dettaglio da ricordare sul suo conto. Stiamo parlando di una donna dolce, allegra, gentile con tutti»
«Il giorno in cui mia sorella è morta era il compleanno di mia madre e Nena il giorno prima l’aveva chiamata. Le aveva detto: “Manda Alfredo qui da me, domani sera, così gli do il regalo per te”. Però mamma si è dimenticata di dirmelo. Non posso pensare che mentre noi festeggiavamo il compleanno lei moriva… E adesso vivo con questa domanda in testa: se io fossi andato da mia sorella, quella sera, l’avrei salvata oppure lui avrebbe ucciso anche me?».
Alfredo è il fratello minore di Angela Jenny Coello Reyes, per tutti Nena. Lei aveva 46 anni e il 7 aprile dell’anno scorso è stata uccisa dal marito, Javier Pareja Gamboa, classe 1966. Una sola coltellata, al petto. Erano nati e cresciuti in Ecuador tutti e due, avevano vissuto assieme, a Genova, per più di vent’anni e avevano un figlio, Napoleone, che oggi ha 22 anni e che non ha più una parola per chiamare suo padre. «Da quando lui l’ha uccisa — racconta Alfredo — mio nipote non vuole più chiamarlo papà, né è mai andato in carcere a trovarlo. Quando parla di lui dice “quello lì”».
La sentenza che ha condannato a 16 anni l’assassino di Nena dice che lui ha ucciso «non sotto la spinta di un moto di gelosia fine a se stesso ma come reazione al comportamento della donna, del tutto incoerente e contraddittorio, che lo ha illuso e disilluso nello stesso tempo».
«Ma scherziamo?» protesta suo fratello Alfredo. «Qui non si tratta di illusione o delusione. E non vorrei mai che fosse solo questo il dettaglio da ricordare sul suo conto. Stiamo parlando di una donna dolce, allegra, gentile con tutti, una che credeva a un mondo buono, fin troppo ingenua».
«Voleva una famiglia unita».
Alfredo rimette in ordine i ricordi. «Beveva, è vero — dice con amarezza — ma da quando si era rifatta una vita con l’altro uomo aveva smesso. Lei aveva un concetto tradizionale della famiglia, voleva tenerla assieme perché la famiglia per lei veniva prima di ogni altra cosa. È per questo che ha fatto tornare Javier che se n’era andato in Ecuador. Quando si erano lasciati suo figlio non l’aveva presa bene ed era andato a vivere fuori casa con la fidanzata. Lei ne soffriva molto e anche per cercare di riavvicinarlo ha chiesto a suo marito di tornare e gli ha detto che avrebbe chiuso con l’altro uomo. Altro che illusione… Gli ha chiesto di tornare per riunire la famiglia, anche se lui era violento da sempre, con lei. La picchiava, Nena aveva i segni di una coltellata al collo, alla pancia. L’aveva denunciato…».
Per convincerla a non tornare con Javier, Alfredo era arrivato a litigare con sua sorella. «Purtroppo l’ultima volta che l’ho vista abbiamo avuto una discussione proprio su quello» racconta. «Avevo detto a lui: lasciala perdere, non tornare, lei adesso sta bene così. E con lei mi ero arrabbiato. Le avevo detto: sei una stupida, lo sai che quest’uomo ti fa del male e lo rivuoi con te? Mi madre mi aveva sgridato perché l’avevo trattata male. È stato tre giorni prima che morisse, sono carico di sensi di colpa per quella sfuriata…».