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Fatime, 45 anni, operaia, mamma. Uccisa a colpi di pistola, insieme alla figlia Senade, dal marito che aveva denunciato dopo una vita di violenze

Pescina (L'Aquila), 16 Ottobre 2013

Senade e sua madre Fatime avevano giocato con l’onore del padre-marito. Quindi sono state uccise in un vero e proprio agguato


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Uccide la moglie e la figlia che stuprava sin da bambina: il calvario di Fatime e Senade Selmanaj (FanPage – 4 marzo 2018)
“Non devi farti toccare da nessun altro, solo io posso farlo. Se lo dici alla mamma l’ammazzo”: con queste parole Veli Selmanaj obbligava la figlia Senade e le sue sorelle a tacere mentre abusava sessualmente di loro. Le bambine avevano tra i 5 e gli 8 anni quando l’incubo è iniziato. Una volta cresciute lo hanno denunciato. La ribellione è costata la vita a Senade e alla madre Fatime

Fatime e Senade in Italia per fuggire dalla guerra

Fatime vive in Kosovo e a soli 15 anni viene promessa in sposa a Veli, un uomo che conosce appena e che dunque non ama. Dopo il matrimonio, la donna viene trattata come una schiava dai suoceri e viene picchiata dal marito. Nel 1996, la guerra scoppiata in Kosovo, costringe la famiglia di Fatime a scappare. La coppia – insieme ai figli – si rifugia in Italia sperando di trovare nel nostro Paese, quella serenità che la loro terra non poteva più dargli. Si stabiliscono in Abruzzo, a Pescina.

Veli stupra le figlie e picchia i figli e la moglie
Veli, che davanti agli estranei si mostra mite e rispettoso, in famiglia è un uomo violento, irascibile e che non accetta di essere contraddetto. Lavora in uno stabilimento con la moglie e le figlie maggiori e a fine mese pretende che le donne consegnino a lui il loro stipendio. È solito picchiare la moglie e i sei figli. Inoltre, tra gli orrori compiuti da quest’uomo nella sua famiglia, quello più innaturale e meschino. Abusa sessualmente della figlia Senade sin da quando aveva 8 anni. Non risparmia nemmeno le altre figlie. E quando le bambine osano ribellarsi, le picchia e spiega loro che ciò che lui fa è il normale comportamento che un padre tiene nei confronti della prole.

La figlia Resmije racconta gli anni degli abusi
La figlia Resmije racconta che il padre ha iniziato ad abusare di lei in un periodo in cui la madre era in Kosovo: “Mi toccava e rideva. Poi mi diceva ‘Tu sei scema. Non è come pensi tu. Io lo posso fare. Non devi farti toccare da nessun altro, lo posso fare solo io e quando ti sposi tuo marito’. Alla fine io non parlavo più. Mentre lui mi toccava, io piangevo soltanto. Non avevo forza. Sapevo di non poter gridare e di non poterlo dire a nessuno. Mi chiedevo, perché lo fa? E la risposta più facile per me era che non era mio padre. Io do per scontato che un padre vero non lo fa”.

Resmije, inoltre, dichiara che l’uomo faceva di tutto per ritagliarsi delle ore da solo con lei ogni giorno: “Lui insisteva che io lo dovevo toccare, ma là ho detto ‘No, puoi anche ammazzarmi, ma io non lo farò mai’”. Quando la giovane minaccia di dirlo alla madre lui replica: “Fallo e i tuoi fratelli resteranno senza mamma”. Resmije arriva a un passo dal suicidio. La salva sentire il pianto del fratellino.

Fatime scopre che il marito molesta le figlie e lo querela
Il racconto di Resmije riflette quanto accade anche alle sue due sorelle. Il calvario di Senade inizia a 8 anni, quello di Blerta a 5 anni. Il copione è sempre lo stesso. L’uomo convince le figlie che il suo comportamento sia normale. Può contare sul fatto che gli stupri avvengano quando la moglie non c’è e sulla paura delle bambine che impedisce loro di confidarsi l’una con l’altra. Un giorno, però, il fratello maggiore di Senade resta in casa con lei e scopre cosa accade alle sue sorelle. Avvisa subito la madre. La donna è sconvolta. Insieme ai figli butta fuori di casa il marito, poi con le figlie si rivolge a un avvocato e le invita a denunciare. Negli atti giudiziari si legge la terribile testimonianza di Senade:

“Avevo circa 8 anni quando mio padre ha cominciato gli abusi sessuali su di me. Ricordo benissimo che una volta mi stavo ribellando quando lui mi ha picchiato ferocemente e mi ha detto queste testuali parole ‘È una cosa normale che un padre tocchi la propria figlia e non ti puoi ribellare a questa cosa normale’. Gli abusi da parte di mio padre sono continuati fino a quando avevo all’incirca 12-13 anni, momento in cui sono diventata donna. Oltre a queste violenze ho subito negli anni ripetute percosse per farmi tacere sulle passate violenze sessuali subite. Preciso infine che gli abusi sessuali e tutti gli altri episodi di percosse e maltrattamenti, mio padre li ha effettuati non solo su di me, ma anche sulle altre due mie sorelle. I maltrattamenti e le percosse li hanno subiti anche gli altri tre fratelli maschi e mia madre. Sia io che i miei fratelli che mia madre vogliamo che nostro padre sia allontanato da casa. Sporgo ampia e formale querela contro mio padre Selmanaj Veli”.

16 ottobre 2013 – L’omicidio di Fatime e Senade Selmanaj
Veli perseguita la moglie, non accetta che quella famiglia che aveva sottomesso con percosse e molestie si fosse ribellata al suo potere. Prova a recuperare il rapporto ma senza riuscirci. Contro di lui viene emesso anche un ordine restrittivo che Veli viola ripetutamente. Il 16 ottobre 2013, l’uomo compie la sua vendetta. Intorno alle 19:00 raggiunge le due donne nel parcheggio di un supermercato di Pescina. Sorprendendole alle spalle mentre stanno entrando in auto, spara cinque colpi di pistola. Due raggiungono al petto Fatime. Tre colpi, invece, raggiungono alla testa e al torace Senade. Veli fugge. I Carabinieri lo troveranno davanti a un bar. Il Pubblico Ministero Maurizio Maria Cerrato racconta:

“Veli Selmanj ha subito ammesso le proprie responsabilità ai carabinieri che lo hanno arrestato. Venne a riferire anche con un certo orgoglio quello che aveva fatto, di come avesse sparato alla moglie e di come le avesse detto ‘Vedi, tu mi hai allontanato e ora vedi che succede’”.

Veli Selmanaj condannato all’ergastolo
L’avvocato della famiglia di Senade, Leonardo Casciere ricorda: “Tentò di giustificare il suo gesto in modo assurdo: ‘Hanno giocato con il mio onore e quindi dovevano pagare. Mia figlia aveva tagliato le mie fotografie. Era fidanzata e non mi aveva detto niente. Mi hanno allontanato dalla famiglia’”. A giugno del 2014, Veli Selmanaj viene condannato in primo grado all’ergastolo. La condanna è stata confermata anche in appello. Nel 2016, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso e ha confermato la pena dell’ergastolo nei confronti dell’uomo.


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