Hammadi Zrhaida, 36 anni, carpentiere, padre. Uccide la moglie con 42 coltellate davanti alla figlia di 5 anni. Condannato con rito abbreviato a 20 anni con rito abbreviato, poi ridotti a 14 anni e 8 mesi, considerato socialmente pericoloso a fine pena viene rimpatriato in Marocco
Padova, 26 Giugno 2011
Titoli & Articoli
Litiga con la moglie e la uccide a coltellate (Corriere della Sera – 27 giugno 2011)
L’uomo, un marocchino di 38 anni, ha ucciso la donna nel corso dell’ennesima discussione per motivi sentimentali. La figlia di 6 anni, in casa al momento dell’omicidio, è stata affidata a un parente
L’arresto di Zrhaida Hammadi (Bergmaschi/Fossella)
PADOVA – Lui, geloso, temeva di essere lasciato e nel corso dell’ennesima lite per motivi sentimentali ha preso un coltello da cucina e l’ha uccisa nella loro casa di Padova con numerosi fendenti. Vittima una maghrebina, Fatima Chbani di 33 anni, uccisa dal marito Zrhaida Hammadi, di 38 anni, che ha fatto delle ammissioni ed è stato arrestato in flagranza di reato. I due avevano una bambina di sei anni, in casa al momento del delitto, che però non avrebbe assistito al fatto. La vicenda è stata presto risolta dagli uomini della squadra mobile di Padova, coordinati dalla Pm Emma Ferrero. L’uomo – che è stato interrogato a lungo dal magistrato nell’abitazione dove si è consumato il delitto – era giunto in Italia una decina d’anni fa e solo da qualche tempo era stato raggiunto dalla moglie e dalla figlia.
La convivenza, in breve, era diventata difficile, con lui estremamente geloso e probabilmente infastidito dalla ricerca di maggiore indipendenza da parte della moglie. Numerose le liti, testimoniate dai vicini della loro abitazione su due piani, che li sentivano spesso litigare anche in modo violento. Secondo inquirenti ed investigatori, nel serata di domenica l’uomo, nel corso dell’ennesima discussione, ha impugnato un coltello preso in cucina e ora posto sotto sequestro, e in preda alla rabbia ha colpito la moglie – sarà l’autopsia a stabilire il numero esatto dei numerosi fendenti – lasciandola esanime a terra. Subito è scattato l’allarme e sul posto sono giunti gli uomini della squadra mobile, che in breve sono riusciti a ricostruire la vicenda mentre con la Pm è iniziato un lungo interrogatorio per delineare in modo inequivocabile la vicenda grazie anche alle ammissioni dell’uomo. Nel frattempo la figlia della coppia è stata allontanata e quindi consegnata a un parente che l’ha presa in temporaneo affidamento. (Ansa)
Geloso della moglie troppo indipendente: marito la accoltella e la uccide in casa (il Gazzettino – 27 giugno 2011)
Lui, geloso, temeva di essere lasciato e nel corso dell’ennesima lite per motivi sentimentali ha preso un coltello da cucina e l’ha uccisa nella loro casa di Padova, in via Maroncelli 7, con numerosi fendenti. Vittima una magrebina, Fatima Chabani di 33 anni, uccisa dal marito Zrhaida Hammadi, di 36 anni, che ha fatto alcune ammissioni ed è stato arrestato per omicidioin flagranza di reato.
I due avevano una bambina di sei anni, in casa al momento del delitto, che però non avrebbe assistito al fatto. La vicenda è stata presto risolta dalla polizia di Padova e dal pubblico ministero Emma Ferrero. L’uomo – che è stato interrogato a lungo dal magistrato nell’abitazione dove si è consumato il delitto – era giunto in Italia una decina d’anni fa e solo da qualche tempo era stato raggiunto dalla moglie e dalla figlia. La convivenza, in breve, era diventata difficile, con lui estremamente geloso e probabilmente infastidito dalla ricerca di maggiore indipendenza da parte della moglie.
Numerose le liti, testimoniate dai vicini della loro abitazione su due piani, che li sentivano spesso litigare anche in modo violento. Secondo inquirenti ed investigatori, nella serata di oggi l’uomo, nel corso dell’ennesima discussione, ha impugnato un coltello preso in cucina e ora posto sotto sequestro, e in preda alla rabbia ha colpito la moglie – sarà l’autopsia a stabilire il numero esatto dei fendenti – lasciandola esanime a terra. Nel frattempo la figlia della coppia è stata allontanata e quindi consegnata a un parente che l’ha presa in temporaneo affidamento.
Padova, marocchino sgozza la moglie adultera L’imam lo difende: “Lapidazione? E’ nel Corano” (il Giornale – 28 giugno 2011)
Scoperto il tradimento, il marocchino uccide la moglie. Maher Selmi, mediatore culturale e portavoce dell’associazione che gestisce la moschea di via Anelli, non condanna: “La lapidazione in quanto pena o punizione c’è nel Corano”. Scoppia la polemica. La Sbai: “Apologia di reato”
Le immagini di Sakineh avevano bucato i teleschermi del Vecchio Continente. L’orrore per la decisione di condannare alla lapidazione la donna, accusata di adulterio e omicidio, aveva portato in piazza migliaia di persone per sensibilizzare il tribunale iraniano. Oggi, la violenza del diktat coranico torna a dividere l’Italia. A scatenare la polemica è stato Maher Selmi, mediatore culturale nonché portavoce dell’associazione Rahma che a Padova gestisce la moschea di via Anelli. “La lapidazione in quanto pena o punizione c’è nel Corano – spiega Selmi all’Adnkronos – un musulmano non la può negare. Però bisogna stare attenti all’interpretazione: ci sono dei criteri per infliggerla”.
La lapidazione usata per punire le donne che tradiscono i mariti. E’ una pratica comune nei Paesi islamici. Negli ultimi anni, però, anche l’Italia è vittima di episodi di violenza: uomini che vogliono “educare” le mogli o le figlie che si stanno occidentalizzando. Ieri, a Padova, Zrhaida Hammadi, 38enne carpentiere di origini marocchine, quando si è visto mancare di rispetto non ha saputo trattenersi e all’ennesima lite con la moglie l’ha aggredita con un coltello colpendola al collo recidendole la giugulare. Secondo gli inquirenti, la donna, Fatima Chabani (33 anni), aveva aderito a “uno stile di vita piu occidentale” ma avrebbe minato l’onore del marito sopratutto perché avrebbe frequentato un altro uomo. Selmi dice di non voler commentare l’omicidio, ma mette le mani avanti: “Occorre la certezza sui motivi che hanno portato al gesto e poi c’è una persona scomparsa alla quale dobbiamo rispetto”.
Le parole del mediatore culturale fanno scoppiare un vero caso. Per la parlamentare del Pdl Souad Sbai ricorda che prima della fine del processo per Sanaa toccò a Begm Shnez essere lapidata in casa. E attacca duramente la poszione di Selmi che “si permette di elogiare la lapidazione e di riconoscere solo la legge islamica”. Per la Sbai, “questa è apologia di reato”. Per questo, a breve il numero uno della moschea di via Anelli ne risponderà davanti ad un giudice. “Oggi partirà infatti una lettera di denuncia al Procuratore di Padova – spiega la Sbai – per far sì che questo mediatore fai da te ed estremista venga allontanato al più presto dal ruolo”.
Aconra una volta emerge con prepotenza la necessità di maggiori controlli sulle moschee e su chi vi lavora dento. “Occorre – puntualizza la Sbai – un controllo preventivo sui mediatori culturali nonchè la previsione dell’espulsione diretta con rimpatrio immediato per chi fomenta l’odio”. Ma il mediatore non ci sta e rincara la dose: “I musulmani che vivono in Europa devono cominciare a leggere e rileggere il loro testo sacro e reinterpretarlo in modo che vada bene per la società in cui vivono”. Sebbene ammetta che gli islamici non possono vivere in Italia nel modo in cui vivo in Marocco o in Egitto, Selmi non condanna la pratica della lapidazione per le adultere. Anzi. “Ci sono delle condizioni che devono coesistere per l’esecuzione ossia quattro testimonianze coincidenti dell’adulterio – spiega – è chiaro che questa non è una legge fatta per punire ma per allontanare. E poi non penso che nessuna adultera andrà mai in un luogo pubblico a fare certe cose – conclude – ribadisco che non posso negare che la lapidazione c’è ma bisogna capire”.
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In memoria di
Massacra la moglie. Inflitti 20 anni (il Mattino di Padova – 27 giugno 2012)
Qualche giorno prima aveva promesso al fratello della moglie, marocchino come lui: «Prima uccido lei, poi tocca a te». Promessa mantenuta, almeno in parte
È il pomeriggio del 26 giugno 2011, domenica, al piano terra di una vecchia casa in via Maroncelli 7 alle spalle de la Stanga. Fatima Chabani, 33 anni, litiga per l’ennesima volta con il marito Hammadi Zrhaida, 37 anni, violento, rissoso, il vizio dell’alcol e una gelosia cieca. A pochi passi dalla coppia c’è la figlioletta di 5 anni. Ma poco importa a quel padre che stringe fra le mani un coltello da cucina e, per ben 42 volte, infierisce sul corpo della consorte. 42 fendenti, almeno una ventina quelli “penetranti” che colpiscono l’aorta, il polmone, la trachea e la sesta vertebra cervicale in base a quanto riscontrato dal professor Massimo Montisci dell’Istituto di medicina legale. Ieri, a un anno dalla tragedia, il caso è stato definito almeno in primo grado.
Al termine di un rito abbreviato che, per legge, prevede lo sconto di un terzo della pena, il gup Mariella Fino ha inflitto 20 anni di carcere a Hammadi Zrhaida che ha ascoltato, nervoso e in silenzio, quel verdetto nell’aula al secondo piano del tribunale, prima di rientrare nel carcere di Rovigo dove è detenuto. Il magistrato ha pure ordinato il pagamento di una provvisionale immediatamente esecutiva (un anticipo del risarcimento) di 80 mila euro ai familiari della vittima, oltre alle spese, il resto sarà determinato in separata sede civile. I parenti di Fatima – tutelati dall’avvocato Andrea Frank – si erano costituiti parte civile, reclamando un milione di euro. Accolta in pieno la richiesta del pm Emma Ferrero che aveva sollecitato una condanna a 20 anni per omicidio volontario (non premeditato) aggravato dal rapporto di parentela.
Quella accanto a Hammadi era stata una vita d’inferno per Fatima, decisa a lasciare definitivamente il marito e a tornare in patria con la figlia per chiedere la separazione. Lui, infatti, era violento. E lo era forse sempre stato tanto che Fatima lo aveva denunciato nel paese d’origine, salvo poi ritirare la querela e ricomporre l’unità familiare, nonostante l’opposizione dei fratelli.
Nel 2006 la donna si era trasferita dai parenti emigrati nel Padovano e, un anno più tardi, Hammadi l’aveva raggiunta. Lei, quasi laureata, si accontentava di fare la badante per mantenere la famiglia, lui svolgeva lavori saltuari e, spesso, era attaccato alla bottiglia. Sempre più difficile la loro convivenza, soprattutto da quando Hammadi sospettava che la moglie lo tradisse mentre lui aveva intrecciato un’altra relazione. L’uomo si sentiva offeso nell’onore. E, come esige la tradizione tribale berbera, l’onore macchiato va punito con la lama. Così è accaduto quella domenica di un anno fa secondo la ricostruzione della pubblica accusa e della parte civile. La difesa (l’avvocato Riondato) ha cercato di insistere: Hammadi si era opposto all’aggressione della moglie e, dopo averle strappato il coltello, l’avrebbe colpita. Per 42 volte. Senza mai fermarsi. (cri.gen.)
Massacrò la moglie con 42 coltellate, rimpatriato dopo aver scontato la pena (Padova Oggi – 29 marzo 2024)
Hammadi Zrhaida, oggi 49 anni, il 26 giugno 2011 ha ucciso la moglie Fatima Chabani, 33 anni in una appartamento di via Maroncelli alla Stanga. Definito socialmente pericoloso è salito su un volo per Casablanca scortato dalla polizia
Il 27 marzo la Polizia di Stato di Padova ha proceduto all’esecuzione dell’espulsione di un uomo di 49 anni marocchino, Hammadi Zrhaida, il quale, con provvedimento del questore della provincia di Padova Marco Odorisio, è stato allontanato dallo Stato con immediato accompagnamento alla frontiera aerea di Venezia e rimpatriato in Marocco a mezzo volo diretto a Casablanca. Il 26 giugno 2011 ha ucciso la moglie Fatima Chabani, 33 anni, in un appartamento di via Maroncelli alla Stanga.
La storia. Entrato in Italia ad aprile 2010 per ricongiungimento familiare con la moglie, Fatima Chabani, nel 2011 è stato arrestato da personale della Squadra Mobile di Padova per omicidio doloso, in quanto, al culmine di un litigio con la coniuge, all’interno della propria abitazione, nonostante la presenza della figlia allora di 7 anni, l’ha colpita con 12 colpi contundenti e 42 coltellate, provocandone la morte. Reato per il quale è stato condannato dalla Corte d’Assile d’Appello di Venezia alla pena di 14 anni e 8 mesi di reclusione. Scarcerato il 28 agosto 2023, irregolare sul territorio nazionale e ritenuto pericoloso socialmente, è stato collocato e trattenuto, con provvedimento del questore, presso il Centro di Permanenza per i Rimpatri di Milano dove, dopo due giorni, ha formalizzato istanza di protezione internazionale. A settembre dello stesso anno è stato dimesso dal CPR di Milano perché il giudice del tribunale di Milano – sezione specializzata in materia di Immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea – non ha convalidato il provvedimento di trattenimento per richiedenti asilo in quanto la domanda di protezione internazionale presentata dal 49enne non è stata ritenuta strumentale a fine di evitare o ritardare il provvedimento di espulsione.
La svolta. Rintracciato in provincia di Padova qualche giorno dopo la sua uscita dal CPR, con un nuovo provvedimento del questore della provincia di Padova Marco Odorisio, è stato accompagnato e trattenuto al centro di permanenza per i rimpatri di Gorizia. Il 18 marzo, grazie ai colloqui intercorsi tra personale dell’Ufficio Immigrazione della Questura di Padova e il console del regno del Marocco presso il consolato di Verona, al 49enne è stato rilasciato un lasciapassare consolare che ne ha consentito la partenza immediata dal territorio nazionale con volo aereo diretto nel suo Paese d’origine.