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Victor Hugo Menjivar Gomez, 37 anni, barista, sposato e padre di due figli, in attesa del terzo. Violenta e uccide una donna che lo rifiuta e sgozza il figlio di 3 anni di lei davanti al proprio figlio di 3. Ergastolo

Milano, 3 Marzo 2014


Titoli & Articoli

Uccide giovane mamma e bimbo:«Lei mi aveva respinto» (Corriere della Sera – 5 marzo 2014)
Un 36enne, padre di un bimbo, ha confessato di aver ucciso la 29enne perché lo aveva respinto e il piccolo che aveva visto
Ha confessato. Li uccisi lui, con una coltellata alla gola. Fermato nella notte, negli uffici della squadra mobile, un 36enne salvadoregno, Victor Hugo Menjivar Gomez, incensurato, è crollato dopo aver negato per oltre 5 ore, davanti al procuratore aggiunto Alberto Nobili e al sostituto Gianluca Prisco. Ha confessato di aver sgozzato Libanny Mejia Lopez, di 29anni, e il suo bambino Leandro detto Denzel, di 3 anni e mezzo, trovati morti martedì pomeriggio nel loro appartamento di via Paolo Segneri a Milano.
L’uomo, sposato, avrebbe detto di aver ucciso la ragazza perché aveva rifiutato le sue avance e aveva minacciato di dire tutto alla moglie di lui, e il bambino perché aveva visto tutto e lo conosceva. Menjivar Gomez, barista nella zona di via Inganni, era stato invitato a cena dalla 29enne e aveva portato anche suo figlio di 5 anni, amico del bambino di lei, mentre la moglie, incinta, era rimasta a casa.
Davanti al procuratore aggiunto di Milano Alberto Nobili e al pm Gianluca Prisco Victor Hugo Menjivar ha confessato di «aver perso la testa» perché la donna aveva rifiutato le sue avances e non voleva avere un rapporto sessuale. Nel corso della cena, mentre i bimbi giocavano nell’altra stanza, l’uomo ha bevuto molto, più di 20 birre Corona. Respinto e dopo aver preso anche uno schiaffo, l’uomo ha perso la testa. A un certo punto ha preso un coltello dalla cucina e l’ha minacciata, e la donna si è spogliata offrendosi a lui per cercare di salvarsi la vita. L’uomo, però, probabilmente anche perché era conscio che la dominicana avrebbe raccontato tutto a sua moglie, l’ha uccisa. Poi, visto che i due bambini avevano sentito le urla da un’altra stanza, Menjivar Gomez ha deciso di eliminare anche il piccolo, che per lui era un testimone scomodo, e dopo averlo portato in bagno ha ucciso anche lui. La donna e il figlio, secondo i rilievi medico-legali, sarebbero stati sgozzati, date le profonde lesioni alla gola. I pm hanno chiesto la convalida del fermo e la custodia cautelare in carcere con le accuse di duplice omicidio volontario aggravato dai motivi abietti e futili e dal fatto che il secondo omicidio, quello del bimbo, è stato commesso per cercare di sfuggire alle responsabilità per il primo. Ora spetterà al gip interrogare il fermato, probabilmente domani, e decidere sulla convalida e la misura cautelare.
Un inquilino che vive al terzo piano della prima scala a destra ha raccontato di aver sentito delle urla arrivare dall’appartamento di sotto. «Erano le due o le tre di notte, pensavo che qualcuno litigasse». L’uomo non ha dato l’allarme perché non ne ha avuto la forza. Si tratta di una persona malata, costretta a letto e attaccata ad una bombola d’ossigeno. Ma quello che ha sentito lo ha raccontato a un vicino, quando ha visto il cortile riempirsi di poliziotti e soccorritori.
La ragazza e il piccolo sono stati trovati morti martedì pomeriggio dalla nonna materna, preoccupata perché la figlia non rispondeva al telefono da diverso tempo. Libanny era riversa a terra in salotto, nuda, in una pozza di sangue, mentre Leandro era in bagno in pigiama, su di un fianco. Era stato sentito a lungo dagli inquirenti anche il compagno della donna, il padre del piccolo Leandro, che non conviveva stabilmente con loro. Si è presentato spontaneamente sul luogo del duplice delitto ed è stato portato in questura per essere interrogato. L’uomo è poi risultato totalmente estraneo alla vicenda. Durante la notte l’omicida ha indicato agli investigatori della Squadra mobile un cespuglio dove ha gettato l’arma del delitto (un coltello da cucina di 15 centimetri), e due cassonetti dove ha nascosto gli abiti utilizzati durante il raptus. Quei vestiti li ha lavati in lavatrice appena tornato a casa sua, dimenticando però di togliere dai pantaloni un cavatappi usato in un locale dove lavora come barista. Il rumore della lavatrice ha svegliato sua moglie, che ha poi confermato agli investigatori che il marito è rientrato molto tardi. L’indomani, Menjivar è uscito in bici e si è sbarazzato del coltello e degli abiti, trovati ancora umidi dagli agenti.
TIMIDA E RISERVATA – Yinette – perché chi le voleva bene la chiamava così e non con il primo nome, Libanny – era giovane e bella, ma a Ponte Sesto, piccola frazione di Rozzano, hinterland milanese, la ragazza dominicana la ricordano in pochi perché «era talmente timida, riservata, chiusa che finiva – racconta il suo ex datore di lavoro, Federico Cervi, proprietario della gelateria locale – per passare inosservata». Ricordando la sua vergogna persino nell’indossare il grembiule in presenza altrui, Federico e la moglie Maria Teresa, quando hanno sentito che era stata trovata nuda, hanno subito capito che «era impossibile che si trattasse di un omicidio-suicidio e poi Denzel (come chiamava il piccolo Leandro, ndr), era il suo orgoglio, la sua vita». Proprio per questo i vecchi datori di lavoro, rimasti amici di Yinette, sono convinti che lei, «che non avrebbe mai fatto entrare nessuno d’estraneo», se ha aperto la porta al suo assassino è stato solo per il suo bambino, per regalargli una serata diversa, in compagnia di un amichetto.

“Il bimbo non dimenticherà suo padre mentre uccide” (il Giornale – 7 marzo 2014)
La terza vittima dell’uomo che ha sgozzato l’amica e il suo piccolo è il figlio dell’assassino presente al delitto. L’allarme dello psicologo
È il secondo potenziale «testimone scomodo» del duplice omicidio di martedì, ma è stato risparmiato perché è il figlio dell’assassino. Douglas ha 5 anni, è il compagno di giochi di Leandro, vittima assieme alla madre Yinette della follia omicida di Victor Hugo Menjivar Gomez. Suo papà l’ha riportato a casa nel cuore della notte dopo aver ucciso il suo amichetto: dormiva con lui nell’altra stanza dell’appartamento di via Segneri, dopo una serata trascorsa a giocare, poi tutti e due a letto intorno alle 22. Anche lui deve aver sentito le grida che hanno svegliato Leandro e che l’hanno fatto correre dalla madre per aiutarla. Trasformandolo in un bambino che aveva visto troppo e nella seconda vittima di Victor Hugo. La terza è lui, Douglas, contemporaneamente testimone di un assassinio e figlio del killer.
«Questo bambino non dimenticherà mai quello che è successo – spiega Matteo Selvini, psicologo e terapeuta -. Potrebbe rimuovere l’accaduto, ma non cancellare il ricordo, che rimarrebbe comunque dentro di lui e potrebbe tornare fuori in modi ben più devastanti in età adulta». Douglas è vittima a più livelli del delitto di via Segneri: «Anche se non avesse sentito o visto nulla, il trauma già c’è per il solo fatto che suo padre ha ucciso. E ha ucciso un bambino che è quasi suo coetaneo», aggiunge lo psicologo. Douglas è peraltro in un’età particolare: 5 anni, quando la memoria ha da poco iniziato a costruirsi. «È una fase delicatissima ed è fondamentale che il bambino venga messo in sicurezza, lontano dall’immagine del padre e da ogni circostanza che possa avere a che fare con lui – spiega Selvini -. A quel punto bisogna che Douglas riesca a tirare fuori tutto: contrariamente al senso comune, la cosa migliore per lui è che venga aiutato a liberarsi e a creare una consapevolezza dell’episodio e della situazione in cui si trova ora. La cosa più sbagliata sarebbe sperare che dimentichi. Un fatto del genere non si dimentica e basta». Douglas non è l’unico figlio di Victor Gomez, con lui ci sono una sorella e un bambino che deve ancora nascere: «Tutti e tre sono vittime di questa brutta storia, in modi diversi».
C’è poi l’altra faccia del dramma, quella dei famigliari di Yinette e Leandro. Ieri la sorella 32enne della vittima, Lucy, ha voluto parlare dell’accaduto. «Questa è una tragedia, non uno spettacolo, ma sentiamo il bisogno di chiarire come sono andate le cose – racconta la ragazza parlando a nome anche dei genitori, residenti in via Inganni. «Denzel (così tutti chiamavano Leandro) era molto timido e le maestre hanno consigliato a mia sorella di farlo socializzare con gli altri bambini anche fuori da scuola», dice Lucy. Dietro l’incontro tra Yinette e Victor ci sarebbe stato soltanto un accordo tra genitori, visto che i due bambini frequentavano lo stesso asilo. Aveva conosciuto Victor e la moglie proprio alla scuola materna del quartiere: qualche volta si aiutavano tenendo una il figlio dell’altra ed è per questo, secondo la famiglia di Yinette, che la ragazza descritta da tutti come timida e discreta aveva invitato Douglas a casa sua,mentre il padre è arrivato solo dopo per riportarlo a casa.
Oggi, giorno in cui si tiene l’autopsia dei due corpi, via Innocenzi si illuminerà con una fiaccolata in ricordo delle due vittime. E il Comune ha già fatto sapere che domani l’8 marzo sarà dedicato ad Yinette. Il funerale si terrà invece a Santo Domingo, città natale della ragazza, dove sarà sepolta insieme al suo bambino.

 

 

Violentò e uccise una donna e suo figlio di 3 anni, chiede perdono in aula (Milano Today – 11 novembre 2014)
Il pm di Milano Gianluca Prisco ha chiesto una condanna all’ergastolo nel processo con rito abbreviato a carico di Victor Hugo Menjivar Gomez
Ha prima violentato e poi ucciso Libanny Mejia Lopez e il figlio della donna, Denzel Leandro, di tre anni e mezzo, adesso il pm di Milano Gianluca Prisco ha chiesto una condanna all’ergastolo nel processo con rito abbreviato a carico di Victor Hugo Menjivar Gomez, salvadoregno presunto autore dell’efferrato omicidio nella notte tra il 3 e il 4 marzo. L’uomo accoltello la donna, poi colpi il bimbo sgozzandolo. Il tutto davanti al proprio figlio, compagnetto del bambino. L’uomo ha fatto una lettera per chiedere perdono. La sentenza è attesa per il 26 novembre. La Procura ha attivato anche i servizi sociali per seguire il figlio dell’imputato e sua moglie che all’epoca era incinta di 8 mesi. Mentre i legali di parte civile hanno chiesto come risarcimento un milione di euro per ognuno dei familiari della vittima.

Libanny, violentata e uccisa con il suo bambino: ergastolo all’assassino (Corriere della Sera – 26 novembre 2014)
La strage nel marzo scorso. L’uomo incastrato, tra l’altro, dalla testimonianza del figlio di 4 anni, presente nella casa al momento del duplice delitto
È stato condannato all’ergastolo Victor Hugo Menjivar Gomez, il salvadoregno che nella notte tra il 3 e il 4 marzo scorso ha violentato e ucciso la dominicana Libanny Mejia Lopez e poi ne ha assassinato anche il figlio di 4 anni, Denzel Leandro. La condanna è stata inflitta con rito abbreviato dal giudice per l’udienza preliminare Maria Cristina Mannocci, che ha accolto la richiesta formulata dal pubblico ministero Gianluca Prisco. Il 37enne aveva confessato il duplice omicidio, spiegando di aver ucciso la donna perché lo aveva minacciato di riferire alla moglie all’ottavo mese di gravidanza di un suo approccio sessuale. Ancor più della confessione, però, contro di lui hanno pesato le parole del figlio di 4 anni che la sera del duplice omicidio era a casa della donna con il papà e si trovava con l’amichetto Denzel Leandro a giocare nella camera da letto, quando in soggiorno Menjivar Gomez si è avventato sulla dominicana 29enne con un coltello con la lama lunga 15 centimetri, per poi inseguirne il figlio fino in bagno, dove l’ha sgozzato.
«La mamma di Denzel piangeva molto e urlava
– ha detto nel corso di un’audizione protetta nei giorni successivi agli omicidi -. Anche io mi sono messo a piangere e anche Denzel. Io chiamavo il mio papà, Denzel chiamava la sua mamma». Poi mio padre è venuto a prendere Denzel «che gridava molto, chiamava la sua mamma». Dopo ho visto che mio padre si toglieva la camicia, vi riponeva la «spazzatura» che sporcava la camicia «di un colore rosso come il sangue della tigre». Menjivar Gomez risponde in continuazione tra loro dei reati di violenza sessuale aggravata dall’uso di armi e di sostanze alcoliche e di duplice omicidio aggravato dall’averlo commesso per garantirsi invano l’impunità. La quantificazione della pena prevede già lo sconto di un terzo come stabilito dal rito e che nel caso di un ergastolo è costituito dalla mancata applicazione dell’isolamento per l’imputato.


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