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Roberto Raviola, 45 anni, capo settore tecnico ferrovie. Uccide la madre con una martellata e la fidanzata con un bloccasterzo

Torino, 13 Giugno 1992


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UCCIDE MAMMA E FIDANZATA (la Repubblica – 14 giugno 1992)
TORINO – “Ogni volta che uscivo con una ragazza mia madre minacciava di uccidersi. Non la sopportavo più. Mi trattava come un bambino. Ero succube delle sue gelosie”.
Si è presentato in questura alle 18.30 di ieri, deciso a confessare i suoi delitti. Poche ore prima, Roberto Raviola, 45 anni, capo settore tecnico delle ferrovie, aveva ucciso la mamma con una martellata e la fidanzata a colpi di spranga. Tutto accade nel pomeriggio. Franceschina Forno, 72 anni, riposa nel suo letto. “Ancora una volta si era ripetuta la solita scena -racconterà più tardi l’ uomo al magistrato- Le avevo detto che sarei uscito e lei ha reagito in modo isterico, voleva farmi credere che si sarebbe suicidata”. Ma dopo l’ ennesima litigata, Roberto Raviola perde la testa. Con una mazzetta da scalpellino avvolta in uno straccio, si avvicina al letto della madre, colpendola al capo una sola volta, con estrema violenza. La donna è sveglia, ma non ha neppure il tempo di difendersi. Muore sul colpo, senza nemmeno un grido. Nessuno, nell’ edificio di piazzale San Gabriele di Gorizia, nel popoloso quartiere di Mirafiori, si accorge di nulla.
Con freddezza, Roberto Raviola lascia il piccolo appartamento che divideva con la madre e dopo un lungo giro in auto, si dirige verso la casa della fidanzata, Giuseppina Sanna, 41 anni, anche lei dipendente delle ferrovie. Come ogni sabato pomeriggio, Giuseppina lo sta aspettando per uscire. Arrivato in corso Lecce, armato di un pesante tubo di ferro, il Arrivato in corso Lecce, armato di un pesante tubo di ferro, il ferroviere entra nel palazzo usando il suo mazzo di chiavi. Suona il campanello e quando la donna gli apre la assale con ferocia. Un colpo alla testa, poi un altro alla nuca, mentre lei tenta di fuggire. Giuseppina cade a terra in un lago di sangue. Poi l’ uomo girovaga alcune ore in città, si dirige alla polizia e finalmente, confessando i due delitti al dirigente della sezione omicidi, Salvatore Longo, si rende conto di quanto ha fatto. “Le ho uccise tutte e due. Le troverete con il cranio spaccato. Erano le persone che amavo di più al mondo”.

 

Dieci anni di delitti d’ estate Puntuali, assurdi e feroci (la Repubblica – 25 luglio 2006)
(…) E di solito gli omicidi estivi colpiscono per la loro assurdità». Come nel caso di Roberto Raviola, integerrimo capo del settore tecnico delle Ferrovie dello Stato che, ricalcando il profilo fatto da Molino, il 13 giugno del ’92, uccise due volte nello stesso giorno. «La madre e la fidanzata – ricorda Molino – E pensare che si trattava di una persona irreprensibile. Un uomo mite e tanto ligio alle legge da non aver mai preso neanche una multa per divieto di sosta. Impiegato modello viveva con la madre che lo trattava come un bambino. Eppure quel pomeriggio ha ucciso a martellate la madre, gelosa della sua nuova fidanzata. Resosi conto di quanto aveva fatto voleva costituirsi in questura. E’ addirittura arrivato sino in via Grattoni poi ha avuto la malaugurata idea di telefonare a Giuseppina Sanna, la sua fidanzata per avvertirla. Ha trovato il numero occupato, è uscito dalla cabina telefonica pensando di dirglielo di persona. Quando lei gli ha aperto la porta lui però le ho sfondato il cranio con il bloccasterzo. Al processo dissero che aveva ucciso due volte per troppo amore»


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