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Riccardo Viti, 55 anni, ragioniere e idraulico disoccupato, sposato, cliente abituale della prostituzione, maniaco seriale. Lega a un palo una prostituta, la sevizia e la lascia morire. Condannato con rito abbreviato a 20 anni per omicidio volontario aggravato dalla violenza sessuale

Ugnano (Firenze), 4 Maggio 2014


Titoli & Articoli

Donna crocifissa a Firenze, preso maniaco: “Fatta bischerata, speravo la trovassero” (TgCom – 9 maggio 2014)
Fermato con l’accusa di omicidio il responsabile della morte di Andreea Cristina Zamfir, crocifissa sotto un cavalcavia alle porte di Firenze. Il questore: “Abbiamo preso la bestia”. La svolta nelle indagini grazie a un poliziotto che ha riconosciuto lo stesso modus operandi in episodi di due anni fa
E’ stato fermato, con l’accusa di omicidio, il responsabile della morte di Andreea Cristina Zamfir, la giovane romena trovata senza vita il 5 maggio alle porte di Firenze, dopo essere stata violentata e crocifissa. Si tratta di un idraulico di 55 anni, Riccardo Viti, abitante nei pressi del capoluogo toscano. L’uomo, che ha fatto le prime ammissioni sulla vicenda, sarebbe anche responsabile di altre violenze simili avvenute negli scorsi anni. Nei giorni scorsi gli investigatori avevano sentito il compagno della ragazza, ma l’uomo non aveva fornito elementi utili alle indagini. Gli inquirenti hanno compiuto un minuzioso lavoro per ricostruire la rete di conoscenze e frequentazioni della giovane prostituta uccisa.
Prime ammissioni – E alla fine sono arrivati a quello che sarebbe il maniaco omicida. Viti è stato arrestato nella sua casa, nei pressi dell’ospedale di Careggi. L’uomo avrebbe fatto alcune ammissioni sulla violenza alla giovane prostituta trovata seviziata e uccisa. Si è giunti alla sua identificazione anche attraverso le indagini delle ultime ore, basate sulla sua descrizione da parte delle donne che avrebbe violentato negli scorsi anni.
“Fatta una bischerata, speravo che la trovassero” – “Sono finito. Ormai non mi salva nessuno”, ha detto Viti poco dopo essere stato fermato dai poliziotti. Viti è stato a lungo interrogato dal sostituto procuratore di Firenze Paolo Canessa che coordina le indagini di polizia e carabinieri. “Ho fatto una bischerata. Speravo la trovassero come le altre”, ha dichiarato riferendosi ai precedenti casi simili nei quali le donne violentate e legate erano state trovate e salvate.
Un furgoncino chiaro – Molte squillo agli investigatori hanno raccontato di aver visto un furgoncino dal colore chiaro, probabilmente un mezzo usato per lavoro e anche per avvicinarsi alle vittime. Inoltre molte donne hanno raccontato di un cliente che amava un particolare gioco erotico, forse simile a quello che ha portato alla morte la giovane romena.
Ripreso dalle telecamere – A Riccardo Viti gli investigatori sono arrivati anche ricostruendo tutto il percorso della sua auto, da quando ha preso a bordo la ragazza fino all’arrivo in via del cimitero di Ugnano, con le videoregistrazioni delle telecamere di sicurezza disseminate lungo il percorso. Al momento dell’arresto l’uomo aveva con sé anche il giubbotto indossato quella sera. Le immagini hanno consentito di ricostruire il percorso fatto la notte tra il 4 ed il 5 maggio dal Fiat Doblò grigio di Viti dal momento in cui l’uomo ha preso a bordo la prostituta nella zona del parco delle Cascine all’arrivo nei pressi della strada che si perde in mezzo ai campi di Ugnano, interrotta dalla sbarra alla quale il corpo della ragazza era stato legato. L’auto di Viti è stata trovata parcheggiata nei pressi dell’abitazione dell’uomo e sequestrata.
Il particolare dello scotch – Nella sua abitazione lo scotch uguale a quello usato per legare la ragazza. Lo scotch sarebbe stato preso dai magazzini dell’ospedale di Careggi, a pochi minuti dalla casa del sospettato. La compagna dell’uomo, secondo quanto appreso, lavora proprio in questo ospedale.
Trovati manici di scopa – Due manici di scopa sono stati trovati dalla polizia scientifica e dalla squadra mobile nel corso di una perquisizione in un garage di Viti. Andreea Cristina Zamfir era stata violentata usando proprio un pezzo di legno. Su uno dei manici c’erano tacche intagliate, come se servissero a indicare la misura del pezzo di legno.
Dna di Viti sul luogo dell’omicidio – Il profilo genetico di Viti coincide con il Dna trovato sul luogo del delitto. E’ quanto trapela fonti investigative.
Svolta indagini da ricordo di un poliziotto – Il ricordo di un poliziotto ha dato la svolta alle indagini che hanno portato all’arresto. L’agente, che ora lavora alla squadra mobile, si e’ ricordato di un intervento con la volante di circa due anni fa richiesto da prostitute in cui emergevano modalità di violenza analoghe a quelle dell’inchiesta. Furono identificate delle persone fra cui lo stesso Viti.
Questore: abbiamo preso ‘la bestia’ – Soddisfazione “perché la squadra mobile ed i carabinieri sono riusciti a catturare la bestia” è stata espressa dal questore di Firenze, Raffaele Micillo. Era stato lo stesso questore a definire l’autore del gesto “una bestia”, pur dispiacendosi, aveva detto, di paragonarlo agli animali. L’uomo arrestato, ha aggiunto Micillo, “è sicuramente responsabile del gesto e, probabilmente, degli altri fatti simili riscontrati precedentemente”.
Alfano: prove decisive su arrestato – “Prove inconfutabili a carico dell’uomo che ha confessato il delitto di Firenze”. Lo scrive del ministro dell’Interno, Angelino Alfano, in un tweet in cui ringrazia le donne e gli uomini della polizia “che proteggono i cittadini”.

Donna crocifissa, killer confessa. Pg: “Vittima di gioco erotico per 30 euro” (il Fatto Quotidiano – 9 maggio 2014)
Nel corso dell’interrogatorio Riccardo Viti, idraulico 55enne, ha ammesso di aver seviziato e ucciso la giovane romena Andrea Cristina Zamfir. Per incastrarlo è stata decisiva la prova del Dna. Secondo il procuratore si tratta di una persona con “un’attività lavorativa normale, regolarmente sposato”
Riccardo Viti ha confessato tutto. E’ stato lui a uccidere la giovane romena  Andrea Cristina Zamfir, trovata crocifissa a una sbarra e violentata il 5 maggio vicino al cimitero di Ugnano, alle porte di Firenze. Dopo l’interrogatorio, durato sette ore, l’idraulico 55 enne è stato fermato per omicidio volontario. Secondo la Questura si tratta di un uomo affetto da una perversione: “Lui si soddisfa solo vedendo qualcuno soffrire”. Per la prestazione della prostituta romena Viti aveva pattuito una ricompensa di 30 euro. L’uomo, che ha ammesso di avere l’abitudine di frequentare prostitute già dal 2005, ha raccontato che all’inizio le pagava 100 euro ma poi, dopo essere rimasto disoccupato, aveva ridimensionato il suo budget. La ricostruzione del procuratore capo ha messo in evidenza che l’uomo sembra una persona lucida, non affetta da alcuno scompenso psichiatrico. “Sembrava l’uomo della porta accanto, è regolarmente sposato con una straniera”, afferma il pg. Laprova del Dna si è rivelata decisiva; l’uomo, infatti, strappava il nastro adesivo con i denti o con le chiavi che teneva in tasca, per questo sullo scotch era rimasto un campione del suo Dna.
Viti, arrestato all’alba dalla squadra mobile della Questura, sarebbe anche responsabile di altri sette casi di violenze simili avvenute negli scorsi anni. “Sono finito. Ormai non mi salva nessuno”, aveva detto al momento dell’arresto. “Ho fatto una bischerata. Speravo la trovassero come le altre”, avrebbe poi aggiunto. “Ma che sei te il mostro di Ugnano?”. Gli ha chiesto la madre durante l’arresto. “Sì, sì, l’ho fatto io, non pensavo che morisse, ho fatto una cazzata”.
Il compagno della giovane rumena, arrivato in Questura, ha commentato in lacrime l’arresto del killer: “Sono molto felice per questa notizia”. Secondo l’uomo: “Cristina non si prostituiva. La sera in cui è morta è uscita intorno alle 22, disse che aveva un appuntamento di lavoro come baby sitter. Poi non l’ho più sentita, non ha più risposto al telefono e ai miei sms”, ha aggiunto.


Un conoscente racconta il maniaco: «Con lui non si parlava mai di donne» (il Tirreno – 10 maggio 2014)
Un istruttore di karate ha condiviso molte manifestazioni con Riccardo Viti: «Era in difficoltà sull’argomento. Un tipo buono ma solitario. Quando si andava al ristorante, la compagna non c’era mai». Trovato il kit delle sevizie
Riccardo Viti, l’idraulico fiorentino di 55 anni arrestato venerdì 9 maggio con l’accusa di aver ucciso la giovane romena Andrea Cristina Zamfir (e sospettato di numerose altre aggressioni e sevizie a prostitute), era diplomato in ragioneria ma non aveva un lavoro sicuro. Aiutava il babbo idraulico ma ultimamente non c’erano più clienti. E Riccardo era depresso, incupito.
Lo racconta un istruttore di karate di Prato, che preferisce rimanere anonimo e che ha condiviso di Viti molte esperienze come arbitro. «L’ultima volta l’ho visto domenica, e gli ho domandato: “Il lavoro?”. E lui: “È un casino, non si trova nulla”». Lo ha confessato anche agli inquirenti che ultimamente se la passava male. Quando lavorava le prostitute le pagava 150 euro a sera, mentre «da quando sono disoccupato cerco di risparmiare», ha spiegato il “ragioniere” Viti. La ventiseenne Andrea Cristina è morta per 30 euro.
Le donne. L’istruttore di karate pratese racconta che ultimamente anche i rapporti con la compagna ucraina non fossero idilliaci, tutt’altro. «Quello delle donne era un argomento che si evitava con Riccardo. Sentivamo che era in difficoltà. Un tipo buono ma solitario, che non sapeva avere relazioni sociali. Quando si andava al ristorante lui era sempre solo, la sua compagna l’ho vista dolo due volte, i primi tempi del loro amore, quando Riccardo era felice».
Il kit delle sevizie. Una valigetta rigida di colore scuro, nero o blu. È qui che Riccardo Viti nascondeva gli strumenti per le sevizie. È quanto emerge dai racconti di cinque prostitute, vittime delle violenze, ascoltate nei giorni scorsi negli uffici della questura di Firenze. Dopo aver avvicinato la donne e averle portate sotto il cavalcavia della A1 a Ugnano, dove è stato trovato il corpo senza vita della giovane romena, l’uomo estraeva dalla valigetta nastro adesivo, corde, pali di legno, in un caso anche una bottiglia di vetro, e vasetti di lubrificante. Nei giorni successivi alla morte della ventiseienne romena, un secondo sopralluogo della polizia, a cui hanno preso parte alcune delle prostitute ascoltate, ha permesso di recuperare nei pressi del cavalcavia di Ugnano alcuni oggetti usati dal maniaco per le sevizie alla giovane romena, tra cui un flacone di lubrificante, una fascetta di plastica da elettricista e un frammento di nastro adesivo. Sempre dagli accertamenti eseguiti nel corso delle indagini, è emerso che la ventiseienne trovata morta la mattina del 5 maggio era solita prostituirsi di giorno nella zona della stazione ferroviaria di Prato, e la sera nel parco delle Cascine, a Firenze.
L’interrogatorio. Si svolgerà quasi certamente lunedì 12 maggio l’interrogatorio per la convalida dell’arresto di Riccardo Viti. L’accusa è di omicidio, violenza sessuale e sequestro di persona. Al momento, secondo quanto si apprende, riguarda solo la morte della ventiseienne: gli altri casi che l’uomo avrebbe comunque confessato gli verranno contestati successivamente.
La promozione del poliziotto. «Intendo proporre al capo della polizia una richiesta di promozione per merito straordinario a questo ragazzo». Lo ha detto il Questore di Firenze riferendosi all’assistente capo di polizia Paolo De Giorgi, in servizio alla squadra mobile di Firenze, che ha contribuito in modo decisivo alla indagini sulla morte di Andrea Cristina Zamfir. Il poliziotto ha riconosciuto Riccardo Viti, poi fermato con l’accusa di essere il presunto responsabile dell’omicidio, come l’uomo che aveva identificato nel maggio 2012 per una lite con una prostituta.

Parla il killer della donna crocifissa: “Non volevo morisse” (Today – 23 maggio 2014)
Riccardo Viti, l’artigiano fiorentino che ha confessato l’omicidio della prostituta Andrea Cristina Zamfir, dal carcere scrive: non sono un killer, ma una persona che ha perso il controllo
“Mi rivolgo direttamente a lei, perché è la mamma di Andrea Cristina. Con questa lettera vorrei farle sapere quanto sono costernato per la perdita che le ho causato”. Così rompe il silenzio, con una lettera scritta di proprio pugno dal carcere di Sollicciano, Riccardo Viti, l’artigiano fiorentino che ha confessato l’omicidio della prostitutaAndrea Cristina Zamfir, trovata crocifissa a Ugnano, vicino Firenze. “Non sono ciò che vogliono descrivermi, cioè un serial killer, ma una persona che quella maledetta notte ha perso il controllo della situazione e che non avrebbe mai pensato e voluto che la ragazza morisse”, scrive ancora l’uomo nella lettera inviata lo scorso 19 maggio e destinata alla madre della vittima che sarà resa nota questa sera durante l’ultimo appuntamento stagionale di “Quarto Grado”, su Retequattro. “Non ho mai ucciso nessuno perché rispetto la vita di tutte le persone e questo rende ancora più pesante la mia pena. Non voglio più aggiungere nulla perché capisco che le risulterà difficile leggere questa lettera”, prosegue la missiva, concludendo: “Era doveroso per me spiegarle chi è la persona che ha ucciso sua figlia e l’unico modo era quello di dirle la verità e cioè che mai avrei pensato potesse accadere ciò che è accaduto”.

Riccardo Viti e l’incubo del secondo Mostro di Firenze (GQ – 2 maggio 2016)
Riccardo Viti seminò il terrore tra le prostitute due anni fa, con un delitto a sfondo sadico. In primo grado è stato condannato a vent’anni
La trovano il 5 maggio 2014, legata ad una sbarra in una strada secondaria alle porte di Firenze. Addosso ha solo un paio di scarpe da tennis. Sta sotto a un cavalcavia, in via del Cimitero, a Ugnano, le braccia larghe, come se fosse stata croficissa. Il luogo è meta di prostitute, vicino a campi incolti, ma non distante da un gruppo di abitazioni. Si chiamava Andrea Cristina Zamfir, rumena, 25 anni. E la scoperta fa piombare Firenze nell’incubo di un nuovo Mostro, che colpì nelle stesse zone tra il 1968 e il 1985 coi famigerati duplici delitti. Nella stessa area, di fatto, un anno prima una prostituta italiana era stata violentata, legata a una transenna e rapinata. È lei a fornire l’identikit di un uomo di mezza età, tarchiato, pochi capelli, non molto alto. Un residente rammenta un episodio analogo avvenuto anni prima, ma anche allora la vittima si era salvata. E solo a marzo una ragazza nuda aveva suonato disperatamente ai citofoni, raccontando di essere stata gettata giù da un’auto in corsa. Gli inquirenti contano sei episodi analoghi dal 2006: tutti commessi dalla stessa mano? Non è ancora chiaro. Si sa solo che stavolta Andrea Cristina Zamfir è morta.
Le indagini Sotto la lente d’ingrandimento degli inquirenti finisce il nastro adesivo usato per legarla: appartiene all’azienda ospedaliera Careggi. E sopra c’è un dna rinvenuto su almeno altre tre scene del crimine: luglio 2011 a Prato, marzo 2013 a Ugnano e il 21 febbraio 2014 a Calenzano. Probabilmente l’aggressore ha strappato il nastro coi denti.
Ma chi era Andrea Cristina? Arrivata in Italia poco dopo la maggiore età, proveniva da Drobeta Turnu Severin, sulle sponde del Danubio, a 400 chilometri da Bucarest, anche se era originaria di Hunedoara, nella Transilvania. Da là ne n’era andata dopo aver cacciato di casa il compagno che la picchiava. Madre di due bimbi, uno di 3 anni e l’altro di appena dodici mesi, rimasti a Drobeta, non aveva detto in famiglia cosa facesse in Italia per mantenersi.
Vengono chiamati i profiler: emerge che le donne aggredite sono tutte minute fisicamente e psicologicamente fragili. Due Procure, Prato e Firenze, si mettono al lavoro incessantemente. E con tutti gli elementi raccolti, è improbabile che l’assassino abbia gioco facile a nascondersi. Infatti lo prendono presto: è un idraulico di 55 anni, Riccardo Viti. Lo arrestano a casa, alla periferia nord di Firenze. Lo incastrano le impronte sulle vittime, il dna. E il riconoscimento fotografico fatto da chi gli è sfuggito. Gli investigatori trovano da lui lo scotch dell’azienda ospedaliera Careggi, dove infatti lavora la moglie dell’uomo, una donna dell’est. Vivono insieme ad un figlio di lei di fianco all’appartamento dei genitori di Viti.
Quando scattano le manette, lui dice: «È finita, è finita. Ormai non mi salva nessuno, sono un uomo finito. Ho fatto una sciocchezza». Sua madre assiste alla scena e si mette le mani nei capelli: «Non ci credo, ma sei tu il mostro di Ugnano?». Poi, turbata, dice ai cronisti: «Non mi ero accorta di niente, credevo fosse un bravo ragazzo ma se ha fatto quello che ha fatto non posso difenderlo. Non ne voglio più parlare». Increduli i vicini, ma Viti, arbitro mansueto e disciplinato di arti marziali che violentava le sue prede con un manico di scopa, confessa. Spiega che non voleva uccidere: la situazione gli sarebbe scappata di mano. E spiega: «Non mi sono fermato quando la donna mi ha implorato di lasciarla andare. Poi sono scappato perché pensavo alla mia famiglia». A lui sono arrivati grazie alle immagini delle telecamere di sicurezza e alla memoria di un poliziotto che ha rammentato come nel 2012, dopo la Notte Bianca, una volante intervenne per sedare una lite tra un uomo e una prostituta: quest’ultima gridava.
Il gioco erotico La lite era dovuta al prezzo per un gioco erotico particolare richiesto dall’uomo. Segnalato, il suo identikit corrispondeva a quello fornito dalle ragazze aggredite. Tutte erano state caricate da un tizio su un furgone bianco, un Fiat Doblò, risultato di proprietà del padre di Viti. La caccia è durata tre giorni. Perché lo ha fatto? «Per un senso di rivalsa» sostiene. E, subito pentitosi, scrive una lettera alla madre della donna che ha ucciso: «Non sono ciò che vogliono descrivermi, cioè un serial killer, ma una persona che quella maledetta notte ha perso il controllo della situazione e che non avrebbe mai pensato e voluto che la ragazza morisse. Con questa lettera vorrei farle sapere quanto sono costernato per la perdita che le ho causato. Non ho mai ucciso nessuno perché rispetto la vita di tutte le persone e questo rende ancora più pesante la mia pena». A febbraio 2015 la Procura di Firenze chiede il rinvio a giudizio per omicidio e per cinque aggressioni avvenute tra il luglio 2011 e il marzo 2014 a Firenze e a Calenzano. Per un settimo episodio viene chiesta l’archiviazione. A fine settembre 2015 il gup David Monti lo condanna in abbreviato a vent’anni.

Viti, confermata la condanna per la morte della donna crocifissa (la Repubblica – 28 gennaio 2018)
La Corte di Cassazione ha confermato la sentenza di condanna a venti anni di reclusione dell’idraulico fiorentino Riccardo Viti per la morte atroce di una giovane prostituta rumena, Andreaa Cristina Zamfir. La decisione è arrivata a tarda sera di martedì 27 febbraio 2018, al termine di una lunghissima camera di consiglio. Ora la pena è definitiva. Andreaa Cristina Zamfir, uno scricciolo di donna, madre di due bambini a soli 26 anni, andò incontro a una morte “lenta e orrenda”. Legata a un palo sotto un cavalcavia dell’autostrada, a Ugnano, abbandonata nel buio con un bastone nel retto che le aveva provocato una tremenda lacerazione intestinale. Nessuno udì le sue urla di dolore. La trovarono la mattina del 5 maggio 2014 crocifissa al palo, uccisa dall’emorragia, dal dolore, dalla paura e dalla disperazione. Il responsabile di quella morte atroce, l’idraulico fiorentino Riccardo Viti, 59 anni, che l’aveva fatta salire sulla sua auto alle Cascine dove la ragazza si prostituiva, è stato condannato sia in primo grado che in appello per omicidio volontario aggravato dalla violenza sessuale. Grazie al rito abbreviato, che garantisce in partenza lo sconto di un terzo sulla pena, e grazie al fatto che ha confessato, è stato condannato a soli venti anni, ma sia il tribunale che la corte d’appello sono stati d’accordo con la procura nel ritenere che avesse agito con la consapevolezza che violentando la donna con un bastone e lasciandola legata e abbandonata nel buio avrebbe potuto ucciderla. “La morte della donna – scrissero i giudici di appello – è dipesa da una condotta del Viti sorretta quanto meno da dolo indiretto o eventuale: l’evento morte non era voluto ma non era neppure una mera possibilità, essendo invece un evento previsto o assolutamente prevedibile”.
Il difensore di Viti, avvocato Francesco Stefani, ha invece sempre sostenuto che il suo cliente non voleva uccidere e neppure poteva prevedere che la povera ragazza sarebbe morta. Altre volte aveva agito nello stesso modo con altre prostitute, le aveva lasciate legate nel buio dopo aver violentate con un bastone, e tutte erano riuscite a liberarsi e a salvarsi. Anche Cristina urlava come avevano urlato le altre donne, ma quando Viti è fuggito – ha sempre argomentato il difensore – la ragazza era viva e non ancora agonizzante. Per questo Stefani ha sostenuto che Viti dovrebbe essere ritenuto responsabile di omicidio colposo con colpa cosciente o di omicidio preterintenzionale. E di questo presumibilmente hanno discusso per lunghe ore i giudici di Cassazione, decidendo infine di confermare la condanna per omicidio volontario.


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