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Raffaele Cesarano, 37 anni, guardia giurata, padre separato. Dopo minacce e denunce, uccide l’ex moglie a colpi di pistola e tenta di uccidere anche un amico presunto amante. Condannato a 18 anni con rito abbreviato

Torino, 20 Maggio 2008


Titoli & Articoli

Guardia giurata accecato dalla gelosia uccide la moglie e ferisce l’ amante (la Repubblica – 19 maggio 2008)
Madre di due bambini, 32 anni. Beatrice Rattazzi, operaia, è la seconda vittima in tre giorni di una tragedia familiare. Suo marito, una guardia giurata da cui aveva avuto i due figli, uno di 6 e l’ altro di 7 anni, e dal quale si era separata, l’ ha ammazzata per strada a Barriera di Milano scaricandole addosso quattro colpi di pistola. Era forse accecato dalla gelosia Raffaele Cesarano, 45 anni, e quando ha visto la moglie in via Fossata, a poca distanza dalla casa che era stata loro, in compagnia di un altro uomo ha perso la testa e le ha sparato. Prima ha ucciso lei, la donna che gli sfuggiva e che non poteva che essere sua, poi ha ferito lui un operaio edile di 33 anni, Giuseppe Cardella, corso Giulio Cesare 119.
Beatrice è crollata a pochi passi dalla casa che aveva condiviso per otto anni con il marito, al numero 12 di via Fossata. “Warrior”: uno scarabocchio su un muro, che oggi sa di tragica profezia, segna il punto in cui lei è caduta sotto i colpi di Raffaele. L’ amico della donna, Giuseppe, ha tentato una fuga, terrorizzato. E’ riuscito ad attraversare la strada, fino all’ incrocio con via Lauro Rossi, ma è stato raggiunto da due colpi esplosi in rapida sequenza dalla guardia giurata: uno l’ ha preso a un braccio, l’ altro alla gamba. Anche lui è caduto. Ora è all’ ospedale, il 118 è arrivato in un lampo in via Fossata. I soccorritori l’ hanno portato al Maria Vittoria: non è grave Cardella, sopravviverà per testimoniare quei minuti di terrore, la furia dell’ uomo che lo considerava rivale, gli undici colpi di pistola sparati per lavare nel sangue e per sempre un amore forse tradito.
Cesarano, la guardia, aveva discusso con la moglie prima di aprire il fuoco: forse trovava oltraggioso, quasi una beffa, che lei, dalla quale viveva separato da qualche mese, si facesse vedere per strada con un altro a due passi dal loro nido d’ amore, dove erano cresciuti i loro due bambini. C’ è una testimone che ha visto tutto. Una lite, poi lui estrae la pistola. Mira dritto al petto: sangue, morte, onore salvo.
Ma ancora non basta, nel mirino deve finire anche quell’ uomo che aveva osato troppo. Beatrice e Raffaele non andavano d’ accordo, lei era andata via, era tornata dai genitori e aveva portato con se i bambini, come del resto aveva stabilito il giudice. La madre e il padre di Beatrice non abitano distante da lì, vivono in via Ivrea 9. In qualche modo Beatrice aveva cercato di ricostruire un assetto familiare accettabile per i due piccoli. Ma lui no, niente, ostinato: per Raffaele lei era una madre disattenta, la accusava di trascurare i suoi figli, pensava che se ne fosse andata per godersi la vita lontana da lui. Per questo aveva avviato una causa perché i piccoli venissero affidati a lui. E intanto tormentava lei, la minacciava, la seguiva, non le dava scampo. Beatrice non ne poteva più di quell’ uomo ossessionato dall’ idea della fine di un amore. E dopo l’ ultima minaccia era andata nella caserma dei carabinieri di Barriera di Milano per denunciarlo, sperando che la facesse finita. Lei aveva paura, Raffaele era fuori di testa. E poi aveva la pistola e già una volta l’ aveva estratta dalla fondina per puntarla contro di lei, per terrorizzarla.
I carabinieri non erano rimasti a guardare: avevano chiamato Raffaele e gli avevano sequestrato l’ arma. Poi, non si sa come, salterà fuori presto una spiegazione mai abbastanza plausibile, la pistola Raffaele ha potuto rinfoderarla, rispolverando il piano di usarla contro la moglie. L’ ha fatto, Raffaele. Poi è salito in auto ed è andato a costituirsi da quegli stessi carabinieri che l’ avevano disarmato. Ma non per sempre. Il magistrato è Livia Locci, lei chiarirà se la vita di Beatrice si poteva salvare.

 

Uccise ex moglie e sparo’ a compagno di lei,chiesta condanna (Ansa – 29 settembre 2010)
A Torino nel 2008,omicida guardia giurata.In 1/o grado 18 anni
La conferma della condanna a diciotto anni di carcere e’ stata chiesta oggi al processo d’appello per il trentasettenne Raffaele Cesarano. E la guardia giurata che nel 2008, a Torino, uccise l’ex moglie con sette colpi di pistola e sparo’ al compagno della donna. Ad invocare il provvedimento e’ stato il pg Anna Maria Ronchetta. I giudici decideranno nei prossimi giorni. L’imputato aveva dato appuntamento all’ex moglie, Elisa Beatrice Rattazzi, 32 anni, perche’ gli portasse in visita i loro figli piccoli.(ANSA).


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In memoria di

Storie maledette 2013 – Quell’inguaribile amore malato – Raffaele Cesarano – Video – RaiPlay
Raffaele Cesarano, 40 anni, guardia giurata, è protagonista di una vicenda d’amore malato. Una notte di novembre 1998, in una discoteca dell’hinterland torinese, Raffaele conosce Elisa: bella, provocante, 22 anni, Elisa cattura da subito l’attenzione di Raffaele, che da bravo sciupa femmine se la porta nella sua garçonnièreLui la considera la storia di una notte, lei se ne innamora perdutamente. Se ne innamora talmente tanto da tentare per ben due volte per lui il suicidio. Alla fine Raffaele capitola, Elisa resta incinta e nel 2000 si sposano. Con due figli, il rapporto tra Elisa e Raffaele si trascina tra alti e bassi, tra incomprensioni e riappacificazioni, liti, botte e una forte attrazione che sembra unirli sopra ogni cosa… Fino a quando Raffaele non si ritrova tra le mani le prove del tradimento della moglie con il suo migliore amico Giuseppe, anche loro testimone di nozze. Elisa e Raffaele si separano, ma lei non si rassegna e i due, nonostante tutto, tornano insieme. Ma l’idillio dura poco. La moglie di Giuseppe convince Raffaele a partecipare a un appuntamento a quattro. Quello che, però, doveva essere un incontro chiarificatore, si trasforma in uno scambio di accuse morbose: spara Raffaele, uccide Elisa e ferisce Giuseppe.

 

 

“Non pericoloso”, gli ridanno la pistola dopo la denuncia dell’ex: la uccide con 7 colpi (FanPage – 7 febbraio 2020)
Sette colpi di pistola calibro nove spezzano la vita di Elisa Beatrice Rattazzi, mamma di due bimbi, il 20 maggio del 2008, a Barriera di Milano (Torino). A spararle, l’ex marito Raffaele Cesarano che subito dopo fa fuoco contro l’amico Giuseppe, evirandolo. Voleva punirli per la loro presunta relazione. Cesarano, guardia giurata, è stato condannato a 18 anni. Pochi giorni prima della tragedia la Prefettura gli aveva ridato l’arma precedentemente sequestrata per violenze domestiche. perché ‘non pericoloso’.
Ha scaricato il caricatore della pistola d’ordinanza contro la moglie e l’amante di lei. Elisa Rattazzi, 32 anni, madre di due figli, è rimasta uccisa, mentre Giuseppe Cardella, operaio, 33, se l’è cavata con ferite gravi, ma non mortali, una ai testicoli. È il femminicidio di Torino del 2008, una storia dimenticata dalle cronache, ma che ha ancora tanto da insegnare sulla violenza di genere.
L’amore malato di Raffaele Cesarano ed Elisa Rattazzi
Elisa Beatrice Rattazzi era una ragazza fragile. Lei e Raffaele Cesarano, guardia giurata, si erano conosciuti una decina di anni prima in un bar e tra di loro era nata subito una storia che a definirla burrascosa, la si sminuiva. Tra scenate di gelosia da una parte e dall’altra, liti e riconciliazioni, quella storia aveva preso la forma di una relazione a lungo termine quando Elisa era rimasta incinta della loro bimba. Avevano deciso di sposarsi, ma i fiori d’arancio, anziché regalare stabilità a quella coppia, sembravano averla messa ancor più in difficoltà.
Dipendenze e depressioni
Raffaele aveva una dipendenza dal gioco, Elisa, di contro, se ne stava la maggior parte del tempo a casa, a letto, senza riuscire a occuparsi né di se stessa né delle faccende domestiche, consumando sigarette come in fretta si stava stava consumando il suo entusiasmo per quella vita di coppia. Raffaele, che scambiava per indolenza la depressione della moglie, non mostrava pazienza né comprensione. Chi frequentava quella casa sapeva che quando lui si arrabbiava volavano schiaffi, pugni calci. Botte fortissime.
La relazione con l’amico Giuseppe Cardella. A complicare le cose a un certo punto ci aveva pensato Giuseppe Cardella, operaio amico della coppia. Aveva cominciato a frequentare Elisa, o almeno era quello che credeva sua moglie che un giorno Cesarano trovò in lacrime nel soggiorno di casa sua. “Fattelo spiegare da tua moglie” dice uscendo dall’appartamento. La guardia giurata si adombra, affronta la moglie che nega, ma nel frattempo quell’amo lanciato nel mare di fragilità e insicurezze di Raffaele, ha fatto presa. Tra marito e moglie la tensione cresce, tanto che una volta lui comincia a picchiarla così forte che lei implora, in ginocchio: “Sparami alla testa”. Lui si ferma, si calma, arrivano i carabinieri e gli sequestrano l’arma di ordinanza.
Il precedente La separazione paventata tante volte diventa definitiva. Marito e moglie smettono di vivere insieme, si dividono il tempo dei figli, fanno tutte le cose che si fanno in vista di un divorzio. Lui però vorrebbe tornare insieme a Elisa, le manda messaggi appassionati, non si arrende. E poi c’è quel tarlo della relazione con Giuseppe, l’amico che con lui si vantava delle sue prodezze tra le lenzuola. Non sarà che, forse, parlava proprio di sua moglie? Sospetti, paranoie, ossessioni e nel frattempo, la pistola tenuta in custodia ha fatto ritorno nella fondina sul fianco di Cesarano. La Prefettura non ha ravvisato “elementi che facessero pensare a gesti inconsulti”, per cui il 35enne “non è pericoloso”.
Esecuzione a cielo aperto.
Si arriva così al 20 maggio 2008, giorno del ‘chiarimento’ tra le due coppie di amici, quella di Raffaele e della ormai ex, Elisa e quella di Giuseppe e consorte. Sono circa le 20, all’incrocio tra via Fossata e via Rossi Lauro, dove, un tempo, Cesarano abitava con Elisa a Barriera di Milano. Ai due presunti fedifraghi viene chiesto di ammettere la relazione. Giuseppe nega, Elisa, invece grida che è successo davvero. I due, uno davanti all’altra litigano davanti a Cesarano che gli si para davanti, appoggiato sul cofano della macchina, a mo di giudice.
La pistola restituita dalla Prefettura. Sul fianco ha la fedele calibro 9 di ordinanza della Security. Punta Elisa, come in un’esecuzione, crivellandola con sette colpi. Quattro, invece, sono riservati all’amico, uno dei quali nelle parti bassi, a colpire la virilità. Dopo quella sparatoria in pieno giorno, a cielo aperto, sotto gli occhi di tutti, Cesarano resta ad affrontare il suo destino. “Ho ucciso mia moglie e l’amante” dice ai carabinieri. Loro sanno già chi è, sanno anche perché. Sono quelli che gli hanno tolto la pistola.
L’epilogo. Il processo con rito abbreviato si concluderà, più tardi, con una condanna a 18 anni di carcere per omicidio e tentato omicidio. Il caso viene presto dimenticato da quella stampa che 12 anni fa, non mostrava ancora traccia della sensibilità con cui oggi maneggia i casi di femminicidio. Nessun dibattito sulla tragedia annunciata, su quella pistola restituita a un uomo in procinto di crollare, sulle violenze domestiche considerate parte integrante di un menage conflittuale. Accadeva allora come oggi, perché se questa storia può insegnarci qualcosa, è proprio che la lotta alla violenza di genere è ancora una strada in salita. (di Angela Marino)