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Mauro Agrosì, 49 anni, poliziotto, padre. Uccide la moglie e le due figlie a colpi di pistola, poi si suicida (strage di Cornigliano)

Cornigliano (Genova), 2 Novembre 2016


Titoli & Articoli

Genova, poliziotto uccide moglie e due figlie e si toglie la vita (la Repubblica – 2 novembre 2016)
Ha lasciato una lettera e ha chiamato lui stesso i colleghi prima di spararsi nella sua casa di Cornigliano. La pista dei debiti da gioco
Tragedia a Genova Cornigliano in piazza Mario Conti. Un poliziotto di 49 anni in servizio al Reparto Mobile di Bolzaneto con ruoli tecnici, Mauro Agrosì, ha sterminato la famiglia e poi si è tolto a vita. L’uomo ha ucciso nel sonno con la pistola di ordinanza le figlie di 14 e 10 anni e la moglie (Martina, Giada e Rosanna, che potrebbero essere state in precedenza sedate) e poi si è tolto la vita. Ha lasciato un biglietto in cui spiegava i motivi del gesto, scrivendo che la vita ha troppi problemi. Ai poliziotti del 113 prima di spararsi ha detto: “Venite a casa mia, vi lascio la porta aperta, ho ucciso tutti”.
Nella lettera che Mauro Agrosì ha lasciato per spiegare il suo gesto estremo, il poliziotto ha scritto di essere alle prese con “problemi insormontabili”.L’uomo ha ucciso moglie e figlie nel sonno. Per non fare sentire i colpi di pistola ha coperto l’arma con un cuscino, ottenendo un effetto silenziatore. Lavorava nel sesto reparto mobile di Bolzaneto come tecnico dei computer perché da anni aveva scelto, partecipando e superando un concorso, di non rivestire più ruoli operativi.I colleghi del reparto mobile lo descrivono come una persona equilibrata che non aveva mai mostrati atteggiamenti che potessero lasciar presagire quanto ha fatto.
Il poliziotto avrebbe, secondo gli inquirenti, accumulato debiti di gioco: il poliziotto infatti, secondo quanto emerso dalle indagini, era un giocatore compulsivo di lotterie istantanee ma i debiti accumulati non sarebbero stati tali, secondo gli inquirenti, da giustificare quanto successo. Per questo gli agenti della squadra mobile stanno interrogando familiari, amici e colleghi dell’uomo e della moglie per cercare di ricostruire la vita della coppia.
Il pm Emilio Gatti che coordina le indagini ha disposto l’autopsia sui corpi sui corpi delle vittime Quanto alla pista dei debiti, secondo quanto appreso, Agrosì aveva chiesto un prestito in banca attraverso la cessione del quinto dello stipendio. Non si sa se la cifra chiesta, non ancora quantificata, servisse per ripianare debiti di gioco o semplicemente per la ordinaria gestione dell’economia familiare.  “Quello che emerge – ha detto il procuratore capo di Genova Francesco Cozzi – è la concezione di indispensabilità di se stesso. L’idea che non sia concepibile che moglie e figlie potessero vivere senza di lui”
Proprio domani Agrosi avrebbe dovuto rientrare in servizio dopo un periodo di assenza per riabilitazione. a cui si era sottoposto dopo un intervento a un ginocchio. Il rientro in servizio, secondo le ipotesi avanzate dagli inquirenti, avrebbe potuto significare per l’agente ricadere nella trappola del gioco, visto che secondo le testimonianze di alcuni colleghi Agrosì usciva molto spesso dalla caserma per andare in una vicina tabaccheria per acquistare biglietti di lotterie istantanee.
Secondo quanto ricostruito, Agrosì conduceva una vita apparentemente normale. Sposato con Rosanna Prete e padre di Martina e Giada, 14 e 10 anni, alla fine degli ’80 era stato travolto da un camion mentre era sull’auto di servizio e ricoverato in coma all’ospedale. L’uomo si era ripreso dall’incidente, ma subì un nuovo trauma: il suicidio di un fratello che si tolse la vita buttandosi dalla finestra di casa. (di Stefano Origone)

Martina e Giada, i sogni spezzati da uno sparo per quei soldi maledetti (la Repubblica – 3 novembre 2016)
La tragedia di Cornigliano: una famiglia monoreddito con 1700 euro al mese che non bastavano mai per coprire tutte le spese
MARTINA che il 22 ottobre posta su fb “happy birthday my little sister” per i dieci anni della sorella Giada. Martina che sogna una bella casa e da il suo like a “Luxury Lifestyle”. Martina che si addormenta salutando i suoi amici “ora cerco di pensare alle cose belle” dopo che ha postato un messaggio molto arrabbiato, riferito probabilmente a qualche discussione (“mi fa venire da piangere il fatto che voi trattiate una persona che si farebbe in quattro per voi come se fosse un mostro senza cuore. A quanto pare vivere nella tranquillità è chiedere troppo”), ma si tira su il morale con un sacco di cuoricini tipici di un’adolescente.Faceva il primo anno al linguistico Gobetti, Martina Agrosì. Aveva preso un bel 7 in matematica ed era contenta, ma soprattutto aveva la passione della musica. Era una grande fan di Benji e Fede, il duo musicale di Modena che spopola su You- Tube e Spotify. Postava continuamente video, foto e aggiornamenti sui concerti ed eventi. Era una “dreamer” e anche l’altra notte ha continuato a sognare mentre aggiornava la sua pagina in cui discuteva con gli amici del terremoto. «Buongiorno. La terra sta tremando continuamente, scossa di 7.1 a Norcia. Questa disgrazia naturale sembra non darci tregua, stiamo uniti».
Una ragazza di 14 anni che guarda Braccialetti Rossi in streaming al computer nel letto a castello con la sorellina che dorme sotto.
Martina, Giada, mamma Rosanna e Mauro, il carnefice, che chiuso in una stanza ha già deciso il loro destino.
Un uomo tranquillo, dicono i vicini, un poliziotto che aveva deciso tramite un concorso interno di scegliere la carriera amministrativa: era un tecnico e si occupava di computer, sistemava audio e video. Quindi pur lavorando fisicamente nella caserma del Reparto Mobile di Bolzaneto non aveva un ruolo operativo. E, a differenza dei colleghi, non percepiva neppure le indennità da ordine pubblico che innalzano decisamente lo stipendio base di poco più di 1700 euro al mese. Una famiglia monoreddito, non bastavano mai.
La figlia piccola che studia alla scuola privata Calasanzio, una scuola scelta sperando di farla crescere in un ambiente più protetto e di immagine. Poi ci sono le lezioni di tennis al circolo parrocchiale Dufour, i libri, la macchina, la moto Ducati. L’affitto. Le paghette. Qualche pizza con colleghi e mogli. La famiglia Agrosì abitava all’ultimo piano di un palazzone incastrato in piazza Conti dove c’è un po’ di tutto, dal supermercato, al distributore Eni e perfino un negozio di pesca e nautica. Un appartamento curato, ampio, con un terrazzo che sembra un giardino. La sua passione erano i fiori e le piante come quella del fratello che era mancato pochi anni fa. Un colpo durissimo che lo aveva piegato e, dicono i colleghi, aveva fatto nascere in lui la paura del futuro, di non potercela fare mai perché il destino non ti aiuta e non si può cambiare.
Una vita che gli aveva dato una bella famiglia, ma che nello stesso tempo gli aveva tolto molto.
Alla fine degli anni Ottanta, il poliziotto viene travolto da un camion mentre è sull’auto di servizio e ricoverato in coma all’ospedale. Si riprende dall’incidente, sceglie di non pensare più alla carriera. Poi arriva il suicidio del fratello, in un primo momento scambiato per un incidente mentre faceva dei lavoretti sul terrazzo, che Mauro cerca di metabolizzare, ma non riesce. Come se non bastasse arrivano i problemi economici. Di recente aveva contratto un prestito elevato per cui gli veniva trattenuto un quinto dello stipendio. Poco più di 200 euro al mese fino al 2025. Trenta mila euro. Non è chiaro se i debiti fossero legati alla sua fissazione con il gratta e vinci o se, invece, quei soldi sprecati non fossero un tentativo estremo di provare a mettere una pezza ai debiti di gioco confinando in un po’ di fortuna. Fatto sta che il poliziotto viene visto più volte rientrare in caserma dalla vicina tabaccheria con blocchetti di tagliandi. Una malattia che fonti investigative qualificate dicono l’avesse così “preso” da non riuscire più a farne a meno. Non li comprava vicino a casa perché non voleva che la moglie lo sapesse. Raccontava bugie sul bilancio: gli era facile, i conti li teneva lui, versava ogni mese quanto necessario per la spesa.
Cosa sia accaduto martedì notte è ancora un mistero. Anche perché il piano ordito per sterminare la famiglia era già stato deciso da tempo. L’ombra che abbia usato del sonnifero per addormentare le figlie e la moglie. Poi i ripetuti colpi, con ferocia: due a Giada, uno a Martina, tre alla moglie. Perché doveva essere sicuro di averle uccise. Poi ha rivolto la pistola contro se stesso e ha premuto il grilletto. Sarebbe dovuto rientrare al lavoro oggi dopo un periodo di riabilitazione a cui si era sottoposto dopo un intervento al ginocchio, dicono i colleghi proprio per restare lontano dal gioco che era diventato probabilmente un demone dal quale Agrosì non riusciova più ad affrancarsi.


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In memoria di

Oggi l’estremo saluto alla famiglia del poliziotto omicida-suicida. Quattro bare nella chiesa del Calasanzio (Genova Quotidiana – 5 novembre 2016)
Saranno quattro le bare che oggi pomeriggio, alle 16,30, saranno sistemate nella chiesa dell’istituto Calasanzio, a Cornigliano, dove parenti e amici porgeranno l’estremo saluto a Rosanna Prete e alle sue figlie, Martina di 14 anni e Giada di 10. La quarta bara sarà quella di Mauro Agrosì, marito di Rosa, padre di Martina e Giada. Il loro assassino
Mario Saviola, rettore dell’istituto dove Giada andava a scuola e dove Martina aveva frequentato elementari e medie prima di approdare alle superiori, al Gobetti è riuscito a convincere i parenti di Rosanna, che sulle prime non avrebbero voluto un’unica cerimonia per le vittime e il carnefice, uomo che tre giorni fa con la pistola di servizio ha sparato tre colpi a sua moglie, uno per uno alle sue figlie, uno a vuoto e l’ultimo contro se stesso. Lui, che non ha voluto che gli sopravvivessero. Che ha scritto nella lettera preparata prima di sparare <Non vi voglio lasciare senza padre e senza marito. Per questo vi porto con me>.
Mauro, Rosanna, Martina e Giada saranno ricordati insieme dall’omelia di  padre Saviola come insieme se ne sono andati per volere di quell’uomo che vedeva davanti a sè <problemi gravi e insormontabili>. Proprio su questi problemi indaga la squadra mobile della questura. I colleghi del poliziotto (che però da tempo era uscito dai ruoli operativi e si occupava dei servizi informatici della caserma di Bolzaneto) cercano di capire quali fossero i “problemi insormontabili”. La famiglia Agrosì viveva in una casa di proprietà con lo stipendio di Mauro, all’incirca di 1.700 euro. A questa cifra, però, bisognava sottrarre la cifra necessaria per ripagare i prestiti chiesti apparentemente senza alcuna ragione: nessuna spesa imprevista, nessun acquisto folle. Solo l’acquisto ripetuto e quotidiano di “gratta e vinci” con cui il poliziotto tentava la fortuna. I debiti contratti prima con la banca, poi con l’Inps, infine con la finanziaria Findomestic generavano, in tutto, a una rata mensile di oltre 500 euro. Si sa anche che aveva chiesto piccoli prestiti ai parenti della moglie. E a chi altro? Aveva forse chiesto denaro ad altre persone che ora gli stavano facendo pressione per rientrare? Qualcuno gli aveva forse fatto un prestito a usura? È questo che gli investigatori, coordinati dal Pm Emilio Gatti, cercano di capire. Difficilmente, invece, si capirà mai perché un uomo arrivi, prima portarsi i problemi nella bara, ad ammazzare la moglie e le figlie che sembrava amare più di ogni cosa.