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Maurizio Iori, 49 anni, primario oculista, sposato e padre. Avvelena l’amante e la figlioletta di due anni, mente e ne infanga la memoria. Condannato all’ergastolo confermato in ogni grado di giudizio

Crema, 21 Luglio 2011

“Se condannerete Iori, non lo condannerete all’ergastolo, lo condannerete a morte, perché non arriverà vivo al processo d’appello”, ha detto il suo difensore in primo grado. Ma ci è arrivato, sempre vivo, ed è arrivato anche alla Cassazione che ha confermato l’ergastolo.


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«Il dottor Iori non è mister Hyde»
Lo sfogo del primario di Crema accusato di omicidio in aula: non ho più nulla, in un anno sono invecchiato di 25
«Qui bisogna capire se il dottor Iori è un genio del male o un fesso…»: osservazione azzeccata, quella dell’avvocato Marco Giusto. Il processo che si è aperto ieri mattina davanti alla Corte d’assise di Cremona servirà proprio a questo: a stabilire cioè se Maurizio Iori, fino a un anno fa stimato primario oculista all’ospedale di Crema è solo un cinquantenne dalla vita sentimentale come minimo incasinata (una ex moglie, una moglie, un’amante, con figli sparsi qua e là) o un assassino freddo e calcolatore che ha soppresso l’ex amante Claudia Ornesi e Livia, la bimba di due anni nata dalla relazione tra Iori e la donna, inscenando il loro suicidio.
Solo dottor Iori, insomma, o anche mister Hyde? Pallido, dimagrito, il medico è comparso in aula e al di là delle prevedibili schermaglie processuali il fatto saliente sono state le parole pronunciate dall’imputato. Dichiarazioni spontanee, perché come hanno chiarito i difensori Marco Giusto e Cesare Gualazzini, Iori per ora non è intenzionato a farsi interrogare. «In un anno di carcere sono invecchiato di 25 – ha detto Iori dando per sottintesa la sua innocenza – e sono qui per far capire la mia situazione fisica e psichica. Il 21 luglio del 2011 è successa una cosa pazzesca per me e per la famiglia di Claudia. Nonostante questo sono andato avanti con la mia famiglia, i miei bimbi, il mio lavoro. Poi il 14 ottobre l’arresto mi ha strappato alla vita. Vivere così è peggio che morire. Ero abituato a non andare in ferie per più di 10 giorni per non perdere la mia capacità manuale, ora per me è lo sfacelo del mondo, delle amicizie, del lavoro; non ho nemmeno i soldi per pagare l’avvocato».
Molta autocommiserazione, insomma, ma nessun riferimento – nemmeno per discolparsi – a quanto accadde nella notte tra il 20 e il 21 luglio del 2011 nell’appartamento di via Dogali a Crema, quando Claudia Ornesi e la figlia Livia morirono dopo aver ingerito dosi massicce di Xanax e dopo che nella casa erano state aperte 4 bombole di gas da campeggio. Quello a prima vista apparso come un omicidio – suicidio (Claudia che uccide la figlia prima di togliersi la vita, per la disperazione di essere stata messa da parte da Iori) divenne ben presto qualcosa di diverso; la polizia di Crema aveva scoperto che Iori quella sera era stato nell’appartamento, che aveva promesso una cena a base di pesce che lui stesso avrebbe preparato («Strano, a lui il pesce non piace», aveva confidato Claudia alla madre poche ore prima di morire) e che quelle bombole di gas erano state acquistate dal medico stesso in un supermercato in provincia di Milano (le tracce del bancomat e del telepass lo confermano).
Le prove in mano al pm Aldo Celentano sembrano schiaccianti ma la Cassazione alcuni mesi fa ha indebolito gli indizi a carico di Iori: nell’appartamento non ci sono «tracce biologiche» dell’uomo, non ci sono sue impronte digitali né sui «blister» di Xanax né sulla bottiglia di acqua minerale dentro la quale il tranquillante era stato sciolto. «E non si capisce ancora – hanno sottolineato ieri gli avvocati – come l’imputato possa aver costretto le vittime a ingerire ben 95 compresse di Xanax».
(Claudio Del Frate)

Il primario rivoleva la casa dove viveva l’ex amante
Il primario rivoleva la casa dove viveva l’ex amante – Il primario di Crema accusato di duplice omicidio della moglie e della figlia, aveva chiesto all’avvocato se fosse possibile rientrare in possesso della casa di sua proprietà …
Claudia «non solo aveva chiesto che sua figlia venisse trattata al pari degli altri figli dell’uomo. Aveva chiesto, in più, che lui la mantenesse fino a 18 anni, studi compresi». Il che avrebbe comportato un bell’esborso per l’oculista. Soldi, sempre soldi. Ed è, naturalmente, al vaglio degli inquirenti anche la situazione economica dell’uomo.
Il padre della vittima, Gian Stefano Ornesi, parla a stento: «La cosa più importante, per noi, la cosa che ci dà un po’ di forza è sapere che nostra figlia non è un’assassina, non ha ucciso lei la figlia per poi togliersi la vita». Mentre la moglie Pasqua dice: «Non vogliamo mostrarci in tv per rispetto di nostra figlia. Mi ha sempre fatto un effetto strano vedere le persone che raccontavano i loro drammi in tv». Nonostante al legale del primario ancora ieri sera non fosse arrivata una comunicazione ufficiale, l’interrogatorio di garanzia per l’indagato potrebbe svolgersi già oggi.
Da una parte c’è il dolore della famiglia di Claudia Ornesi, dall’altra l‘incredulità della moglie e dei familiari di Maurizio Iori che aveva avuto altri tre figli con due donne diverse. Ad aprire la porta di casa, in un accogliente villaggio alla periferia di Crema, mentre accudiva l’altra figlia del presunto omicida, è la suocera del primario arrestato. Lei davvero non vuole crederci. Non trova spiegazioni. Come l’intera città.
(Flavia Mazza Catena)

La moglie di Iori: “Aspetto Maurizio a casa” 
La moglie di Iori: “Aspetto Maurizio a casa” – Fino ad ora non aveva mai parlato, nemmeno davanti ai magistrati inquirenti: Laura Arcaini, 38 anni, la moglie di Maurizio Iori, ha rotto il silenzio in un’intervista esclusiva a “La Provincia”. Nello studio dell’avvocato Marco Giusto, che — con il collega Cesare Gualazzini — difende il medico oculista accusato di duplice omicidio, ha dichiarato: «Io, Margherita, Riccardo e tutti i famigliari aspettiamo Maurizio a casa». E ha spiegato: «Sapevo di Claudia e Livia, sapevo che regolarmente Maurizio andava da loro…».

La 27ma ora
… a dare uno spessore del tutto diverso alla storia ecco spuntare la lettera che Claudia scrive a Maurizio pochi giorni prima di morire… E’ una lettera con la quale la donna, sedotta e abbandonata, riscatta se stessa e la sua amara vicenda, proiettandola da infelice amore privato a emblema di come ancora qui e oggi, Italia del secolo ventunesimo, la dignità femminile può essere calpestata e ridotta a strumento.
“Tu volevi che io abortissi – scrive Claudia nella lettera considerata dagli inquirenti la causa scatenante del delitto – ponendomi come motivazione la tua reputazione … ho passato la gravidanza nel nascondimento e nella sofferenza andando a Lodi a partorire perché nessuno lo sapesse …”.
Claudia è la donna che non può essere presentata alla famiglia di lui, è quella che, la notte di Capodanno del 2010 deve accontentarsi di una fetta di panettone divisa con l’amante alle 3 di notte nell’appartamen-
tino di Crema: un brindisi di pochi secondi e via, di nuovo nell’oblio.
Nei romanzi d’appendice la piccola Livia forse sarebbe stata consegnata alle pietose suore di un convento, qui è finita uccisa da un’overdose di XanaxClaudia, la madre, l’aveva voluta metter al mondo contro tutto e tutti e ha pagato con la vita un suo no, il suo essere un elemento di rottura rispetto al quieto vivere e alla rispettabilità di una Peyton Place italiana.
di Claudio Del Frate

Maurizio Iori condannato all’ergastolo e 2 anni di isolamento diurno per l’omicidio di Claudia Ornesi e della piccola Livia. L’ex primario: “sono innocente, non ho ucciso nessuno”. Il video
Nella notte tra mercoledì 20 e giovedì 21 luglio 2011 sono state prima tramortite con dello Xanax mescolato al cibo e quindi uccise con il gas dei fornelletti da campo che lo stesso Iori aveva acquistato e quindi portato nell’appartamento di via Dogali, a Crema, dove la donna e la bambina vivevano.
Condannato all’ergastolo
La Corte di Assise di Cremona ha accolto le richieste del pubblico ministero Aldo Celentano e oggi alle 14.30 ha fornito il proprio verdetto: Maurizio Iori è stato condannato all’ergastolo e a 2 anni di isolamento diurno per l’omicidio di Claudia Ornesi e della piccola figlia Livia, di tre anni. Al medico è stata tolta la patria potestà e dovrà versare una provvisionale di 600 mila euro ai parenti delle vittime. Inoltre la sentenza dovrà essere ubblicata sul sito internet del ministero della Giustizia negli albi pretori dei comuni di Crema e di Cremona.
“Nessun suicidio”
Stamattina alle 10, la diciassettesima udienza: dopo le repliche degli avvocati e del pubblico ministero, in tutto meno di un’ora, la Corte s’è ritirata per deliberare. Il collegio difensivo del medico, formato da Cesare Gualazzini e Marco Giusto aveva chiesto l’assoluzione, mentre il pubblico ministero Celentano s’era detto certo che Claudia Ornesi “non avrebbe mai messo in atto un suicidio, perché contrario a quello in cui lei credeva”. Impensabile credere che abbia potuto uccidere la sua bambina per fare un dispetto a quel padre che non voleva darle quella considerazione che avrebbe meritato.
“Non ho ucciso nessuno”
Lo stesso Iori, in un clima di fortissima tensione, ha preso la parola per ultimo, dicendo che avrebbe atteso fiducioso le 14.30, l’orario stabilito per la lettura della sentenza, “convinto di essere assolto perché sono innocente, non ho ucciso nessuno”. Iori ha aggiunto di aver provato un grande dolore “per aver perso la mia bambina”. Tre mesi dopo la scoperta dei due corpi senza vita il medico è stato arrestato e trasferito in carcere. Ha spiegato che la sua vita e la sua reputazione sono state distrutte: “non credo che riuscirò mai a recuperare”. L’unica ancora di salvezza il fatto di essere un “credente, questo mi ha consentito di restare in vita tutto questo tempo, di sopportare 15 mesi passati in prigione da persona innocente. Sono sicuro che riconoscerete la mia innocenza e potrò tornare a casa dalla mia famiglia”.
Il bivio e le testimonianze
I difensori di parte civile, Marco Severgnini ed Eleonora Pagliari, si sono rivolti alla giuria nel loro brevissimo intervento: “siamo di fronte ad un bivio, ma le testimonianze indicano la via da seguire”. In chiusura, una critica ai colleghi della controparte, per aver tentato di infangare la famiglia di Claudia Ornesi attraverso tesi definite “sgradevoli”.
I quattro punti “innegabili” della difesa
Ha invece illustrato una memoria di alcune pagine l’avvocato Marco Giusto, difensore dell’ex primario accusato di duplice omicidio, ponendo l’accento su quelli che ritiene essere “quattro punti innegabili: in questo delitto non esiste un movente, Maurizio Iori non possedeva le chiavi dell’appartamento di Claudia Ornesi e nessuno è riuscito a spiegare in che modo avrebbe somministrato lo Xanax alle due vittime”.
Le impronte ed il ricorso in Cassazione
Secondo l’avvocato Giusto, a conferma dell’innocenza dell’imputato, il fatto che sopra ogni oggetto repertato dalle forze dell’ordine nella casa di via Dogali vi siano solo impronte di Claudia e di Livia. Incongruenze alle quali è necessario dare una risposta, ha concluso, prima che il collega Cesare Gualazzini ribadisse che “la Corte di Cassazione il 7 febbraio esaminerà il nostro secondo ricorso”, dando fondatezza – questa la tesi dell’avvocato – alla loro convinzione, ovvero che si sia trattato di un finto suicidio finito male. Secondo Gualazzini non esisterebbero prove sufficienti a condannare Iori. Rivolgendosi alla corte, poi, ha chiuso il proprio intervento: “se condannerete Iori, non lo condannerete all’ergastolo, lo condannerete a morte, perché non arriverà vivo al processo d’appello”.

Caso Iori, depositate le motivazioni della sentenza: “condotta omicidiaria con irraggiungibile grado di efferatezza”. Il primario condannato all’ergastolo e all’isolamento per 2 anni
La mattina del 21 luglio 2011, verso le ore 8.30, nella casa di via Dogali vennero scoperti i corpi senza vita di Claudia Ornesi e della piccola Livia, di 2 anni e 5 mesi. Il medico, nella constatazione di decesso, scrisse: “intossicazione da monossido di carbonio e probabile assunzione di farmaci (presenza di blister vuoti sul tavolo)”, lasciando “chiaramente intendere che si trattava con ogni probabilità di un suicidio della Ornesi”.
“Irraggiungibile grado di efferatezza”
Al termine del processo, il primario di oculistica dell’ospedale di Crema, é stato condannato all’ergastolo. Ora, nelle motivazioni alla sentenza depositate ieri, il presidente ed estensore Pio Massa descrive una “condotta omicidiaria con irraggiungibile grado di efferatezza, molto superiore a quella tenuta da chi, per fare un esempio, spara e uccide con una pistola o con il fendente di un coltello. Maurizio Iori non solo ha perfidamente ingannato persone che gli volevano bene, ma ha visto morire lentamente, davanti sè, l’innocente sangue del suo sangue e la povera Claudia. Aveva tutto il tempo per fermarsi, per tornare indietro ma non l’ha fatto ed è rimasto imperturbabile davanti all’agonia di due esseri umani che morivano per mano sua”.
Unico disegno criminoso
Secondo Massa “nessuna resipiscenza ha del resto mostrato l’imputato nel corso dell’intero procedimento penale e del processo, ma solo la spasmodica attenzione ad evitare il contraddittorio e a costruire a tavolino, dopo la lettura degli atti di accusa, una versione dei fatti – infarcita di falsità e menzogne – che potesse consentirgli di evitare la pena per i reati che ha commesso. Maurizio Iori è colpevole di due omicidi pluriaggravati e del reato di cui all’art. 367 c.p. – da ritenersi unificati dal vincolo della continuazione in quanto esecutivi d un unico disegno criminoso”.
Le indagini
Facciamo un passo indietro. Trovati i corpi e disposta l’autopsia, vengono attivate intercettazioni telefoniche – autorizzate del GIP – che coinvolgono “Iori e suo entourage, ma anche la famiglia Ornesi” e svolte le indagini “per individuare chi avesse venduto o procurato alla Ornesi le compresse di Xanax e, soprattutto, dove fossero state vendute bombole di gas e fornelli e chi li avessi acquistati”: gli inquirenti – un lavoro sopraffino, il loro – scoprono che bombole e fornelli erano stati comprati da Iori in due centri commerciali non cremaschi, il Carrefour di Carugate e il Bennet di Pieve Fissiraga.
L’ordinanza cautelare in carcere
Gli elementi probatori raccolti escludono che Claudia avesse mai manifestato intenzioni suicide, ma soprattutto confermano che “Iori si trovava nell’appartamento di Via Dogali con Claudia la sera del 20 luglio”. Sulla base di questi elementi il GIP del Tribunale di Crema ritiene che vi fossero “gravi indizi di colpevolezza a carico dell’imputato”. Il 13 ottobre del 2011 Iori viene raggiunto da un provvedimento di custodia cautelare in carcere ed il suo studio in centro città perquisito.
Le richieste di riesame
“Nonostante le richieste di riesame e i ripetuti appelli contro le ordinanze del GIP che negava la revoca o l’attenuazione della misura, il Tribunale del Riesame di Brescia si pronunciava sempre negativamente per l’imputato. In un caso la Corte di Cassazione, con sentenza 19/7/12, accoglieva il ricorso contro l’ordinanza di rigetto del Riesame (si trattava dell’ordinanza 7/2/12) rinviando per nuovo esame al Tribunale del Riesame di Brescia, ma anche in tale circostanza il Tribunale di Brescia, con provvedimento in data 2/10/12 (di poco antecedente l’apertura del processo in Assise) rigettava l’appello della difesa Iori”.
“La reputazione da difendere”
Claudia Ornesi conobbe Iori nel settembre del 2007 in occasione di una visita oculistica: qualche tempo dopo, intrecciata una relazione sentimentale, lo informò di essere rimasta incinta. Iori “le disse di non volere il bambino e le chiese di abortire, se non voleva rinunciare a lui. Iori giustificò la richiesta dicendole che aveva una reputazione da difendere e che se sua moglie l’avesse saputo, con il divorzio in corso, gli avrebbe portato via i figli. Claudia, però, non pensò minimamente all’aborto, decise di tenere comunque il bambino ed ebbe il pieno sostegno dei suoi familiari in questa sua scelta”.
La massima riservatezza
Il primario “non si fece più vedere per i primi due mesi di gravidanza. Si incontrarono al terzo mese ed in tale occasione, giacché Claudia gli ribadì la sua scelta,egli le disse: Arrangiati! Io non esisto“. Volendo far riconoscere la figlia al legittimo padre, Claudia fece preparare da un legale una lettera che consegnò a mano a Iori. Claudia, in lacrime, riferì a madre e sorella del negativo esito dell’incontro in quanto Iori in tale contesto, additandole l’addome le aveva detto: Claudia, se tu fai del male a me e ai miei figli te la faccio pagare a te e a quella lì!”. Peraltro successivamente Iori si rabbonì e decise di riconoscere la bambina, chiedendo però la massima riservatezza a tutela di sua madre che – così le diceva – sarebbe morta se avesse saputo della nascita della bambina”.
La nascita di Livia
Livia è nata il 3 febbraio del 2009 a Lodi, lontana da occhi indiscreti. Il padre la riconobbe ed andò a trovare la madre e la piccola “mostrandosi freddo nei suoi confronti (neanche un bacio od una carezza) e si guardò bene dal partecipare al battesimo nonostante gli avessero garantito la massima riservatezza, in quanto avrebbero partecipato solo i più stretti familiari. Claudia, dopo la nascita di Livia, rimase circa nove mesi nell’abitazione dei genitori ed in tale periodo Iori si recava a far visita a Claudia e alla bimba circa una volta al mese. Iori pretendeva che i genitori di Claudia non fossero presenti durante le sue visite e costoro erano pertanto costretti, obtorto collo, ad allontanarsi da casa prima del suo arrivo”.
La quarta figlia
All’epoca il primario era alle prese col divorzio dalla prima moglie, dalla quale aveva avuto due bambini, aveva conosciuto e frequentato Claudia, che era rimasta incinta e aveva avuto una bambina. Alla fine di aprile, inizio maggio del 2009, tre mesi dopo la nascita di Livia, la famiglia Ornesi venne informata da una terza persona che l’oculista stava frequentando un’altra donna che, rimasta incinta, avrebbe partorito a fine mese.
L’acquisto dell’appartamento
A fine maggio, dopo la nascita dell’altra bambina, Iori incontrò la madre di Claudia e acconsentì ad acquistarle in leasing un appartamento in via Dogali “per non buttare i soldi di un affitto”: l’immobile venne acquistato attraverso la società del primario, la Gama Consulting, e “destinato ad uffici e non ad abitazione”. In quei mesi versava del denaro per provvedere ai bisogni della bambina, prima 300, poi 400 euro: “vi fu una interruzione del versamento per qualche mese, poi la corresponsione proseguì, ma senza recupero degli importi arretrati”.
Le cause del decesso
“La morte di Claudia e Livia fu determinata dall’aver le stesse respirato il gas sprigionato dalle bombole da campeggio rinvenute nell’appartamento di via Dogali, dopo aver entrambe ingerito (fatto che aveva comportato il cadere in stato di grave intossicazione) notevoli quantità di alprazolam – principio attivo di diverse specialità medicinali, tra cui lo Xanax – e, fatto nuovo, dopo aver ingerito, la sola Claudia, una molto minore quantità (più o meno una dose clinica) di diazepam, principio attivo di diversi farmaci,il più noto dei quali è il Valium”.
“Una vita serena”
Secondo il presidente Massa, nel corso del luglio 2011 Claudia Ornesi aveva una “vita tranquilla e serena, nessuna depressione, nessuna richiesta di medicinali ansiolitici, repulsione, anche per motivi religiosi, contro il suicidio”. Sono invece state “accertate le menzogne dell’imputato dette prima e dopo il suo arresto, tra cui in specie la falsità della ragione per cui egli portò in casa bombole e fornelli e l’invenzione del litigio per la scoperta del matrimonio”.
Le dichiarazioni spontanee
Nonostante le ripetute richieste dell’accusa pubblica e privata, “non si è proceduto all’esame dell’imputato in quanto lo Iori non vi ha mai consentito. Peraltro l’imputato ha invece rilasciato, nel corso delle 17 udienze dibattimentali, alcune spontanee dichiarazioni : in quelle, molto lunghe ed articolate, rese all’ultima udienza istruttoria del 20/12/12 è racchiusa e sintetizzata la propria tesi difensiva”. Una tesi ritenuta infondata e che l’ha visto condannare all’ergastolo e all’isolamento per due anni.

Caso Iori, la Cassazione: “Omicida e denigratore, resti all’ergastolo”
Un comportamento processualedell’imputato che «la sentenza ha ritenuto costantemente improntato a finalità simulatorie, intese a infamare la memoria della persona offesa Ornesi Claudia, attribuendole la responsabilità dell’omicidio della propria bambina». Sono state depositate le motivazioni della sentenza con cui i giudici della prima sezione penale della Cassazione hanno ribadito per Maurizio Iori la condanna all’ergastolo pronunciata nei primi due gradi di giudizio. Respinti tutti gli undici motivi di ricorso presentati dalla difesa contro la sentenza della Corte d’Assise d’appello di Brescia che il 6 giugno 2014 aveva confermato il carcere a vita.
L’ex primario di oculisticadell’ospedale di Crema è colpevole dell’omicidio della sua compagna di un tempo Claudia Ornesi e di Livia, la bambina di due anni e mezzo nata dalla loro relazione. Non solo. Per stornare da sé i sospetti, Iori infamò la memoria della donna accusandola dell’omicidio della bambina, seguito dal proprio suicidio. «Se le facoltà difensive – scrive nelle 49 pagine delle motivazioni il giudice estensore Enrico Giuseppe Sandrini – consentono all’imputato il silenzio e persino la menzogna, non lo autorizzano a tenere condotte processualmente oblique e fuorvianti, in violazione del fondamentale canone di lealtà processuale che deve improntare la condotta di tutti i soggetti del procedimento penale». Neppure per la Suprema Corte sopravvivono dubbi.
a sera del 20 luglio del 2011, nell’appartamento della Ornesi in via Dogali a Crema, il medico sedò madre e figlia con il sonnifero Xanax, somministrato in gocce e mischiato a pietanze di sushi, e le uccise con le esalazioni di gas butano sprigionato dai quattro fornelletti da campeggio che aveva acquistato. Per inscenare il suicidio di Claudia, lasciò dieci blister di Xanax sul tavolo della cucina, cancellò le impronte, staccò la corrente e si liberò della spazzatura. Per Iori, divorziato, risposato, padre di atri due figli, Claudia Ornesi e la bambina dovevano rimanere nell’ombra. La donna non lo accettava, non per sé ma per la figlia. In una drammatica lettera consegnata a Iori il 12 luglio del 2011, pochi giorni prima di morire, gli chiedeva di fare da padre anche a Livia e rivendicava per la bambina un riconoscimento e la tutela dei suoi diritti di figlia. Secondo l’accusa, la lettera fu il catalizzatore dell’omicidio. I giudici romani concordano riconoscendo il movente «nell’acquisita consapevolezza da parte dell’imputato della determinazione irrevocabile della Ornesi, dopo aver appreso nei mesi precedenti la notizia del matrimonio con la A., di rendere di pubblico dominio (portandola a conoscenza anche della madre dello Iori) la paternità della piccola Livia e di esigere per la propria figlia lo stesso trattamento e le medesime opportunità degli altri figli avuti dallo Iori con la prima e la seconda moglie».

Caso Iori, i parenti delle vittime stentano a ottenere i risarcimenti
A quasi quattro anni dalla sentenza di primo grado e a un anno dal giudizio definitivo della Cassazione che conferma la condanna all’ergastolo per Maurizio Iori, colpevole di aver ammazzato l’ex compagna Claudia Ornesi e la lorofiglioletta Livia il 21 luglio 2011, i conti non tornano. Perché gli avvocati della famiglia Ornesi stentano a ottenere i risarcimenti stabiliti dal giudice in sede di sentenza.
La famiglia Ornesi vanta dal medico, come risarcimento per le perdite subite, 1.650.000 euro divisi in 600mila ciascuna per la mamma e per la sorella e in 450mila per il padre. La somma era stata stabilita dal giudice del collegio di Cremona all’epoca della prima condanna, gennaio 2013.
Si partiva da una richiesta degli avvocati difensori della famiglia di cinque milioni di euro per arrivare a quanto stabilito dal giudice in sede di appello. La corsa ai beni dell’oculista era cominciata ben presto da parte degli avvocati Marco Severgnini ed Eleonora Pagliari che avevano chiesto e ottenuto il sequestro dello stipendio e del Tfr del medico all’ospedale Maggiore di Crema.
Pur essendo in carcere dal 14 ottobre 2011, Iori aveva continuato a percepire una parte dello stipendio, circa 1700 euro mensili, per qualche tempo. Poi, quando a sentenza definitiva, luglio 2014, era scattato il licenziamento, i legali della famiglia Ornesi ne avevano chiesto e ottenuto il sequestro. La cifra prelevata non arriva a 50mila euro, somma divisa tra i tre aventi diritto, ma che in parte è andata a coprire le spese legali. A giudizio definitivo il tribunale ha emesso un ordine di sequestro dei beni, anche se gli ufficiali giudiziari non hanno trovato granché. A essere sequestrata per prima è stata la casa nel residence Le Murie di Crema, un appartamento nel quale vivevano la moglie e la figlia. La casa è stata lasciata libera e il tribunale l’ha messa all’asta per un valore iniziale di 250mila euro a ottobre.
L’asta è andata deserta e in questi giorni è stato fissato un nuovo appuntamento per gennaio, dove il bene andrà di nuovo all’asta, ma stavolta per un valore del 25% inferiore, cioè per una cifra di partenza di 187.500 euro. Intanto gli avvocati si stanno muovendo anche su un altro fronte. A Parma Maurizio Iori ha ereditato un appartamento e anche questo è stato sequestrato. Al momento non si conoscono né a quale valore sarà messo all’asta l’immobile né quando sarà battuto. Praticamente nulla si è potuto ricavare dallo studio privato di via Frecavalli, che aveva in dotazione macchinari e auto, in quanto pare che tutto sia stato utilizzato per ripianare i debiti e che lo stesso fosse di proprietà di una società e non esclusivo dell’oculista.

 

 


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