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Mirko Righetto, 47 anni, imprenditore appassionato di poesia con precedenti penali e problemi di tossicodipendenza, già padre separato, padre. Uccide la moglie con due coltellate alla gola

Camisano Vicentino (Vicenza), 13 Aprile 2017

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Titoli & Articoli

Omicidio di Camisano, uccide la moglie a coltellate: “Voleva portarmi via mia figlia” (Padova Oggi – 13 aprile 2017)
Terribile dramma famigliare a Camisano Vicentino. Mirko Righetto, 47enne padovano, ha accoltellato a morte la moglie, Nidia Lucia Loza Rodriguez, 37 anni, di origini colombiane
Un omicidio efferato, con due colpi di coltello serramanico al collo. Un delitto commesso in un momento di ira, dopo una lite all’interno di una situazione famigliare molto tesa a causa di una separazione probabilmente imminente. L’uomo, padovano, è stato portato al carcere San Pio X, giovedì pomeriggio.
SITUAZIONE TESA IN FAMIGLIA. Le cose ultimamente non andavano bene tra Mirko Righetto, 47 anni, originario di Campo San Martino, e la moglie Nidia Lucia Loza Rodriguez, 37enne di origine colombiana. La coppia, dopo otto anni di convivenza, nel 2013 si era sposata e trasferita in una villetta in via degli Alpini a Camminano Vicentino. Dall’unione era nata anche una bambina che adesso ha tre anni. Da qualche tempo le liti erano frequenti, tanto che gli stessi carabinieri, lo scorso anno, erano intervenuti a casa della coppia per calmare gli animi, pur senza registrare nessuna denuncia.
“VOLEVA PORTARMI VIA MIA FIGLIA”. Poco dopo la mezzanotte di mercoledì è invece successo l’irreparabile. Secondo la ricostruzione dei carabinieri e la testimonianza dello stesso omicida reo-confesso, tra i due coniugi era in corso l‘ennesima discussione, questa volta su come affrontare la separazione. “Lei mi ha detto che non avrei mai più rivisto mia figlia”, ha raccontato Righetto ai carabinieri. Quella frase, secondo l’uomo, avrebbe fatto scattare in lui la follia omicida. Dopo aver afferrato un coltello a serramanico, ha colpito Lucia sulla parte destra del collo, causandole le ferite che l’hanno portata alla morte. Inutili i successivi tentativi di rianimare la donna da parte del Suem.
LA BAMBINA PORTATA VIA DALLA NONNA. A quel punto il 47enne ha agito con molta freddezza, visto che la piccola stava dormendo al piano di sopra. Per evitare di coinvolgerla nell’accaduto, ha chiuso la porta della cucina, dove è avvenuto il delitto, e ha chiamato sua madre – la suocera di Lucia – che è arrivata dopo pochi minuti a prelevare la bambina che stava ancora dormendo e non si è accorta di nulla.
“CONFUSO, MA LUCIDO E FREDDO”. “Non ha raccontato niente alla madre, nascondendo ai suoi occhi l’omicidio”, hanno spiegato i carabinieri, accorsi sul posto dopo essere stati chiamati dallo stesso Righetto: “Abbiamo trovato un uomo confuso ma lucido e freddo, che ha ammesso subito l’omicidio e che sembrava cosciente di aver fatto una cosa terribile”. L’uomo è stato portato nella caserma dei militari dell’Arma in via Muggia dove è stata convalidata la sua confessione e dove si trova attualmente per ulteriori indagini.

Vicenza, uccide la moglie: “Non te ne andrai con nostra figlia” (Quotidiano Nazionale – 14 aprile 2017)
L’ennesimo litigio con la coniuge finisce nel sangue. Femminicidio nella notte, poi la telefonata a sua madre: “Vieni a prendere la bimba”
HA UCCISO la moglie nel cuore della notte con due micidiali coltellate alla gola, nella villetta di famiglia. Poi ha telefonato a sua madre, che abita lì vicino, senza raccontarle l’accaduto ma chiedendole di venire a prendere la figlioletta di tre anni, addormentata al piano di sopra e ignara di tutto. Quindi ha chiamato i carabinieri confessando il delitto.
Con questa sequenza di gesti Mirko Righetto, di 47 anni, padovano di origine, con lievi precedenti penali, gestore di un’azienda di serramenti ereditata dal padre, ha dato una svolta tragica e irreversibile alla propria esistenza a Camisano Vicentino, dove fino a ieri viveva con la vittima, Nidia Roana Loza Rodriguez, di 37 anni, cittadina italiana di origini colombiane, infermiera in una casa di riposo della zona. Consegnata l’arma del delitto, un coltello a serramanico, l’uomo è stato arrestato e durante l’interrogatorio davanti al magistrato di turno si è detto «pentito». 
A FAR SCATTARE la molla assassina sarebbe stato il timore che la moglie, dopo l’ennesimo litigio per motivi di gelosia, lo lasciasse impedendogli di vedere ancora la bambina. Quando i militari sono arrivati sul posto, la donna era già morta. L’hanno trovata riversa a terra tra la cucina e il soggiorno, con addosso i pantaloni della tuta e una felpa. E la figlia della coppia, in attesa della nonna, stava dormendo al piano superiore: a quanto pare, non si sarebbe accorta di nulla. I due si erano sposati quattro anni fa, dopo altri otto di convivenza.
Il matrimonio però era entrato da qualche tempo in crisi, probabilmente per questioni di gelosiaNon erano infatti al loro primo grave litigio: l’anno scorso in un paio di occasioni i carabinieri erano stati convocati nella villetta. Ma nessuno dei due coniugi era poi passato alle vie legali. Nonostante la coppia non avesse avviato le pratiche per il divorzio, marito e moglie si erano rivolti ad un consulente matrimoniale per avere alcune indicazioni. Nel primo interrogatorio da assassino reo confesso, l’uomo ha raccontato che la vittima, dopo il litigio fatale, avrebbe minacciato di non fargli più vedere la bimba.
La vita sociale della provincia vicentina racconta che il piccolo imprenditore, appassionato di lettura e scrittura benché abbia mancato la maturità classica, ha pubblicato sotto pseudonimo un libro e alcune poesie, aggiudicandosi anche un premio.  In rete lui stesso avrebbe scritto di essere già stato sposato una volta e di avere un altro figlio, di 12 anni. La cronaca nera, invece, segnala che l’uomo una decina d’anni fa fu arrestato per aver rapinato una prostituta, mentre risultano agli atti alcuni suoi problemi di tossicodipendenza.

 

I carabinieri mostrano l’arma del delitto: coltello con la lama di 5 cm (il Gazzettino – 14 aprile 2017)
VICENZA – Ilcomando provinciale dei carabinieri di Vicenza ha diffuso oggi la foto dell’arma del delitto – un coltello a serramanico con una lama di circa 5 centimetri – avvenuto in via degli Alpini 62A a Camisano Vicentino e utilizzata da Mirko Righetto, 48 anni, per uccidere la moglie Nidia Lucia Lozia Rodriguez, 37enne di nazionalità italiana ma di origini colombiane. La tragedia si è consumato poco proma di mezzanotte, tra mercoledì e giovedì, in una villetta a schiera dove la coppia abitava con la loro bambina di 3 anni.

L’ALTER EGO DELL’ASSASSINO – Aveva un altro nome e un’altra vita scrittore e poeta dal passato maledetto (Corriere del Veneto – 14 aprile 2017)
Mirko, l’imprenditore con lo pseudonimo. Il fratello: «Persi milioni con Bpvi»
CAMISANO VICENTINO Esistevano due uomini nella vita di Lucia Rodriguez, la donna uccisa mercoledì notte dal marito. Una decina d’anni fa aveva conosciuto Mirko Righetto, rampollo di una famiglia di imprenditori con a capo papà Silvano, un capitano d’impresa vecchio stampo, di quelli che hanno passato la vita a lavorare. «Era in viaggio – ricorda Manlio, il fratello dell’omicida – e l’ha incontrata per caso, all’areoporto. Non si sono più lasciati…». Pareva tutto perfetto: la convivenza a Camisano Vicentino, poi il matrimonio, e infine una figlia che tra poche settimane compirà tre anni. Ma forse Lucia ha capito troppo tardi di aver sposato, oltre a Mirko, anche il suo alter ego. Si chiama Marco Redde, e non è soltanto lo pseudonimo con il quale Righetto ama farsi chiamare. Perché la vita dell’uomo che mercoledì ha ucciso la moglie che lo voleva lasciare, si intreccia di continuo con il personaggio che si è creato.
Nella realtà c’è Mirko Righetto con un passato difficile segnato dalla droga, dal percorso di recupero a San Patrignano
, e dalla morte della sorella in un incidente stradale nel 2004. «Ma poi aveva messo la testa a posto», assicurano gli amici. «Lucia era bellissima e gli aveva cambiato la vita, sembravano innamorati».
Fino a mercoledì, i vicini di casa parlavano di lui come di un padre esemplare, uno che aveva passato metà della vita a lavorare nell’ufficio dell’azienda di famiglia, la «Nuova Vetro» che per quarant’anni ha prodotto serramenti a Camisano. Poi la crisi e il fallimento. «Abbiamo perso molti soldi nel crollo della Banca Popolare di Vicenza – ammette Manlio – ed è come se ci fosse mancata la terra sotto ai piedi». Da qualche tempo, Righetto aveva provato a riscattarsi seguendo le orme paterne, aprendo una ditta tutta sua. Ma gli affari non andavano bene e il suo rapporto con Lucia ne aveva risentito. «Tra loro c’erano alti e bassi. La coppia perfetta non esiste», riflette il fratello. Lei era infermiera e di recente aveva raccontato a un’amica di «volersi rimettere in gioco» e trovare un lavoro adatto alla sua qualifica.
Ma c’era di più: Lucia, che per amore aveva lasciato la Colombia ed era andata a vivere tra i capannoni del Vicentino, non ne voleva più sapere di quel matrimonio. Era decisa a tornare in patria portando con sé la figlioletta. O almeno così ha raccontato il suo assassino ai carabinieri: la donna che su Facebook definiva «la mia complice», stava per lasciarlo.
Se nella vita reale Righetto sentiva di aver fallito, almeno poteva rifugiarsi nel mondo di Marco Redde. E allora smetteva di essere un imprenditore in crisi economica e familiare per diventare un poeta, uno scrittore. La prima raccolta di versi, «La scatola Nera», l’ha pubblicata a proprie spese nel 2001. «Il libro è andato letteralmente a ruba», assicura nella biografia del sito dedicato al suo alter ego: www.marcoredde. it. Poi il romanzo «Anime col Rasoio» – il cui protagonista è lui stesso – e altri due racconti rimasti inediti. Ma Marco Redde è molto più di alias. Ha una vita propria. Un «bello e dannato» che su Facebook dice di aver «subito più traumi io nei primi tredici anni della mia vita che l’intero genere umano dalla cacciata dal paradiso ai giorni nostri». Un personaggio da romanzo, appunto. Uno che veste sempre elegante, ha due figli e «non parla con sua moglie da almeno un mese e sa fare e celare molte cose».
Distinguere tra realtà e finzione, non è sempre facile. Di certo, anche prima di uccidere la moglie, quella di Righetto appariva come la parabola del rampollo della ricca borghesia veneta che si caccia sempre nei guai. L’adolescenza segnata dai soldi e dall’eroina. Poi la comunità di San Patrignano e la fedina penale che ora svela un vecchio arresto per rapina a una prostituta. Non solo: nel 2011, all’apice di una discussione condita da schiaffi e pugni, Righetto puntò un coltello alla gola del cinese che gestiva il bar sotto casa perché «il locale faceva troppo rumore». La scorsa settimana, Marco Redde aveva pubblicato su Facebook la sua nuova poesia. «Sputo in bocca al destino e prendo l’oro che mi spetta», recita l’ultimo verso. Lucia, invece, non ha potuto sfuggire al destino che Mirko Righetto ha scelto per lei.

 

Preoccupato solo della bimba (il Mattino di Padova – 16 aprile 2017)
Mirko Righetto nell’interrogatorio di garanzia si è avvalso della facoltà di non rispondere
Nel corso dell’interrogatorio di garanzia, ieri mattina, Mirko Righetto, accusato dell’omicidio aggravato della moglie Nidia Lucia Loza Rodriguez, si è avvalso della facoltà di non rispondere. Prima di sedersi davanti al giudice per le indagini preliminari, l’imprenditore, 47 anni, nel corso di un breve colloquio con il suo legale (l’avvocato Riccardo Netti che ieri sostitutiva il difensore di fiducia Marco Dal Ben) ha voluto però sapere notizie della figlia. La bimba di 3 anni che Righetto, dopo avere accoltellato la moglie nella notte tra mercoledì e giovedì, ha consegnato alla nonna. «Avvocato come sta mia figlia? Con chi si trova adesso? Sta bene? Chi si sta prendendo cura di lei?», sono le domande che l’indagato ha rivolto al legale. Quindi, dopo avere ricevuto rassicurazioni sul fatto che la bimba sta bene e si trova con i nonni, Righetto ha aggiunto: «Quando potrò vederla?».
Al termine dell’interrogatorio, durato il tempo di verbalizzare la scelta da parte del 47enne di non rispondere alle sue domande, il giudice per le Indagini preliminari Massimo Gerace ha convalidato l’arresto e disposto che Righetto resti in carcere dove attualmente divide una delle celle del San Pio X con altri detenuti. «È molto provato e ancora profondamente scosso – ha spiegato l’avvocato Netti – ma per lui, al momento, non è stato previsto un regime carcerario particolare. Non è in isolamento».
L’imprenditore, al culmine di una lite con la moglie, 37enne di origine colombiana ma cittadina italiana, avrebbe inferto alla donna una ventina di coltellate. Fendenti sferrati con una lama a serramanico mentre i due si trovavano nella cucina della loro casa in via Alpini a Camisano. Dopo il delitto Righetto ha chiamato sua mamma perché andasse a prendere la nipotina che stava dormendo nella sua cameretta al piano di sopra; quindi si è consegnato ai carabinieri del nucleo investigativo. Ai quali, una volta arrivato nella caserma di via Muggia, ha confessato l’omicidio della moglie spiegando, anche davanti al pubblico ministero Paolo Fietta, che sarebbe avvenuto nel corso di una lite quando Nidia Lucia lo avrebbe minacciato di tornare in Colombia portando con sè la bambina. Un’eventualità che ha scatenato la furia del marito accecato dall’ira e dalla violenza nei confronti della compagna. Alla quale non ha lasciato nemmeno il tempo per tentare la benché minima difesa. Le prime coltellate avrebbero raggiunto la vittima alla gola, ma la rabbia di Righetto sarebbe proseguita infierendo poi anche sul resto del corpo.

Omicidio Camisano, raccolta fondi per la figlia di Lucia: “Vogliamo assicurarle un futuro” (Vicenza Today – 5 giugno 2017)
Solidarietà verso la figlia di Nidia Lucia Loza Rodriguez,uccisa dal marito Mirko Righetto. La bambina è in affido temporaneo dall’ex moglie dell’uxoricida e la comunità lancia un appello: “In quella famiglia si trova benissimo: lasciatela lì”
Un conto corrente in cui versare dei soldi per aiutare la bambina e un appello perchè la piccola resti nell’attuale famiglia in cui è in affido temporaneo. È il progetto di un gruppo di amici di Nidia Lucia Loza Rodriguez, la 37enne uccisa a coltellate il 13 aprile da Mirko Righetto.
Sono passati quasi due mesi da quella tragica notte quando l’artigiano di 47 anni ha amazzato la sua compagna nella loro villetta di Camisano. La loro figlia di 3 anni, risparmiata dal padre in quel momento di follia omicida, è stata affidata temporaneamente alla famiglia dell’ex moglie di Righetto, in cui vive anche il fratellastro della piccola. La bambina è attualmente sotto la custodia di una tutrice nominata dal tribunale e, secondo le testimonianze degli amici di Lucia, sta bene ed è felice.
“Stare lì è la sua dimensione ideale e suo fratello 14enne la tratta con grande amore e si è preso cura di lei”, spiega Roberto, una persona che era molto vicina a Lucia. “Lanciamo quindi un appello perché ci sia una scelta giusta e doverosa per l’affido”. Lui, con altri amici e colleghi di lavoro della sfortunata 37enne che lavorava nella casa di riposo “Don Luigi Maran” di Villafranca Padovana, lo scorso mese hanno fatto una colletta per pagare sia le spese del funerale e del trasporto della salma in Colombia che quelle di sussistenza dei tre fratelli di Lucia arrivati dal paese sudamericano per portare a casa la salma della loro sorella.
La famiglia di Lucia ha saputo della morte della loro cara dalla stampa locale prima che dalle forze dell’ordine.
Tre dei nove fratelli sono quindi giunti in Italia pagandosi il volo con un prestito ottenuto da una banca locale ma qui non avevano soldi e parenti ed è quindi scattata una raccolta fondi per dare loro sostegno e per il funerale. I soldi sono arrivati principalmente dagli amici, dai dipendenti , dagli ospiti di Casa Maran e dai loro familiari. Una signora, Elisabetta, ha donato i proventi derivanti dalla vendita di bracciali di stoffa fatti a mano di stoffa, mentre altro denaro è stato raccolto dalla comunità colombiana a Vicenza. Le spese per la conservazione della salma, partita il 12 maggio, sono state azzerate perché la giacenza non fosse un peso.
“In tutto sono stati raccolti 7500 euro – spiega Roberto – ma ce ne sono altri 1200 che abbiamo deciso di tenere in un fondo e che verseremo in un conto alla bambina quando l’iter di questa tragica vicenda sarà concluso“. In ballo, infatti non c’è solo il processo di Righetto, che presumibilmente avverrà tra circa sei mesi e sul quale ci sono ipotesi come il rito abbreviato o la richiesta dell’infermità mentale da parte degli avvocati, ma anche il destino della bimba. L’affidamento temporaneo arriverà infatti a termine e il tribunale dovrà stabilire quello definitivo, richiesto anche dai parenti colombiani. Viste le circostanze – il fatto che la bambina è cittadina italiana e che ha ancora dei punti di contatto nella comunità del paese – la battaglia non sembra però essere a loro favore.
“Ci stiamo attivando per aprire un conto corrente personale nel quale continueremo a mettere fondi per aiutarla quando sarà cresciuta e magari vorrà andare a far visita nel luogo dove è sepolta la mamma,
ma bisogna aspettare per capire come farlo”, conclude Roberto. L’ultima parola, per l’affido e per i tempi di conclusione dell’iter di questa drammatica vicenda, spetta ora alla giustizia italiana.

Il papà ha colpito a morte la mamma. Battaglia legale per l’adozione (Corriere del Veneto – 28 dicembre 2017)
Femminicidio di Camisano, la piccola di tre anni è contesa da due famiglie
In aprile è rimasta orfana della mamma e non ha più potuto contare nemmeno sulla presenza del papà, finito in carcere per aver ammazzato la compagna. Ora la vita della piccola di Camisano Vicentino, figlia dell’imprenditore Mirko Righetto e della 37enne colombiana Nidia Lucia Loza Rodriguez, potrebbe essere stravolta ancora una volta. La bimba di tre anni è infatti al centro di una contesa internazionale.
La bambina. I fratelli dell’operatrice sanitaria uccisa sono quanto mai agguerriti e tramite il consolato e uno studio legale di Milano hanno fatto ricorso al tribunale dei minori di Venezia per ottenere l’affidamento della nipotina, che dovrebbe quindi trasferirsi da loro in Colombia. Dall’altra parte l’ex moglie dell’omicida ha chiesto l’affidamento di diritto della bambina, di cui è già affidataria come da indicazioni del tribunale: la piccola, fin da subito dopo la tragedia, vive infatti con lei e con il fratello più grande, nato dal primo matrimonio di Righetto. A decidere sulle sorti della figlia della coppia Righetto-Rodriguez sarà il giudice del tribunale dei minori di Venezia, che si avvarrà di una relazione dei servizi sociali e che potrebbe interpellare anche il tutore della minore, l’avvocato Elena Biscaro.
La causa. Nel frattempo lo stesso giudice ha già sentito l’uxoricida, l’ex moglie di questi e pure alcuni parenti della Colombia. Questi ultimi nei giorni scorsi si sono imbracati per l’Italia e si sono presentati in udienza a Venezia, per parlare direttamente con il giudice, per chiedere che la figlia della sorella venga affidata a loro in qualità di parenti più prossimi.
Righetto, il papà, assistito dagli avvocati Marco Dal Ben e Anna Sambugaro, ha già espresso il suo consenso al giudice affinché ad occuparsi della sua secondogenita sia l’ex moglie e al contempo si è opposto all’affidamento agli zii materni, spiegando come non abbiano mai avuto alcun tipo di rapporto con la bimba fino al momento in cui è mancata la mamma, ed evidenziando al contempo come sia difficile anche un dialogo con i parenti colombiani visto che non parlano italiano. Sono in tutto nove i fratelli della 37enne uccisa e tre di loro, Giovanny, Lucely e Myriam, hanno già fatto sapere che si costituiranno parte civile nel processo contro Righetto. Nelle ultime settimane hanno anche avuto un «incontro telefonico» con la nipotina, alla presenza dei servizi sociali. Possibilità, questa, concessa anche al papà: bimba e genitore, recluso dal 13 aprile in carcere, si sono sentiti al telefono, e l’uomo le ha fatto avere anche disegni e lettere. «Il mio primo pensiero sono i miei figli» continua a ripetere l’imprenditore 48enne di Camisano.
Il processo. Tra poco più di un mese, il 6 febbraio, Righetto affronterà il processo davanti al giudice Barbara Maria Trenti: i suoi legali hanno chiesto che venga giudicato con rito abbreviato, che gli consente lo sconto di un terzo della pena (e di evitare così l’ergastolo). Deve rispondere di omicidio volontario aggravato dalla crudeltà e dal rapporto matrimoniale.
Il sostituto procuratore Paolo Fietta aveva chiuso le indagini a tempo di record e chiesto per lui il giudizio immediato, perché andasse subito a processo. Che sia in grado di affrontarlo è stato verificato con una consulenza psichiatrica, la stessa che ha appurato che era sano di mente la sera tra il 12 e il 13 aprile scorso quando, nella casa di via degli Alpini, ha affondato ripetutamente il coltello sulla compagna che è morta nel giro di poco per uno shock emorragico e un’insufficienza respiratoria. Una sequenza di 34 coltellate sul torace, sul collo, e poi il fendente fatale sulla nuca. Un delitto atroce che aveva confessato subito ai carabinieri.

Uccise la moglie con 34 coltellate. Prende 18 anni (il giornale di Vicenza – 21 febbraio 2019)
Uccidere la moglie con 34 coltellate gli costa 18 anni e 8 mesi di carcere. La Corte d’Assise d’Appello, dopo un’ora di camera di consiglio, ha confermato la condanna inflitta nel maggio scorso dal giudice di Vicenza a Mirko Righetto, 49 anni, l’imprenditore di Camisano che il 12 aprile 2017, in un raptus, aveva ammazzato Nidia Lucia Loza Rodriguez, la moglie colombiana di 37 anni. L’assassino dovrà risarcire i parenti con quasi un milione di euro.
La Corte veneziana ha accolto in toto le richieste del sostituto procuratore generale Salvo. Ha respinto infatti sia le ragioni di ricorso della difesa che aveva chiesto le attenuanti generiche e soprattutto la scemata capacità di intendere e volere, cioè che Righetto non fosse in sé al momento del delitto; ma anche il ricorso della procura di Vicenza che sosteneva che vi fosse l’aggravante della crudeltà, che avrebbe alzato notevolmente la pena. Per la procura lagunare, le 34 coltellate erano state sferrate per uccidere la vittima, non per seviziarla.


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