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Javier Napoleon Pareja Gamboa, 52 anni, operaio edile. Già denunciato per violenze, uccide la moglie con una coltellata al cuore. Condannato a 16 anni perchè lei lo aveva “illuso e disilluso”

Genova, 7 Aprile 2018


Titoli & Articoli

Genova, Angela Jenny Reyes Coello trovata morta in casa. Si cerca il marito: lo aveva già denunciato (Leggo – 9 aprile 2018)
Omicidio a Genova dove una donna di 46 anni di origini sudamericane, Angela Jenny Reyes Coello, è stata trovata morta nella sua casa in via Fillak. I carabinieri stanno cercando il marito. Secondo le prime informazioni, a lanciare l’allarme è stata la mamma della donna che non riusciva a mettersi in contatto con lei. La vittima è stata trovata riversa sul divano con una ferita provocata da un’arma da taglio. La porta di casa era chiusa e nell’appartamento sarebbero state trovate tracce di sangue. A quanto risulta, l’uomo era arrivato a Genova dall’Ecuador da alcuni giorni. Era stata la stessa donna ad andarlo a prendere al suo arrivo. Angela Jenny Reyes Coello, la donna uccisa a Genova, aveva denunciato il marito nel 2004 per maltrattamenti.
I due avevano poi vissuto ancora insieme tra alti e bassi. Otto mesi fa, il marito era tornato in Ecuador perché i rapporti erano diventati di nuovo tesi.
L’uomo, 52 anni, era tornato ieri dal Sudamerica. Era arrivato intorno alle 13 a Milano e la vittima era andato a prenderlo all’aeroporto del capoluogo lombardo per portarlo a Genova. Secondo una prima ricostruzione, arrivati in casa i due avrebbero iniziato a litigare davanti alla coinquilina della Coello che nel pomeriggio (e non di notte come appreso in un primo momento) avrebbe lasciato la casa proprio per la lite tra marito e moglie. L’uomo non avrebbe nemmeno disfatto le valigie che sono state trovate nell’appartamento. In queste ore i carabinieri stanno interrogando il fratello del marito della vittima, che vive a Genova, e la coinquilina per ricostruire con esattezza gli ultimi momenti di vita della Coello.

Delitto di via Fillak, il marito resta in carcere: «Mi tradiva, ho perso la testa» (Genova Today – 13 aprile 2018)
Javier Napoleon Pareja Gamboa ribadisce davanti al gip la confessione resa al pubblico ministero: avrebbe ucciso Angela Jenny Coello in un raptus di gelosia
Resta in carcere Javier Napoleon Pareja Gamboa, l’operaio edile di 52 anni arrestato lunedì notte per l’omicidio di Angela Jenny Coello Reyes, avvenuto lo scorso 7 aprile nel suo appartamento di via Fillak, nel ponente genovese. Interrogato dal gip Massimo Cusatti, Gamboa ha confermato la confessione resa al momento dell’arresto e poi nuovamente davanti al pm: «Ho ucciso Angela perché mi tradiva – si è giustificato – Ero tornato dall’Ecuador per stare con lei, ma sabato sera il suo amante l’ha chiamata e abbiamo iniziato a litigare».
Un litigio via via più violento, culminato con l’aggressione: Gamboa afferra un coltello da cucina, colpisce Angela, poi la copre con un piumino, corre a lavarsi, si cambia gli abiti sporchi di sangue e fugge dall’appartamento lasciando il corpo sul divano dove pochi minuti prima stavano guardando insieme la televisione.
Nel cammino si libera del coltello, si dirige verso Voltri (dove è stato trovato lunedì notte in stato confusionale) e prova a fare delle telefonate, ma si accorge di avere preso per sbaglio il telefono della moglie, uguale al suo ma bloccato da una password. Lo smartphone è uno degli oggetti che i carabinieri stanno cercando di ritrovare, soprattutto alla luce delle dichiarazioni di Gamboa, che sostiene di avere ricevuto fotografie e video che ritraggono la Coello in compagnia dell’amante, inviate proprio da lui «per umiliarmi», come ha spiegato il 52enne al gip.
I familiari di Angela hanno respinto con forza quanto sostenuto da Gamboa, definendolo un tentativo di alleggerire la sua posizione e giustificare il delitto. Resta il fatto che in passato l’uomo era già stato violento con la moglie, picchiandola e in un’occasione ferendola con un coltello. La coppia si era lasciata più volte, ma recentemente era stata Angela a chiedere al marito di rientrare dall’Ecuador per fare un altro tentativo. L’autopsia, effettuata mercoledì, ha confermato che a ucciderla, tra le 22 e le 22.30 di sabato, è stata una coltellata al cuore.

Genova: uccise la moglie, dimezzata la pena. La giudice: «Lei lo aveva deluso» (Corriere della Sera – 13 marzo 2019)
Il pm aveva chiesto una pena di 30 anni per un uomo che aveva ucciso la compagna dopo aver scoperto che non aveva mantenuto la promessa di lasciare l’amante
Disperato, sconvolto dalla rabbia, ma soprattutto «illuso e disilluso» dai tradimenti e dalle riappacificazioni con la moglie, così il cinquantenne Javier Napoleon Pareja Gamboa ha finito per uccidere Angela Coello Reyes, per tutti Jenny. L’ha colpita con una coltellata al petto al culmine di una lite nell’aprile dello scorso anno, a Genova, ed è stato condannato a 16 anni di carcere con rito abbreviato il 6 dicembre, ma solo in questi giorni in cui scadono i termini per i ricorsi e la sentenza diventerà definitiva si torna a parlare del femminicidio.
A destare discussione sono le motivazioni con cui il giudice Silvia Carpanini ha condannato l’uomo «quasi al minimo della pena possibile» come sottolinea l’avvocato difensore di Gamboa, Patrizia Franco, ovvero sedici anni contro i 30 richiesti dall’accusa. «Questa sentenza ha riesumato il delitto d’onore» commenta amaramente il legale della madre, del fratello e del figlio di Jenny, Giuseppe Maria Gallo. «No — replica Franco — il delitto d’onore non c’entra nulla. Il mio assistito è un poveretto, distrutto dal dolore, in carcere è arrivato a pesare si e no quaranta chili e la sua vita è finita al di là dei sedici anni di carcere. Non è solo pentito, è disperato. Le sentenze vanno contestualizzate».
Appello impossibile. È una storia quasi tutta al femminile, vittima, pubblico ministero, giudice, avvocato difensore dell’omicida, tutte donne: «Forse — dice l’avvocato Gallo — alcune di queste donne hanno voluto dimostrare una più alta imparzialità, non lo so, ma è un’ipotesi che mi è sorta in mente perché proprio non capisco. A Gamboa sono state concesse le attenuanti generiche per quella stessa “tempesta emotiva” che è stata citata dalla sentenza della Corte d’Appello di Bologna. Ma tutti i delitti passionali hanno una componente emotiva. In questo modo si apre una sorta di terra di nessuno giuridica». Così, dice l’avvocato, «si abbassa l’asticella per chi può pensare di “cavarsela” con pene relativamente miti per questi omicidi». Sono motivazioni simili, quella di Genova e quella di Bologna con cui pochi giorni fa Michele Castaldo è stato condannato a 16 anni per aver ucciso la ex moglie Olga Matei, pena ridotta perché all’uomo sono state riconosciute le attenuanti generiche a causa del suo stato emotivo.
«Umanamente non incomprensibile». Nella sentenza di Genova si legge che Gamboa era mosso «da un misto di rabbia e disperazione, profonda delusione e risentimento; ha agito sotto la spinta di uno stato d’animo molto intenso, non pretestuoso, né umanamente del tutto incomprensibile». La moglie gli aveva detto di aver lasciato l’amante Luis ma, come ha scritto il giudice, Jenny «non era in grado di lasciarlo»; di conseguenza si comportava con il marito in modo contradditorio «prima dichiarando grande amore poi con disprezzo». Gli diceva «sei vecchio, mi fai schifo». Quindi «l’uomo non ha agito sotto la spinta della gelosia ma come reazione al comportamento della donna, del tutto incoerente e contradditorio, che l’ha illuso e disilluso allo stesso tempo». Così il giudice ha accolto la tesi dell’avvocato difensore: «Il contesto in cui il gesto si colloca — è scritto nella sentenza — vale a connotare l’azione, in un’ipotetica scala di gravità, su un gradino più basso rispetto ad altre». E nel giudizio si dà pieno valore alla ricostruzione dell’omicidio fatta dall’uomo che ha raccontato come la moglie l’avesse «provocato» e «istigato» a colpirla dicendogli che non ne avrebbe avuto il coraggio perché «non era un uomo». È a questo punto che Gamboa l’ha uccisa con un coltello da cucina, poi le ha coperto il volto con la sua giacca ed è fuggito. È stato arrestato dopo tre giorni.

Delitto di via Fillak, pena dimezzata per il marito. Il giudice: «Lei lo illuse» (Genova Today – 13 marzo 2019)
Diffuse le motivazioni della sentenza che condanna Javier Napoleon Pareja Gamboa a 16 anni di carcere per l’omicidio di Jenny Angela Coello Reyes
Sono state diffuse le motivazioni della condanna a 16 anni di carcere – la metà rispetto a quanto chiesto dal pubblico ministero – per Javier Napoleon Pareja Gamboa, l’operaio ecuadoriano di 52 anni che nell’aprile del 2018 uccise la moglie Jenny Angela Coello Reyes al culmine di una lite scoppiata per motivi di gelosia.
La sentenza integrale è stata depositata nei giorni scorsi, un documento in cui il giudice, pur sottolineando la gravità del delitto, ha concesso a Gamboa le attenuanti generiche riferendosi a un «misto di rabbia e di disperazione, profonda delusione e risentimento» che avrebbero spinto il 52enne a colpire ripetutamente al petto con un coltello la moglie Angela. Il giudice ha fatto riferimento al comportamento della donna: «Non ha agito sotto la spinta di un moto di gelosia fine a sé stesso – recita la sentenza – per l’incapacità di accettare che la moglie potesse preferirgli un altro uomo, ma come reazione al comportamento della donna, del tutto incoerente e contraddittorio, che l’ha illuso e disilluso nello stesso tempo».
Gamboa aveva chiesto e ottenuto di essere giudicato con rito abbreviato: il processo si chiude dunque qui, con una condanna a 16 anni che impedisce ai parenti di “Nena” – mamma, figlio e fratello – di ricorrere in appello: «Non nascondiamo che per la famiglia è una grande tristezza, ottenere una condanna a 30 anni sarebbe stato esemplare – aveva detto l’avvocato Giuseppe Gallo, che ha assistito nel procedimentole parti civili – D’altro canto, il risultato è talmente eclatante che neppure l’imputato ha deciso di proporre appello contro la sentenza».

Giuseppe Conte: «Nessuna reazione emotiva giustifica un femminicidio» (Corriere della Sera – 14 marzo 2019)
Il premier è intervenuto su Facebook per commentare le recenti sentenze che a Genova e Bologna hanno attenuato la pena dell’assassino perché «disperato, in preda a una tempesta emotiva». «Nessun sentimento, pur intenso, attenua un femminicidio»
Non c’è tempesta emotiva o delusione d’amore che possa giustificare un atto come il femminicidio. Giuseppe Conte interviene su Facebook su recenti sentenze che a Genova e Bologna hanno colpito l’opinione pubblica, perché hanno portato a riduzioni di pena per gli autori dei delitti (il caso di Genova: «Uccise la moglie, dimezzata la pena. La giudice: «Lei lo aveva deluso»). «Dobbiamo chiarire, con forza, che nessuna reazione emotiva, nessun sentimento, pur intenso, può giustificare o attenuare la gravità di un femminicidio», commenta il presidente del Consiglio. «Le sentenze dei giudici si possono discutere. Anzi, in tutte le democrazie avanzate il dibattito pubblico si nutre anche di questa discussione. L’importante è il rispetto dei ruoli e, in particolare, la tutela dell’autonomia della magistratura», ha chiarito il premier, sottolineando che “negli ultimi giorni sui giornali abbiamo letto di sentenze per episodi di femminicidio nelle quali si è tirata in ballo una presunta reazione «emotiva» e la relativa intensità, ai fini di un’attenuazione della pena (qui il commento della giudice di Genova: «Lei lo illuse»).
Nel caso di Bologna, aggiunge, si è fatto riferimento a una «tempesta emotiva», a un sentimento «molto intenso, non pretestuoso, né umanamente del tutto incomprensibile. In realtà per cogliere appieno e criticare il significato di una sentenza occorrerebbe una specifica competenza tecnica. Ma vi è un aspetto di più ampia portata culturale, che riguarda il dibattito pubblico, e su cui la politica può e anzi deve legittimamente intervenire. Ed è in questa ultima prospettiva che dobbiamo chiarire, con forza, che nessuna reazione emotiva, nessun sentimento , pur intenso, può giustificare o attenuare la gravità di un femminicidio. La crescita e lo sviluppo della nostra società – prosegue Conte – deve muovere dal rispetto e dalla valorizzazione del “patrimonio femminile”: le donne, tutte le donne, sono una grande ricchezza, una preziosa risorsa che ci consentirà di costruire una società migliore. Dobbiamo maturare questa convinzione giorno per giorno, dobbiamo lavorare costantemente a questa rivoluzione culturale». (di Silvia Morosi)

 

Extra.ec – 16 marzo 2019


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In memoria di

«Ho paura che lui esca presto e venga a cercare me e mia figlia» (il Secolo XIX – 14 marzo 2019)
Aspetta in un turbine di emozioni contrastanti, Gregorio Napoleone Pareja Coello. Aspetta che siano trascorsi un mese e qualche giorno. È quanto lo separa da una nuova vita, quella di papà. «Mia figlia avrà 16 anni quando quell’uomo uscirà dal carcere. E ho paura che esca presto, che venga a cercare me e la mia famiglia per farci qualcosa». Gregorio Napoleone, 22 anni e quasi l’obbligo di essere più adulto di quanto non sia già, tecnico di ascensori, lo ha confidato allo zio. E lo aveva detto già alcuni mesi fa apertamente. Teme di ritrovarsi faccia a faccia con suo padre, Javier Napoleon Pareja Gamboa quando sarà scarcerato.
Non sa cosa farà quel genitore che ad aprile del 2018 aveva accoltellato a morte sua madre, Jenny Angela Coello Reyes. E gli fa paura, «quell’uomo», come lo chiama davanti ai suo familiari. La parola papà va preservata, per la piccola che la sua compagna da più di 7 mesi aspetta. E il secondo nome della figlia della coppia sarà Jenny, Jenny come la mamma di Gregorio Napoleone. Nello studio dell’avvocato Giuseppe Maria Gallo, con il quale si era costituito parte civile, il giovane ha rivolto un appello a tutti quei ragazzi che si trovano ad assistere ad abusi in famiglia: «Aiutate le vostre mamme se potete, convincetele a denunciare gli uomini violenti».
In questi mesi, tramite i suoi legali Patrizia Franco e Fiorenzo Celasco, suo padre gli ha chiesto di poterlo incontrare. Ma Gregorio Napoleone ha sempre rifiutato. Pareja Gamboa, di quei 16 anni ricevuti come pena per l’omicidio della moglie, ne ha già scontato quasi uno, in detenzione cautelare. Per la legge, se saranno rispettate determinate condizioni, come la buona condotta, potrà chiedere di accedere alla libertà anticipata. Con la possibilità, in sostanza, di trovarsi fuori dalla cella del carcere di Marassi fra circa 11 anni.
Nella casa di Sestri Levante, Monserrate Reyes Jenny, 62 anni e madre della vittima, ascolta «ogni giorno i vecchi messaggi audio che con Whatsapp Jenny le mandava. Era la sua fonte di allegria. Ha esposto foto di mia sorella ovunque». Lo racconta Alfredo Mariano Coello Reyes, il fratello di Jenny Angela: «Speravo in una pena esemplare, per far vedere ad altri uomini violenti che non devono più nemmeno provarci. In questi giorni ho visto altri casi in cui donne sono state aggredite. Forse pene più severe potrebbero mettere paura».