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Giuseppe Pellicanò, 42 anni, pubblicitario, padre. Manomette i tubi del gas e causa un’esplosione in cui muore sua moglie e rimangono ustionate le due figlie piccole, oltre ad una coppia che rimane uccisa nell’appartamento attiguo (strage di via Brioschi a Milano). Condannato all’ergastolo poi ridotto a 30 anni

Milano, 12 Giugno 2016

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Titoli & Articoli

Uccise ex compagna e vicini Milano, Pellicanò condannato all’ergastolo per esplosione palazzina in zona Navigli (Rai News – 19 giugno 2017)
Provocò un’esplosione nella palazzina di via Brioschi a Milano nel giugno 2016 uccidendo la sua ex compagna Micaela Masella, la coppia di vicini di casa marchigiani, Chiara Magnamassa e Riccardo Maglianesi, e ferendo gravemente le sue due bimbe.
E’ stato condannato all’ergastolo Giuseppe Pellicanò, il pubblicitario arrestato per aver svitato il tubo del gas della cucina del suo appartamento provocando un’esplosione nella palazzina di via Brioschi a Milano nel giugno 2016 e uccidendo la sua ex compagna Micaela Masella, la coppia di vicini di casa marchigiani, Chiara Magnamassa e Riccardo Maglianesi, e ferendo gravemente le sue due bimbe. Lo ha deciso il gup Chiara Valori nel processo abbreviato. Pellicanò, presente in aula al momento della lettura del verdetto, è rimasto impassibile. 
Con la sentenza con cui e’ stato condannato all’ergastolo Giuseppe Pellicanò è stato anche dichiarato decaduto dalla potesta’ genitoriale sulle due bambine che rimasero ferite gravemente a causa dello scoppio. Un decadenza che avra’ effetto dal momento in cui la condanna diventera’ definitiva. Lo ha deciso il gup di Milano che non ha riconosciuto alcun vizio parziale di mente all’imputato, come richiesto dal pm Elio Ramondini. L’unico sconto è stato quello del rito abbreviato sull’isolamento diurno.
Il vizio parziale era stato indicato in una perizia psichiatrica che evidenziava la depressione di cui soffriva l’uomo. Il gup ha escluso solo l’aggravante dei futili motivi confermando i reati di strage e devastazione. Disposta la liberta’ vigilata per cinque anni dopo che sara’ stata scontata la pena. 
La tragedia: 3 morti per “rabbia da separazione” E’ domenica mattina presto, il 12 giugno 2016, quando un’esplosione squarcia la tranquillità di un quartiere periferico di Milano. Parte di una palazzina crolla in via Brioschi, zona a sud del capoluogo lombardo a pochi metri dall’ingresso dell’autostrada per Genova, seppellendo sotto le macerie i condomini, quasi tutti ancora a letto. Immediato l’intervento delle squadre di soccorso: ambulanze, Vigili del Fuoco, unità cinofile. Alla fine si conteranno 3 morti e 3 feriti.
Subito si pensa a una fuga di gas: un incidente o un suicidio trasformatosi in una strage. Dopo qualche giorno d’indagini pero’ la realta’ viene a galla: tradito anche da una ‘prova generale’ di distacco del tubo del gas effettuata qualche giorno prima dell’esplosione, come autore della strage viene individuato Giuseppe Pellicanò, pubblicitario di 51 anni, ex compagno di Michaela Masella (erano separati ma vivevano ancora nella stessa casa), una delle vittime e padre di due bimbe di 7 e 11 anni rimaste gravemente ustionate. Gli altri due morti erano stati una coppia di fidanzati di origine marchigiana, che vivevano nell’appartamento vicino, Riccardo Maglianesi e Chiara Magnamassa.
La Polizia scientifica ha infatti appurato senza ombra di dubbio che “parti dell’impianto del gas” erano state manomesse “volontariamente”. Quando viene dimesso dall’ospedale Pellicano’, il 1 luglio, viene quindi arrestato con l’accusa di strage. Secondo i Pm Nunzia Gatto ed Elio Ramondini, l’uomo covava “rabbia per la separazione”. Secondo i magistrati, solo lui poteva aver manomesso l’impianto, certo non i figli ne’ l’ex compagna “che coltivava un chiaro progetto di vita col nuovo fidanzato” col quale sarebbe andata a vivere di li’ a poco e al quale, la sera prima di morire, aveva mandato degli sms. Pellicano’ invece era in cura psichiatrica da tempo. Per gli investigatori “voleva uccidere la moglie e le due figlie”. 

Esplosione a Milano, ridotta la pena in appello a Giuseppe Pellicanò per la strage di via Brioschi: 30 anni di carcere (il Fatto Quotidiano – 17 ottobre 2018)
È stata ridotta in appello la pena per Giuseppe Pellicanò, il pubblicitario accusato di strage e devastazione per aver causato l’esplosione del suo appartamento in un palazzo di via Brioschi, a Milano, nel giugno 2016. La Corte d’Assise d’appello di Milano lo ha condannato a 30 anni di carcere, ritoccando l’ergastolo inflitto in primo grado. Nell’esplosione morirono la sua ex compagna Micaela Masella e una coppia di giovani vicini di casa marchigiani, Chiara Magnamassa e Riccardo Maglianesi, e rimasero ferite gravemente le sue due bimbe. “Noi siamo già stati condannati all’ergastolo da Pellicanò, allergastolo del dolore. Il dolore è stato l’unico protagonista di questa giornata. A noi la sentenza di oggi non cambia nulla. La giustizia ha fatto il suo corso”, ha commentato la mamma di Maglianesi.
Il sostituto procuratore generale Daniela Meliota aveva chiesto la conferma dell’ergastolo. “Il suo stato era quello di chi ha ucciso per rabbia, rancore, gelosia e per essere stato offeso nel suo orgoglio maschile“, aveva detto nel corso della requisitoria. Pellicanò, prima che il pg chiedesse per lui di nuovo il carcere a vita ritenendo non avesse alcuna “sindrome depressiva” e che non fosse nemmeno semi-infermo, ha preso la parola per leggere una lettera ai familiari delle vittime, pure loro in aula, per dire, questo il senso, che per lui la vera ‘pena’ è essere lì a guardare in faccia la realtà e tutti coloro a cui ha fatto del male.
Il suo difensore Alessandra Silvestri aveva ribadito invece di dichiarare l’infermità mentale del suo assistito e la concessione delle attenuanti generiche con la speranza che in futuro l’uomo possa riallacciare i rapporti con le figlie.
Come la procura generale pure i legali dei parenti delle vittime hanno chiesto ai giudici di confermare la sentenza del giugno dell’anno scorso, sostenendo, al contrario della consulenza tecnica di parte, che la personalità del pubblicitario milanese “narcisistica ed ossessiva”, la sua “rabbia” e il non essere riuscito ad accettare “la fine del rapporto con la compagna” e il “fallimento” di quello con le figlie “non escludano la sua capacità di intendere e volere“.
Non ha sopportato le sue frustrazioni e ha messo in atto una logica – ha sottolineato Antonella Calcaterra, l’avvocato delle bimbe ora seguite dai nonni materni e dalla zia – del ‘o con me o tutti morti’” e quindi “non si è suicidato ma ha fatto una strage”. “Queste bambine – ha aggiunto – non hanno più un ricordo, nemmeno una foto della mamma su cui piangere”. I legali di parte civile hanno anche evidenziato come Pellicanò, in alcune intercettazioni che risalgono al suo ricovero in ospedale dopo la strage, diceva a un’amica che “la sua depressione era minima e che non voleva suicidarsi”.

 

Esplosione di via Brioschi, l’assassino: “Assolvetemi” (Il Giorno – 30 luglio 2019)
Giuseppe Pellicanò fa ricorso in Cassazione per l’annullamento della condanna a 30 anni.
Giuseppe Pellicanò, il pubblicitario di 53 anni, ritenuto colpevole dellastrage di via Brioschi in cui morirono la moglie Micaela Masella e i giovani vicini di casa Chiara Magnamassa e Riccardo Maglianesi, fa ricorso alla Corte di cassazione. Non accetta il carcere e punta all’annullamento della sentenza di condanna per incapacità di intendere e volere.
Lo scorso ottobre la Corte d’assise d’appello gli aveva già ridotto la pena all’ergastolo inflittagli in primo grado a trent’anni.
Ora Pellicanò presenta attraverso il difensore, l’avvocato Alessandra Silvestri, appello contro l’ultima sentenza. L’istanza di 55 pagine insiste sulla condizione di incapacità di intendere e volere di Pellicanò al momento del gesto, finora mai riconosciuta dai giudici. La difesa contesta in più punti la decisione del gup, e poi della Corte, di non tenere conto della perizia psichiatrica degli esperti incaricati dal primo. Secondo cui l’imputato era affetto da una «depressione maggiore» che avrebbe fortemente determinato le sue azioni.
Nel giudicare la natura e la gravità dei disturbi mentali dell’ex pubblicitario la Corte d’assise d’appello avrebbe commesso «marchiani errori scientifici», ritiene la difesa, in contraddizione appunto con le diagnosi effettuate da diversi medici che hanno esaminato l’imputato. L’infermità è l’elemento che sta alla base della tesi difensiva. Insieme a quella che viene definita una «cementata volontà suicida» di Pellicanò.
Nell’istanza presentata dall’avvocato Silvestri si citano «molteplici casi analoghi di omicidio-suicidio congiuntamente alla famiglia» che sono stati «ricondotti a disturbi depressivi spesso parzialmente silenti, poi esplosi in un ultimo, grandioso, gesto nell’espressione del delirio da rovina». Il «delirante rimedio» di morire con i propri cari sarebbe quindi un «classico» in tali circostanze, nella «volontà di risparmiare ai congiunti una sofferenza analoga a quella che affligge l’omicida-aspirante suicida».
«In tutte queste vicende – si sottolinea – la prostrazione psichica dell’imputato è sempre stata riconosciuta». Nel caso di Pellicanò le cause principali che lo hanno portato a meditare la strage sarebbero state, oltre alla sua fragilità strutturale, la decisione della moglie di lasciarlo e di andare a vivere con un altro uomo, e ancora i problemi di salute della figlia minore, affetta da una grave forma di autismo.
La difesa  contesta infine l’imputazione del reato di strage: «Non sarebbe stata questa la finalità del 53enne, che al contrario voleva “solo” uccidere sé stesso e la propria famiglia». Dal carcere Pellicanò ha riferito ai legali di sentirsi «molto in colpa» per ciò che ha fatto e ha ribadito la volontà di «cedere alla due figlie la sua quota della casa di via Brioschi». Quello che resta, cioè nulla perché è stata sventrata dall’esplosione. Ammesso poi che sia un gesto di generosità lasciare alle figlie anche solo il ricordo del luogo che ha ditrutto le loro vite. L’udienza della Cassazione è fissata per il 3 dicembre.

Via Brioschi, fece esplodere la casa e uccise l’ex moglie e due vicini: la condanna è definitiva (Milano Today – 4 dicembre 2019)
La Cassazione ha confermato la condanna a 30 anni di reclusione
E’ definitiva la condanna a 30 anni di reclusione per Giuseppe Pellicanò, 54 anni, che la mattina di domenica 12 giugno 2016 fece esplodere l’appartamento in cui viveva in via Brioschi al civico 65 provocando la morte di tre persone: l’ex compagna Micaela Masella e i 27enni Chiara Magnamassa e Riccardo Miglianesi, fidanzati tra loro e vicini di casa, nonché il ferimento delle figlie di Pellicanò e dell’ex compagna.
L’uomo, qualche giorno dopo la strage, aveva ammesso di avere svitato il tubo del gas della cucina: un gesto dunque volontario, per il quale Pellicanò è andato a processo per strage e devastazione, con la condanna all’ergastolo in primo piano, ridotta poi a 30 anni in appello e confermata, il 3 dicembre 2019, dalla Cassazione.
Avevano presentato ricorso in terzo grado la procura generale di Milano, che contestava la riduzione della pena, e per motivi opposti gli avvocati dell’imputato. La Cassazione, confermando la sentenza d’appello, ha respinto entrambi i ricorsi. La svolta nelle indagini si era avuta con accertamenti tecnici sulla fuga di gas, da cui era risultato evidente che si fosse trattato di un gesto provocato. Pellicanò era statto quindi iscritto nel registro degli indagati e poi portato in carcere. Pellicanò non aveva accettato che l’ex compagna intendesse trasferirsi a vivere insieme al nuovo fidanzato, la cui automobile era stata trovata vandalizzata due giorni prima della strage


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