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Giuseppe Pegoraro, 26 anni, disoccupato, pregiudicato per violenza carnale. Uccide a coltellate una ragazza che lo respinge e fugge

Brendola (Vicenza), 27 Novembre 1988


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‘DEVI FIDANZARTI CON ME’ LEI DICE NO, LUI L’ ACCOLTELLA (la Repubblica – 27 novembre 1988)
Un no, gentile ma deciso: per questo è morta Cristina, vent’ anni. Accoltellata davanti alla porta di casa, praticamente sotto gli occhi del padre, dal ragazzo che fino a quel momento aveva parlato con lei. Uno, due, quattro fendenti che le hanno squarciato il torace e l’ addome, hanno spento subito le sue urla disperate: è caduta sulla ghiaia rantolando e finendo di vivere tra le braccia dei genitori che si erano precipitati a soccorrerla.
E mentre Cristina moriva, senza coscienza e senza senso, quel ragazzo fuggiva. Lo conosceva bene lei, lo conoscevano tutti, anche i carabinieri: Giuseppe Pegoraro, 26 anni, è scappato subito dopo, lo cercano dall’ altra sera ma non riescono a trovarlo.
Un movente assurdo E’ difficile capire il movente del delitto e l’ assurdità di questa morte colpisce come un pugno. Sfugge qualsiasi forma di logica, fosse anche quella criminale. Cristina Panarotto non aveva nulla di diverso dalle sue coetanee. Vent’ anni spesi a studiare, a vivere in armonia con i genitori e i due fratelli, a divertirsi con gli altri ragazzi. In più, la capacità di capire, di ascoltare gli altri: Una giovane splendida e buona, il ritratto esce dalla bocca dei vicini, è sempre quello, non c’ è un’ ombra, un appiglio per una spiegazione diversa dall’ assurdità.
Abitava a Brendola, in una di quelle villette che sono lo specchio del benessere raggiunto dalla piccola borghesia. Il padre lavora ad un casello dell’ autostrada, la madre è casalinga, il fratello maggiore sta per laurearsi in architettura, la sorellina è in quinta elementare. Lei, Cristina, era iscritta al primo anno di lingue a Verona.
Anche quello dell’ assassino è un ritratto tipico, ma sul versante opposto. Ventisei anni spesi senza riuscire a concludere grandi cose. Lavora saltuariamente, in questo periodo è disoccupato. Nel suo carattere affiorano disadattamento, litigiosità, forse turbe psichiche. Pegoraro è qualcosa di più di un balordo, se quattro anni fa si mette nei pasticci per una squallida storia di violenza carnale. E’ conosciuto come tossicodipendente, scatti di violenza e depressione si alternano: tenta per due o tre volte il suicidio tagliandosi le vene dei polsi. Qualcuno si ricorda di averlo visto a Canale 5, ospite di Cercasi persona: dalla tivù aveva lanciato un appello, condito di lacrime, ad una fidanzata che l’ aveva lasciato. E che certo non poteva essere Cristina.
Pegoraro viene da una famiglia divisa: suo padre, che lavora in conceria, se ne va a stare da solo, la madre è ammalata, è dura tirare avanti anche per gli altri quattro fratelli. Pegoraro abita a Lonigo, a dieci chilometri da Brendola. Conosce Cristina, le fa la corte, o meglio, come dicono centrando il suo carattere, le mette gli occhi sopra. Lei non vuole saperne, probabilmente anche alla famiglia non piace quel ragazzo così diverso dalla figlia. Ma Cristina è gentile nel suo rifiuto, vuole convincerlo con le buone, i suoi rifiuti non le impediscono di ascoltare.
Venerdì pomeriggio alle cinque Pegoraro si presenta alla porta di casa Panarotto, suona con insistenza. Risponde il padre e spiega che Cristina sta studiando, che è meglio lasciarla tranquilla. Ma il ragazzo non desiste, si attacca di nuovo al campanello chiedendo che la ragazza scenda. Un colloquio tranquillo Alla fine gli viene aperto, lo fanno entrare e parlare con Cristina. Un colloquio lungo, ma tranquillo: nessuno sente voci alterate. Ma quasi sicuramente è la spiegazione definitiva, l’ ultimo irreversibile no della ragazza. Pegoraro se ne va verso le 20,30, il padre offre a Cristina di accompagnare il ragazzo fino al cancello. Me la cavo da sola, risponde la figlia. Non ci riesce, contro l’ imprevedibile non ci riesce.
Alla fine del vialetto di ingresso, davanti al cancello, il giovane estrae dal giubbotto un coltello e colpisce, senza dire una parola. Papà, papà riesce ad urlare Cristina: i genitori si precipitano fuori, Cristina si accascia ormai incosciente tra le braccia di sua madre. Il ragazzo scappa sulla sua 127, mentre Cristina muore sulla macchina verso l’ ospedale. E’ stata colpita da quattro coltellate, quella mortale le ha devastato l’ addome.
I carabinieri si mettono in caccia dell’ assassino, ascoltano testimoni, riescono a ricostruire la notte di Pegoraro-assassino. Prima va in una discoteca, trova un’ amica, si fa accompagnare fino a Verona, le racconta di aver ferito una ragazza, e lei cerca di convincerlo a costituirsi. Passano davanti alla caserma dei carabinieri di Lonigo, ma Pegoraro non vuole, passano davanti a casa sua, ma lui non scende. Lo stanno ancora cercando, hanno solo trovato, in un fossato lungo la strada, il coltello che ha ucciso Cristina. Ma non si tratta solo di catturare un latitante. Si tratta di capire e prevenire una forma di delinquenza che di nuovo colpisce le donne, le ragazze, le giovanissime. Il 6 novembre a San Stino di Livenza è stata uccisa Arianna Vico, 17 anni: si era rifiutata di fare l’ amore con il suo ex fidanzato, Igor Maronese. Dopo averla strangolata, lui l’ ha violentata. Ed un anno fa una ragazzina di Chioggia, Jessica Nordio, venne strangolata per lo stesso motivo dal suo compagno. Che seppellì il suo corpo e riuscì a non confessare il delitto per una settimana.


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