Giulio Simsig, 48 anni, gruista. Uccide a coltellate l’ex convivente. Condannato a 18 anni in primo grado, ridotti a 16 in appello, si impicca in carcere
Padriciano (Trieste), 11 Settembre 2011
Titoli & Articoli
«La tradivo, aveva scoperto le e-mail» (il Piccolo – 14 settembre 2011)
Giulio Simsig ha spiegato davanti al gip perché era finito il rapporto con Tiziana Rupena. Contestato l’omicidio volontario
«Tiziana aveva scoperto delle e-mail che avevo inviato ad alcune donne con richieste di incontri a scopo sessuale che però non avevano avuto alcun seguito. La questione si era ricomposta perché le avevo promesso che le sarei stato fedele. Ma le infedeltà da parte mia non sono consistite solo con le e-mail perché nei sette anni di convivenza mi è capitato di avere rapporti sessuali sporadici anche con altre ma Tiziana non ne è mai stata a conoscenza».
Storie con altre donne, tradimenti. Ne ha parlato ieri mattina – senza reticenze – Giulio Simsig, 50 anni, il gruista che ha ucciso domenica nella casa di Padriciano la ex convivente Tiziana Rupena. E ha ripetuto la sua verità su quanto accaduto nella villetta di Padriciano. Lo ha fatto in una saletta del carcere in occasione dell’interrogatorio di garanzia davanti al gip Guido Patriarchi che al termine ha disposto con un’ordinanza la custodia cautelare per omicidio volontario. Era presente il suo difensore, l’avvocato Pietro Volpe.
Simsig ha più volte ripetuto: «Non sono un violento». Poi ha aggiunto: «Non avevo premeditato l’aggressione a Tiziana. Non volevo ammazzarla. Il coltello con cui l’ho uccisa domenica mattina lo portavo abitualmente con me per lavoro. E’ un temperino e ne possiedo altri a casa. La scala con cui sono salito fino al balcone era sul posto e il cancello era aperto quando solo arrivato a Padriciano nella casa ella madre di Tiziana. Ripeto, volevo suicidarmi. Volevo impiccarmi al balcone. Come aveva fatto il padre di Tiziana dopo essere stato lasciato da sua moglie. E volevo che Tiziana vedesse penzolare».
Ma Giulio Simsig ha parlato anche dell’incontro avuto nel pomeriggio di sabato 10 con Tiziana, il giorno prima dell’omicidio. Un incontro che doveva servire per chiarire la situazione e definiore i particolari della separazione. «Abbiamo discusso oltre che della questione del cane che volevo comunque poter vedere dopo la nostra separazione, anche della restituzione di alcuni oggetti di mia proprietà che avrei dovuto ritirare nell’appartamento, ma anche di una modesta somma di denaro che Tiziana mi avrebbe dovuto versare per pagare l’affitto di un appartamento dove sarei dovuto andare a vivere dopo la separazione. Aggiungo però che l’ho aiutata in maniera costante pagando alcune pendenze fiscali e comprandole mobili e oggetti di arredamento».
Un punto focale dell’interrogatorio sono stati i rapporti difficili con le figlie della vittima. «Le ragazze si comportavano male. Una volta una ragazza non era andata a scuola per incontrare una persona che aveva conosciuto via internet. La sera quando è tornata l’ho sgridata e lei mi ha risposto che lo aveva già fatto in un’altra occasione e che era andata a letto con quella persona. Ero rimasto esterrefatto e Tiziana aveva in un certo senso anche giustificato il comportamento della figlia. Un’altra volta le ho dato uno spintone perché si stava avvicinando a me in modo minaccioso».
Il pm Bacer ha verificato anche un’altra questione, quella dell’alcol. «Tiziana – ha risposto Simsig – mi accusava di bere troppo, ma per la verità anche a lei capitava di abusare. Per ricomporre i nostri contrasti siamo andati più volte da un consulente di coppia, ma Tiziana drammatizzava tutto quando mi capitava di bere e reagiva sempre in maniera esasperata».
«Simsig ha venduto gli anelli della Rupena prima dell’omicidio» (il Piccolo – 1 ottobre 2011)
Secondo l’accusa e l’avvocato di parte civile, questo dimostra che il gruista non voleva suicidarsi
Assassino e anche ladro. Giulio Simsig, il gruista della Fincantieri che ha ucciso l’11 settembre scorso l’ex convivente Tiziana Rupena, ha venduto tre anelli della donna un paio di giorni prima di accoltellarla mortalmente. Li ha prelevati il 9 o il 10 settembre da un cassetto dell’abitazione di via Patrizio dove era entrato sei anni prima, quando era iniziata la relazione con Tiziana Rupena. Se li è messi in tasca e li ha fatti stimare in uno dei tanti “banchi” che acquistano oro dai privati e lo pagano in contanti. Giulio Simsig ne ha ricavato poco più di duecento euro che si è messo in tasca.
L’episodio è emerso ieri a sorpresa, quasi in concomitanza con la fissazione della data in cui si riunirà il Tribunale dal riesame per discutere l’istanza del difensore del gruista. L’udienza è fissata per martedì e l’avvocato Pietro Volpe ritiene che a Giulio Simsig possano essere concessi per lo meno gli arresti domiciliari. Non c’è pericolo di fuga né di inquinamento delle prove. Dopo aver ucciso l’ex convivente, il gruista non è infatti scappato; anzi si è consegnato ai carabinieri e ha ammesso la propria responsabilità. «Volevo impiccarmi al terrazzo della villetta di Padriciano dove si era stabilita la mia ex convivente. Io l’amavo, non riuscivo a vivere senza di lei. Invece sono stato preda di un raptus e l’ho uccisa».
Secondo l’ordinanza del presidente aggiunto del Gip Guido Patriarchi, Giulio Simsig deve restare in carcere perché potrebbe reiterare il reato. In sintesi – secondo il magistrato – le due figlie della donna uccisa potrebbero essere a rischio, visti anche i difficili e conflittuali rapporti tra loro e il compagno della madre. Da tempo La tensione era alta, percepibile: secondo Simsig le due ragazze avrebbero avvelenato i rapporti della coppia.
Il “prelievo” dei tre anellini e la loro vendita ora si infrangono rumorosamente su tutta la vicenda. Per il difensore questo nuovo fatto dimostra solo che Giulio Simsig aveva assoluta necessità di denaro. Al contrario l’avvocato Luca Maria Ferrucci, legale dei familiari della donna uccisa, punta l’indice accusatore. «Se aveva, come dice, già deciso di uccidersi, perché allora si è messo alla ricerca di denaro e non ha esitato a impadronirsi di tre oggetti d’oro che non erano suoi ma della ex convivente? Il furto degli anelli, al contrario, prova che Simsig voleva scappare dopo aver commesso l’omicidio e cercava in ogni modo di procurarsi il denaro necessario alla gestione della fuga».
L’avvocato Luca Maria Ferrucci ha intanto agito nell’interesse della madre e delle figlie della vittima in sede civile. Ha chiesto al Tribunale di congelare quanto Giulio Simsig possiede: l’indennità di fine rapporto c di dipendente della Fincantieri, lo scooter con cui domenica 11 settembre era salito a Padriciano ed era entrato di soppiatto nella villetta di proprietà di Adriana Tortul, madre di Tiziana Rupena. Giulio Simsig aveva superato il cancello, era entrato a piedi nel giardino, aveva prelevato una scala a pioli ed era salito sul terrazzo del primo piano. Aveva infranto il cristallo di una porta-finestra, aveva allontanato Adriana Tortul e si era avventato col coltello sulla ex convivente. Quattro colpi al collo, uno al torace e un altro alla schiena. Tiziana Rupena era morta quasi subito, dissanguata.
Delitto Rupena, 18 anni a Simsig (il Piccolo – 23 dicembre 2012)
Aveva ucciso a coltellate l’ex convivente. Non riconosciute le aggravanti, il risarcimento in sede civile
Diciotto anni di carcere. È questa la pena inflitta ieri a Giulio Simsig, l’ex gruista di 48 anni che l’11 settembre dello scorso anno uccise a coltellate la sua ex convivente Tiziana Rupena nella villetta di Padriciano di proprietà della madre di lei e dove la donna si era trasferita qualche giorno prima. Il giudice Laura Barresi ha condannato l’uomo per l’omicidio (e anche per il reato minore di violazione di domicilio) senza riconoscere le aggravanti contestate dall’accusa né le attenuanti generiche su cui puntava la difesa. Il pm Cristina Bacer aveva chiesto per Simsig il massimo della pena – 30 anni con il rito abbreviato per il tipo di reato in questione – contestandogli anche la doppia aggravante della premeditazione e dei futili e abbietti motivi. Il giudice Barresi non le ha invece riconosciute. E, nel contempo, non ha riconosciuto all’imputato le attenuanti generiche, sulle quali la difesa di Simsig – composta dagli avvocati Sergio Mameli e Pietro Volpe – aveva puntato, sottolineando come l’uomo avesse confessato immediatamente l’omicidio, si fosse «subito pentito» e risultasse incensurato.
Inoltre i difensori avevano sempre spinto su un altro punto: a loro avviso, infatti, nella villetta di Padriciano nel settembre del 2011 si era consumato un delitto d’impeto, frutto di un raptus. Su questi punti, gli avvocati, uscendo dal tribunale a sentenza letta dal giudice, hanno già dichiarato che continueranno a insistere in sede di appello. Opposta, l’impostazione della pubblica accusa, per la quale l’azione dell’ex gruista della Fincantieri, innescata secondo il pubblico ministero Cristina Bacer dalla volontà di punire la ex compagna per aver posto fine alla loro relazione, era stata premeditata e compiuta per futili e abbietti motivi.
Nel pronunciare la sentenza in camera di consiglio ieri mattina, il giudice Barresi ha anche disposto il risarcimento dei danni a favore della parte civile, cioè di Stefano Rupena, uno dei fratelli della vittima, rappresentato dal legale Maria Genovese, rinviando comunque la quantificazione ad altro giudice (per la causa civile avevano già optato altri familiari di Tiziana Rupena, tutelati dagli avvocati Luca Maria Ferrucci e Lorella Marincich). La determinazione della condanna a 18 anni di reclusione è derivata dall’applicazione della pena di 27 anni (24 per l’omicidio senza le aggravanti ed escluse le attenuanti generiche, ma aumentati per il reato di violazione di domicilio), ridotta poi di un terzo, a 18 appunto, con il rito abbreviato. La difesa del 48enne Simsig aveva invece richiesto per il proprio assistito la pena di 12 anni: 24 per l’omicidio senza aggravanti, ridotti a 16 con le attenuanti cui sommarne due per la violazione di domicilio arrivando così a 18. E da lì, con la riduzione di un terzo, a 12. Le motivazioni della sentenza verranno depositate fra 90 giorni. All’uscita dall’aula delle udienze preliminari, al secondo piano del tribunale, Simsig è stato ricondotto al Coroneo dai due agenti di polizia penitenziaria con i quali era arrivato qualche minuto prima.
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In memoria di
Trieste, Giulio Simsig si impicca in carcere: condannato per l’omicidio della ex (Blitz – 17 ottobre 2013)
Si è ucciso impiccandosi nel bagno della propria cella all’interno del carcere di Trieste Giulio Simsig, 50 anni, condannato in secondo grado a 16 anni di carcere per l’omicidio dell’ex convivente, Tiziana Rupena. Il suicidio si è verificato intorno alle ore 9.40. Simsig si è impiccato usando la cinta dell’accappatoio sorretta alla cerniera della porta del bagno.
Spiega il segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe, Donato Capece: “A nulla è valso purtroppo il pronto intervento del personale di Polizia Penitenziaria, allarmato dal compagno di cella del detenuto che aveva sentito il tonfo. Il detenuto è stato soccorso dal personale infermieristico del carcere e dal personale medico del 118 che ha cercato di rianimarlo”. Già a luglio, ricorda Capece, Simsig aveva tentato di buttarsi nel vuoto della tromba delle scale del Tribunale di Trieste, ma in quella occasione era stato bloccato dalla scorta della Polizia Penitenziaria.
Giovanni Altomare, Segretario del Sappe per il Friuli Venezia Giulia, sottolinea come “purtroppo l’annosa e nota carenza di organico di Polizia Penitenziaria di circa trenta unità che interessa il carcere di Trieste, non consente di offrire un’adeguata e assidua sorveglianza a quei soggetti particolarmente inclini a gesti inconsulti. Il sovraffollamento di circa cento detenuti in più rispetto alla capienza consentita nel carcere di Trieste limita fortemente, nonostante gli sforzi, anche l’intervento di altre figure professionali deputate al sostegno morale e psicologico di tali soggetti”.