Gelu Cherciu, 67 anni. Ammazza di botte la convivente e dice di averla trovata già morta. Condannato a 13 anni di reclusione
Colle Orlando, Fontanelle (Pescara), 30 Maggio 2018
Titoli & Articoli
Donna morta davanti a casa Il marito respinge le accuse (il Centro – 2 giugno 2018)
Si dice innocente. E nega di avere responsabilità nei confronti della compagna, trovata morta mercoledì sera davanti alla porta di casa, in strada Colle Orlando. Ma le indagini sul suo conto proseguono, da parte dei carabinieri della compagnia di Pescara. Gli uomini dell’Arma, agli ordini del capitano Antonio Di Mauro, stanno lavorando per fare chiarezza sulle ultime ore di vita di Monica Gondos, la 53enne romena il cui corpo è stato rinvenuto senza vita dal 118 dopo l’allarme del compagno, G.C., un 61enne, anche lui romeno, che ora è indagato per maltrattamenti aggravati dalla morte.
La donna aveva delle ecchimosi sul corpo e il rapporto tra i due non era sempre sereno, a quanto pare. Il 61enne è stato ascoltato poche ore dopo il ritrovamento. E poi, di nuovo, è stato interrogato a lungo in Procura, giovedì pomeriggio, per chiarire che cosa sia accaduto mercoledì ma anche ricostruire il rapporto di coppia.
Di fronte al pubblico ministero Anna Benigni e agli investigatori, l’uomo ha respinto gli addebiti mossi nei suoi confronti. Una volta concluso l’interrogatorio, alla presenza del suo difensore, Emanuele Calista, l’uomo è tornato libero. Nei suoi confronti non sono stati adottati provvedimenti, ma il caso è ancora aperto per accertare eventuali responsabilità nel decesso della 53enne che condivideva con il suo compagno la dependance di una villa abbandonata a Colle Orlando, in condizioni di disagio. La casa è sotto sequestro. (f.bu.)
Morta per le botte, arrestato il convivente (il Centro – 29 novembre 2018)
La morte di Monica Gondos, la romena di 53 anni trovata senza vita il 30 maggio scorso lungo le scale della sua abitazione a strada Colle Orlando (Fontanelle), non fu causata da una caduta accidentale, ma fu un femminicidio, maturato in un ambito familiare piuttosto degradato. A questa determinazione è giunto il sostituto procuratore Anna Benigni che non ha mai creduto a quella morte accidentale e ha finito per trovare gli elementi per incastrare il convivente, romeno come la vittima, che ieri mattina i carabinieri di Pescara hanno arrestato a seguito di un’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Nicola Colantonio e richiesta dalla procura.
Gelu Cherciu è accusato di maltrattamenti continuati: tante botte inferte con grande violenza alla povera donna, che hanno finito per ucciderla. I risultati dell’autopsia eseguita dal medico legale Cristian D’Ovidio avevano già sollevato molti dubbi che il pm ha approfondito con una istruttoria nel corso della quale sono state acquisite diverse testimonianze, oltre a quella del convivente. Le dichiarazioni delle due figlie della donna non hanno fatto altro che confermare le responsabilità in capo a Cherciu che adesso rischia fino a 20 anni di reclusione, secondo il codice penale, per quei maltrattamenti continuati che portarono alla morte della donna dopo l’ultimo litigio di quella sera di maggio.
L’ALLARME. Fu lo stesso indagato a chiamare i carabinieri intorno alle 18: riferiva di aver trovato la donna morta lungo le scale. Ma l’autopsia accertò che il decesso risaliva a oltre cinque ore prima della telefonata fatta ai carabinieri. Quando il comandante del nucleo investigativo, il maggiore Massimiliano Di Pietro, e il comandante della compagnia, Antonio Di Mauro, giunsero sul posto, trovarono l’arrestato in mutande e scalzo e soprattutto in stato di ubriachezza, tanto che lo trasportarono in ospedale. Il medico legale, dopo aver approfondito l’esame del corpo della vittima concluse che le tante ecchimosi che aveva non erano dipese dalla caduta, ma erano «conseguenze di azioni politraumatiche…tali riscontri consentono di collocare molto verosimilmente le suddette ecchimosi in un’epoca di produzione recente e sincrona, probabilmente di qualche ora». La morte sopraggiunse per insufficienza cardiorespiratoria a causa di due costole rotte che le avevano bucato il polmone: colpi violentissimi inferti sulla schiena della malcapitata.
LE BUGIE. Interrogato dal magistrato, Cherciu prima affermava di aver visto la donna per l’ultima volta alle ore 16, poi ritrattava collocando l’orario tra le 11,30 e le 12, e negava di aver litigato o picchiato la sua convivente. Le figlie della vittima dichiararono al magistrato che sia la madre sia il convivente facevano uso di sostanze alcoliche, che i litigi tra i due si verificavano spesso e in maniera violenta e che la madre più volte si era rifugiata da loro, anche per alcuni giorni, mostrando evidenti segni di violenza. «Io le chiedevo come li avesse fatti e lei diceva che era caduta, però gli occhi le si riempivano di lacrime», così una delle figlie, che aggiungeva che l’ultima volta che la madre si era rifugiata a casa sua aveva riferito di un litigio avuto con Cherciu «che le aveva chiesto soldi che lei non aveva, per pagare le bollette e comprare le bottiglie di alcolici».
L’INTERCETTAZIONE. E tutte due le figlie dichiararono, aspetto importante ai fini dell’inchiesta, di aver visto la madre due giorni prima della disgrazia senza alcun livido sul viso o sul labbro. L’arrestato venne di nuovo interrogato verso la fine di giugno quando i carabinieri gli notificarono il decreto di dissequestro dell’appartamento al quale erano stati posti i sigilli per eseguire tutti gli accertamenti del caso. E quando uscì dalla caserma, non sapendo di avere il telefono sotto controllo, parlando con un suo conoscente il romeno affermò: «Non mi hanno chiuso, stupidi del cavolo», riferendo all’amico che i militari non lo avevano arrestato e quindi non erano riusciti a smascherarlo.
ABUSO DI ALCOL. Le indagini accertarono che quella sera Cherciu era rimasto in casa e aveva assunto forti quantità di alcolici. «Si tratta di un soggetto», scrive il gip, «che è solito fare abuso di sostanze alcoliche e che non è capace di arginare le proprie pulsioni violente. La reiterazione di condotte vessatorie per un lungo arco temporale» – la relazione tra i due andava avanti da qualche anno – «e la particolare violenza dei colpi inferti dal Cherciu (in danno di soggetto soggiogato e in stato di minorata difesa nell’ambito familiare) attestano, in maniera incontestabile, l’assoluta pericolosità».
Morte Monica Gondos a Pescara: il compagno davanti ai giudici in Corte d’Assise (Rete8 – 6 settembre 2019)
Ha detto di aver trovato morta la sua compagna quando è rincasato, dopo il lavoro, e di aver tentato di praticarle il massaggio cardiaco e la respirazione bocca a bocca Gelu Cherciu, il rumeno di 67 anni imputato per la morte della moglie Monica Gondos avvenuta nel maggio dello scorso anno.
Lo ha detto oggi rendendo dichiarazioni spontanee davanti alla Corte d’Assise di Chieti dove è sotto processo per aver provocato la morte della convivente more uxorio Monica Gondos. Secondo l’accusa l’uomo dal 2014 a fino a decesso della donna, avvenuto il 30 maggio del 2018 a Pescara, durante gli abituali stati di alterazione psicofisica dovuti all’abuso di alcol, aggredendola per futili motivi, colpendola ripetutamente con pugni e schiaffi al volto e sul corpo che le causavano evidenti ecchimosi, controllando gli spostamenti e le comunicazioni telefoniche che la donna aveva con altre persone e con le sue figlie, la maltrattava infliggendole sofferenze fisiche e morali. Con l’aggravante di aver causato il decesso della donna in conseguenza, da ultimo, di un colpo sferratolo all’emitorace che provocata fratture costali ed altre lesioni che hanno provocato la morte. Cherciu, che oggi è stato assistito da una interprete, ha detto di quel giorno che, tornato a casa dal lavoro, ha trovato la porta aperta e che il corpo della donna era fuori dall’abitazione, stesa: ”L’ho chiamata, pensavo che scherzasse. Mi sono avvicinato, aveva gli occhi aperti, ho provato a fare il massaggio cardiaco e la respirazione bocca a bocca, e ho visto che era morta – ha detto Cherciu – Quando sono arrivati carabinieri e ambulanza mi sono rivestito e dopo non ricordo cosa è successo. Mi sono ritrovato all’ospedale, che mi facevano i prelievi di sangue, poi sono stato nella caserma dei carabinieri dove mi hanno chiesto come fosse successo. Posso dire che l’ho trovata morta, ero spaventato”.
L’udienza di discussione è stata fissata per il 30 settembre.
Donna morta a Pescara dopo le botte ricevute, compagno condannato a 13 anni (il Pescara – 1 ottobre 2019)
La donna venne ritrovata morta nel tardo pomeriggio del 30 maggio 2018 sull’uscio della porta di ingresso di un’abitazione nella zona di colle San Donato a Pescara
Tredici anni di reclusione. Questa la condanna decisa dalla Corte d’Assise di Chieti per Gelu Cherciu, 67enne di nazionalità rumena accusato di aver provocato la morte della compagna, Monica Gondos. La donna venne ritrovata morta nel tardo pomeriggio del 30 maggio 2018 sull’uscio della porta di ingresso di un’abitazione nella zona di colle San Donato a Pescara.
Le indagini vennero condotte dal Nucleo Investigativo dei carabinieri della locale Compagnia ed emerse come prima del decesso la donna fu colpita ripetutamente. Il pubblico ministero Anna Benigni aveva chiesto la condanna a 20 anni. La Corte d’Assise teatina, presieduta da Guido Campli, a latere Luca De Ninis, ha anche condannato l’uomo, presente in aula, a tre anni di libertà vigilata. In base alla tesi dell’accusa, Cherciu sin dal 2014, durante abituali stati di ubriachezza, aggrediva la donna per futili motivi, colpendola con pugni e schiaffi, oltre a controllarne spostamenti e comunicazioni telefoniche. Con l’aggravante di aver causato la morte a causa di un colpo all’emitorace, all’origine di fratture costali e altre lesioni. Il Pm nella sua requisitoria ha evidenziato che le numerose ecchimosi sul corpo della donna non potevano essere state provocate da un trauma accidentale.
Il difensore di Cherciu, l’avvocato Fabrizio Giannini, ha annunciato ricorso in appello.
Morta in casa per le botte: confermati in appello i 13 anni di carcere a Cherciu (il Messaggero – 19 settembre 2020)
Si è conclusa anche in secondo grado la vicenda di Monica Gondos, la 52enne romena trovata senza vita, la sera del 30 maggio 2018, davanti l’uscio di una villetta disabitata di strada Colle Orlando, nel quartiere Fontanelle. Sul corpo, segni evidenti di violenze.
Ieri pomeriggio la Corte d’Assise d’Appello dell’Aquila ha confermato la condanna a 13 anni di reclusione per il suo convivente e connazionale Gelu Cherciu, 67 anni. L’uomo, difeso dall’avvocato Fabrizio Giannini, era accusato di maltrattamenti in famiglia continuati e aggravati dalla morte della donna.
In primo grado il pm, aveva chiesto per lui una pena a 20 anni, scesa poi a 13 e confermata ieri dai giudici di secondo grado. Il 30 novembre si dovrebbero conoscere le motivazioni della condanna. Il romeno ha sempre negato di aver fatto del male alla sua compagna. La sera di quel 30 maggio fu lui stesso ad allertare i soccorsi, raccontando ai sanitari del 118 prima e ai carabinieri poi di averla trovata morta sotto la rampa delle scale. E di fatti, pur con molte perplessità da parte degli inquirenti, all’inizio non si escluse del tutto, come probabilmente lui voleva far intendere, il decesso a seguito di una caduta accidentale o un malore improvviso. Pochi giorni dopo, l’autopsia restituì un’altra verità, stabilendo che la morte della donna era avvenuto cinque ore prima rispetto al momento in cui Cherciu lanciò l’allarme. Non solo, dall’autopsia venne fuori che le tante ecchimosi rilevate sul corpo della vittima non erano compatibili con le ferite provocate da una semplice caduta, ma dalle botte continue ricevute. Botte che, il giorno della tragedia, gli avrebbero provocato la rottura di una costola, perforandogli un polmone.
Cherciu cadde in contraddizione già nei primi giorni dell’inchiesta quando, interrogato dal pm Anna Benigni, prima affermò di avere visto la convivente l’ultima volta alle 16 e poi collocando l’orario tra le 11.30 e le 12. La donna venne trovata senza vita attorno alle 18.
Inoltre negò di averla picchiata anche se le figlie della Gondos riferirono di continui e violenti litigi e dell’abuso di alcolici da parte di Cherciu. Litigi che culminavano quasi sempre con aggressioni fisiche verso la madre. Dopo essere stato interrogato dai carabinieri, non sapendo di essere intercettato, l’uomo lasciò anche intendere ad un amico che i militari non erano riusciti a smascherarlo.
«Non mi hanno chiuso aveva detto – stupidi del cavolo!» Dopo sei mesi, l’arresto. Per gli inquirenti un femminicidio, l’ennesimo, maturato nell’ambito di un menage familiare segnato da violenze e maltrattamenti.