Loading

Francesco Rosi, 43 anni, agente di commercio, padre. Dopo anni di vessazioni, uccide la moglie con un fucile da caccia alla presenza del figlio di sei anni. Condannato a 30 anni

Perugia, 25 Novembre 2015


Titoli & Articoli

Raffaella, uccisa a Perugia: il selfie del volto tumefatto, 8 giorni prima dell’omicidio (il Gazzettino – 2 dicembre 2015)
“Guardate come mi ha ridotta”. Un selfie che mostrava il volto tumefatto di lividi. Lo inviò Raffalla Presta una settimana prima di essere uccisa dal marito Francesco Rosi, al fratello e ad un’amica. Poi, nel messaggio su WhatsApp aveva aggiunto con sarcasmo.“Incidente domestico, diciamo”.
“IL FUCILE? LO TENEVO SOTTO AL LETTO PER I LADRI” Tre ore e mezzo di interrogatorio in cui Francesco Rosi, arrestato con l’accusa di omicidio premeditato per aver ucciso la moglie Raffaella Presta con due colpi di fucile, ha risposto diffusamente a tutte le domande del giudice e ha spiegato che l’arma la teneva carica sotto il letto per paura dei ladri. Rosi – secondo quanto riferito dal suo avvocato Luca Maori – avrebbe indicato al giudice «circostanze molto importanti» che potrebbero influire sul prosieguo dell’indagine.
Il legale però non è voluto scendere nel merito delle dichiarazioni del suo assistito che è apparso «molto provato» e che è scoppiato in un pianto diritto ogni volta che nominava il figlio di sei anni. Ovviamente non ha negato di aver sparato alla moglie ma non sarebbe stato in grado ricostruire la dinamica del delitto per un black out mentale sui fatti di sangue. Rosi, secondo quanto trapela, avrebbe comunque aggiunto particolari inediti. Al termine del lungo confronto l’avvocato Luca Maori ha chiesto al giudice la concessione degli arresti domiciliari. Il gip Andrea Claudiani si è riservato di decidere. Lo farà nelle prossime ore o al massimo entro domani. In queste ore intanto è ancora in corso l’autopsia sul corpo di Raffaella Presta.
“OMICIDIO PREMEDITATO” Francesco Rosi ha ucciso con premeditazione la moglie Raffaella Presta, sparandole con una doppietta da caccia nella loro casa di Perugia. A sostenerlo e’ il pubblico ministero nella richiesta di convalida dell’arresto, operato dai carabinieri, del quarantatreenne agente immobiliare perugino. L’aggravante e’ infatti tra quelle indicate nel provvedimento con cui il gip ha fissato per domani mattina l’udienza per decidere. In quale contesto sia maturato il delitto stanno comunque cercando ancora di stabilirlo le indagini del comando provinciale dell’Arma.
Gli investigatori hanno sentito a lungo amici, colleghi e parenti della coppia per ricostruire l’ambito familiare. Un rapporto che si era deteriorato negli ultimi tempi ma nel quale non sono mai emersi almeno formalmente episodi di violenza. Nessuna denuncia era stata presentata dalla Presta cosi’ come agli atti non risultano certificati medici. Anche se gli stessi investigatori hanno raccolto voci di dissidi tra i due, che avevano un figlio di sei anni (ieri pomeriggio in casa al momento dell’omicidio senza comunque avere assistito a quanto successo).
La pista privilegiata come movente continua a essere quella che la Presta, avvocato quarantenne originaria del brindisino, sia stata uccisa al termine di una lite per gelosia. Cosa sia successo cerchera’ di spiegarlo Rosi nell’udienza di domani. “Intende rispondere e fornire una dettagliata spiegazione” ha detto oggi il suo difensore, l’avvocato Luca Maori. Per il legale era stato disposto inizialmente dal pm il divieto di colloquio con il suo assistito ma il gip ha ritenuto che “non persistono eccezionali e specifiche esigenze di cautela”, autorizzando quindi gli incontri come chiesto dal penalista. Molto sembra ruotare intorno al fucile da caccia calibro 12 usato per il delitto, risultato di proprieta’ del padre di Rosi e che sembra non si trovasse custodito nella stanza dove la donna e’ stata colpita mortalmente da uno o due spari.
Quando e perche’ il quarantatreenne perugino, incensurato, lo abbia preso e’ uno degli aspetti ancora da chiarire. Rosi e’ intanto in isolamento in una cella singola del carcere di Perugia. Sotto choc e controllato praticamente a vista dal personale di sorveglianza. Negli uffici giudiziari molti colleghi hanno invece ricordato la Presta, avvocato che nessuno pero’ vedeva piu’ nelle aule ormai da qualche tempo. “Persona riservata, che aveva confidenza con pochi”, l’ha descritta chi la conosceva.

Omicidio Presta, sparò alla moglie con il fucile, la Cassazione: “Raffaella non l’ha provocato” (Perugia Today – 22 gennaio 2020)
Nel ricorso avanzato dalla difesa di Francesco Rosi, reo di aver ucciso la moglie Raffaella Presta, c’è il mancato riconoscimento dell’attenuante della provocazione, rigettata dalla Cassazione. Ecco perchè
Raffaella Presta, uccisa da due colpi di fucile sparati dal marito Francesco Rosi, non lo ha provocato. Con il rigetto del ricorso proposto dalla difesa, la Corte di Cassazione ha messo la parola fine su una vicenda processuale dolorosa dove una giovane avvocatessa di appena 40 anni è stata strappata alla vita e un bambino di appena sei anni (all’epoca dei fatti) è rimasto senza genitori.
Condannato nei primi due gradi di giudizio per l’omicidio volontario della moglie, il 10 luglio scorso la prima sezione della Cassazione ha confermato i trent’anni di reclusione per Rosi. Nelle quattordici pagine con cui i giudici della Suprema Corte hanno rigettato il ricorso della difesa (avvocato Barbara Romoli), si legge: “Con riferimento alla provocazione, la Corte di Assise di appello ha disatteso l’impostazione difensiva (…). E’ mancata nella condotta dell’imputato la semplice considerazione che il coniuge non era una cosa della quale appropriarsi ovvero riappropriarsi sfruttando a proprio agio le risorse finanziarie a disposizione“. E ancora: “Deve pertando escludersi la descritta sofferenza dell’imputato per provocazioni indottegli dai comportamenti della Presta”. Il ricorso della difesa era impostato sul mancato riconoscimento dell’attenuante della provocazione e per l’aggravante di aver agito alla presenza del minore.  Sulla provocazione, la Corte ha escluso che si possa assegnare (in senso penalistico) la veste di provocatrice ad una donna che non solo si è sforzata di superare la forte crisi coniugale soprattutto per il bene del figlio, ma che ha subito per quasi un anno vessazioni e umiliazioni da parte del marito Franceso. Pedinata, limitata nella propria vita professionale e di relazione e infine anche percossa.
Anche il secondo motivo di ricorso sull’applicazione dell’aggravante di aver agito alla presenza del minore, la Corte lo ritiene infondato. Quel maledetto giorno in cui Rosi imbracciò il fucile e uccise la moglie, il piccolo si trovava nella vasca dalla bagno ma sentì i colpi, aprì la porta e si trovò in una posizione che “gli consentiva di comprendere cosa era accaduto”. Il 10 luglio scorso, la condanna a trent’anni di reclusione di Francesco Rosi è diventata definitiva. 


Link