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Ciro Curcelli, 53 anni, assistente capo della polizia penitenziaria, padre. Uccide a colpi di pistola la moglie e le due figlie di 18 e 11 anni, poi si suicida

Orta Nova (Foggia), 12 Ottobre 2019


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Strage nella notte: agente penitenziario uccide moglie e figlie, poi si spara (Il Faro – 12 ottobre 2019)
Il dramma è accaduto a Orta Nova, in provincia di Foggia. L’assassino è Ciro Curcelli
Ha sparato alla moglie e alle figlie e poi ha rivolto la pistola d’ordinanza contro di sé, uccidendosi. E’ accaduto nella notte a Orta Nova, in provincia di Foggia. L’uomo, un agente di polizia penitenziaria, ha ucciso la coniuge di 54 anni e le due figlie di 12 e 18 anni, poi si è tolto la vita. Secondo le prime informazioni, l’uomo, che è deceduto in un momento successivo dopo essere stato trasportato dall’ambulanza del 118 agli Ospedali Riuniti di Foggia, avrebbe chiamato i carabinieri annunciando di aver compiuto la strage.
L’assassino è Ciro Curcelli, che ha ucciso nel sonno Valentina Curcelli, appena 18enne, insieme alla sorella minore Miriana e alla mamma Teresa.
Capece: “Una tragedia immane” “Siamo di fronte a una tragedia immane. Sembra davvero non avere fine il mal di vivere che caratterizza gli appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria, uno dei quattro Corpi di Polizia dello Stato italiano”, ha detto Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe. “Importante è evitare strumentalizzazioni ma fondamentale e necessario è comprendere e accertare quanto hanno eventualmente inciso l’attività lavorativa e le difficili condizioni lavorative nel tragico gesto estremo posto in essere dal poliziotto – continua il sindacalista – Non sappiamo se era percepibile o meno il disagio che viveva il collega che ha prima ucciso la moglie e le figlie e poi si è ucciso. Quel che è certo è che sui temi del benessere lavorativo dei poliziotti penitenziari l’Amministrazione Penitenziaria è in colpevole ritardo, senza alcuna iniziativa concreta. Proprio ieri un altro poliziotto penitenziario si era suicidato a Piacenza. L’Amministrazione Penitenziaria non può continuare a tergiversare su questa drammatica realtà”.


Agente penitenziario uccide moglie e figlie e si suicida. L’ultima chiamata ai carabinieri: “Vi lascio la porta aperta” (la Repubblica – 12 ottobre 2019)
“Ho ucciso mia moglie e le mie figlie, ora mi suicido, venite, lascio la porta aperta”
: Ciro Curcelli, agente 53enne della polizia penitenziaria, ha annunciato telefonicamente la strage che aveva appena commesso ai carabinieri di Orta Nova. Quando sono arrivati nella casa di via Guerrieri, gli investigatori hanno trovato morte la moglie Teresa Santolupo e le figlie Valentina e Miriana (di 18 e 13 anni), alle quali aveva sparato mente dormivano. L’uomo era invece sul letto in fin di vita, a causa del colpo che si era sparato alla tempia, ma è deceduto durante il trasporto in ospedale.
Vicino al letto la pistola calibro 9 d’ordinanza con cui ha commesso il massacro, al quale è sfuggito solo il figlio 26enne Antonio, che da alcuni anni vive e lavora a Ravenna. Avvertito della tragedia durante la notte, in mattinata è arrivato a Orta Nova ed è stato subito interrogato dai carabinieri, che cercano di ricostruire il movente del gesto. In casa non sono stati trovati biglietti che possano spiegare le motivazioni del gesto ma sono stati trovati i telefoni, che sono stati sequestrati per cercare all’interno tracce utili per ricostruire le ultime ore di vita dei membri della famiglia Curcelli e soprattutto di Ciro.
Stando alle prime ricostruzioni, basate sul l’ascolto di parenti e vicini di casa, la famiglia Curcelli era molto unita e tra i coniugi non c’erano motivi di particolari frizioni. Negli ultimi tempi Ciro era apparso più taciturno del solito ma nulla lasciava pensare che si preparasse a commettere un tale follia.
“Lavorava nel reparto Servizio preventivo interno del carcere di Foggia da quasi venti anni – ha raccontato il segretario del Cosp (Coordinamento sindacale della polizia penitenziaria) Domenico Mastrulli – Non aveva molti contatti con i colleghi e a tratti era un po scontroso ma tutti lo descrivono come una persona per bene e un gran lavoratore”. Simili le descrizioni dei vicini e anche del sindaco di Orta Nova, Mimmo Lasorsa, che non conosceva direttamente la famiglia ma ha annunciato la proclamazione del lutto cittadino per il giorno in cui si svolgeranno le esequie.
I cadaveri di Ciro Curcelli e della moglie sono stati portati all’obitorio dell’ospedale di Foggia mente quelli delle figlie all’ospedale di San Giovanni Rotondo, muove saranno eseguite le autopsie. In mattinata davanti alla casa di via Guerrieri sono arrivati tanti amici della famiglia e i compagni di scuola di Valentina e Miriana, che hanno lasciato un mazzo di fiori davanti al cancello. L’abitazione è stata posta sotto sequestro dai carabinieri.

Foggia, la strage della guardia penitenziaria preparata da giorni. “Si è portato apposta la pistola dal lavoro” (la Repubblica – 13 ottobre 2019)
Non ha agito d’impulso. Quella di Ciro Curcelli, 53 anni, assistente capo della polizia penitenziaria in servizio nel carcere di Foggia, è stata una strage pianificata con lucidità, messa in atto nella notte tra venerdì e sabato. Preparata da giorni, come dimostra il fatto che venerdì non ha lasciato al lavoro la pistola calibro 9 d’ordinanza ma l’ha portata a casa, per assassinare nel sonno la moglie Teresa Santolupo (di 52 anni) e le figlie Valentina e Miriana (di 18 e 13 anni).
Un colpo ciascuno e poi la telefonata ai carabinieri: “Ho ucciso mia moglie e le mie figlie, ora mi uccido pure io, venite, ho lasciato la porta aperta”. E così l’hanno trovata, la porta dell’appartamento al terzo piano, aperta a mostrare le ragazzine morte nella loro stanza e i coniugi in camera da letto. Unico superstite il figlio 26enne Antonio, che da anni lavora a Ravenna. A lui la sorella Valentina aveva telefonato qualche giorno fa, per raccontare che i genitori negli ultimi tempi litigavano spesso ma l’allarme non era stato tale da far presagire che le discussioni finissero in tragedia.
Invece a Ciro qualcosa era successo. E meglio di tutti lo racconta la vicina Anna, quella del quarto piano, che qualche settimana fa lo aveva visto “immobile sul balcone in pantaloncini e senza maglietta, sotto la pioggia, con lo sguardo fisso nel vuoto. Era un uomo taciturno – continua – ma di recente lo vedevo più pensieroso del solito”.
E taciturno, è la parola che anche i colleghi usano per descriverlo: l’assistente capo Nicola Calabrese, per esempio, che aveva visto Curcelli fino al mezzogiorno del giorno precedente: “Si infervorava solo quando parlava del Foggia Calcio e delle sue domeniche allo stadio”, confermando che il collega non era solito portare l’arma a casa, “spesso la mattina lo vedevo andare in armeria a ritirare la pistola”. Nel carcere di Foggia Ciro prestava servizio da 20 anni, in uno dei reparti più difficili, come spiega il segretario nazionale del Cosp Domenico Mastrulli: “Lavorava nel vecchio reparto detentivo, a contatto diretto con la popolazione detenuta”. Turni infiniti tra le celle, in una situazione che – dicono i colleghi – “negli ultimi due anni era diventata ancora più difficile a causa dalle carenze di personale”. Situazione in cui avere un’arma in dotazione può diventare pericoloso, come sottolinea il delegato del Sappe Michele Bianco, che del 53enne era stato comandante per dieci anni: “Il personale della polizia penitenziaria ha bisogno di supporto psicologico, perché vive situazioni di forte stress quotidiano e perché maneggia armi. Gli sporadici corsi di sostegno non sono sufficienti”. “In strutture come quelle penitenziarie c’è un forte rischio di depersonalizzazione”, gli fa eco il presidente dell’ordine degli psicologi della Puglia, Antonio Di Gioia. Poche ore prima della strage di Orta Nova, un altro agente penitenziario di 53 anni, in servizio nel carcere di Piacenza, si era suicidato.
Che Ciro Curcelli avesse bisogno di aiuto, per uno stato depressivo che lo affliggeva negli ultimi mesi, è apparso chiaro ai carabinieri, che ieri mattina hanno raccolto le testimonianze di parenti e amici e ora si apprestano a ricostruire, tramite il cellulare, le sue ultime settimane. Su quale fosse il motivo scatenante, c’è ancora buio fitto, anche perché non ha lasciato un biglietto o un messaggio di spiegazioni. Di certo c’è che il suo rapporto con la moglie e le figlie era stato sereno fino a poco tempo fa. Che le ragazze avevano una vita tranquilla, una frequentava la seconda media l’altra il quinto superiore, che la moglie non si lamentava di lui né i vicini in passato li sentivano litigare. Anche il fratello di Teresa Santolupo, Matteo, che abita al quarto piano dello stesso palazzo, racconta di averli visti la sera di venerdì e che sembrava “tutto normale”.
O forse è così che Ciro voleva che apparissero le cose, in quella che doveva essere l’ultima sera della sua famiglia. A dimostrazione che il massacro sia stato premeditato, ci sarebbe anche il continuo andirivieni dell’uomo, nel pomeriggio di venerdì, dall’abitazione al box al piano terra, dove custodiva l’auto e forse aveva nascosto la pistola.

 


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