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Carmine Pio Losio, 54 anni. Tenta di uccidere la madre, poi massacra a coltellate la prostituta di cui si è invaghito e tenta il suicidio. La perizia lo ritiene totalmente incapace e socialmente pericoloso

Canneto Pavese (Pavia), 9 Marzo 2015

carmine pio losio


Titoli & Articoli

Pavia, uccide una prostituta dopo aver tentato di far saltare in aria la casa della madre (la Repubblica – 10 marzo 2015)
La vittima è un’albanese di 33 anni: colpita più volte con un coltello, era riuscita a dare l’allarme. Dopo essersi arreso, ha l’omicida rivelato di aver aperto il gas in casa dell’anziana madre
Ha ucciso a coltellate la prostituta che frequentava da un anno, ma prima ha cercato di uccidere la madre aprendo il gas per far esplodere la sua casa. Carmine Pio Losio, un 54enne di Canneto Pavese, lo ha confessato alla polizia quando si è arreso, dopo essersi ferito e aver minacciato di uccidersi. Quando i carabinieri si sono presentati a tarda sera a casa dell’anziana, in una frazione di Canneto, in provincia di Pavia, hanno trovato l’abitazione satura di gas, ma la donna di 89 anni era solo in stato confusionale. La pensionata è stata portata in salvo.
Non c’è stato invece niente da fare per Adliana Picari, 33 anni, uccisa in un appartamento in viale Cremona alla periferia di Pavia. Losio ha aggredito la prostituta albanese, che aveva la residenza a Torino ma di fatto viveva a Pavia, e l’ha ferita mortalmente, colpendola più volte con un coltello. E’ stata la donna, agonizzante, a chiedere aiuto telefonando al 113. La polizia è intervenuta sul posto assieme agli operatori del 118 e ai vigili del fuoco. Purtroppo ogni tentativo di salvarla è stato vano: la donna è morta per le gravissime ferite riportate.
Losio non si è consegnato subito agli agenti: ha minacciato di uccidersi e si è ferito con lo stesso coltello utilizzato per il delitto. Poi, finalmente, si è arreso. Ai poliziotti – l’indagine è diretta dalla Procura di Pavia e condotta dalla squadra mobile – ha successivamente raccontato che aveva anche deciso di far esplodere la casa in cui abita sua madre, in una frazione di Canneto Pavese. L’immediato intervento dei soccorritori ha evitato l’esplosione.

 

Losio era in cura: paranoico e disturbato (la Provincia Pavese – 12 marzo 2015)
La relazione del centro che lo ha assistito. L’assassino ha urlato ai poliziotti: «Ho ucciso questa qui e anche mia madre»
Il disagio di vivere e una certa difficoltà a intrecciare relazioni sane con gli altri lo avevano già costretto alle cure del Centro psico sociale di Stradella. Ora la procura dovrà approfondire il profilo psicologico di Carmine Pio Losio, il 54enne di Canneto Pavese accusato di avere ucciso a coltellate Adliana Picari, una prostituta di 32 anni, nell’appartamento in viale Cremona, al Bivio Vela, e di avere tentato di far saltare in aria la casa della propria madre, a Canneto. Il magistrato Paolo Mazza ha già ricevuto una relazione dal centro, secondo cui Losio soffriva da tempo di un disturbo grave della personalità con tratti paranoidi.
Se e quanto questo abbia influito sull’atrocità del suo gesto resta ancora da capire e molto probabilmente sarà necessaria, anche in tempi brevi, una perizia psichiatrica per valutare la capacità di intendere e volere dell’uomo al momento del fatto. Losio, che si trova ancora piantonato in ospedale, al San Matteo, non ha fornito alcuna spiegazione del suo gesto. Le ultime sue dichiarazioni risalgono a lunedì sera, quando l’uomo era nell’appartamento della ragazza, coperto di sangue e con un coltello puntato alla gola, mentre la giovane giaceva esanime sul letto. «Mi uccido, tanto ho già ucciso mia madre», ha urlato ai poliziotti, per tenerli lontano. Da allora si è chiuso nel silenzio. Un silenzio che potrebbe però infrangersi oggi stesso, nell’interrogatorio fissato davanti al giudice Carlo Pasta. Il magistrato Paolo Mazza ha chiesto la convalida dell’arresto e contestato le accuse di omicidio ai danni di Adliana Picari e di tentato omicidio nei confronti dell’anziana madre, Emilia Chilelli, di 89 anni. Accusa, questa, aggravata proprio dalla relazione di parentela tra l’indagato e la vittima, salvata solo grazie alla tempestività dell’intervento della polizia, che ha allertato i carabinieri inviandoli nell’abitazione della donna, già satura di gas. La casa non è esplosa per un soffio.
L’interrogatorio davanti al giudice, tuttavia, è vincolato alle condizioni di salute dell’indagato. Losio, infatti, ieri è stato operato alla gola. Ha dovuto subire un intervento alla trachea, rimasta lesionata dal coltello con cui l’uomo ha cercato di togliersi la vita dopo avere ucciso la giovane. La ferita non è grave, ma l’intervento potrebbe complicare il trasporto in carcere. Non è da escludere, però, che possa comunque svolgersi, anche in ospedale, l’udienza di convalida, rinviando l’interrogatorio a un momento successivo. Intanto all’indagato è stato assegnato un difensore, l’avvocato Luca Vandone di Robbio, che farà le sue valutazioni.
Ancora del tutto da chiarire il movente del delitto o quantomeno la circostanza che ha fatto scattare la scintilla della follia. Le verifiche della squadra mobile, coordinate dal dirigente Francesco Garcea, ipotizzano che a scatenare il raptus possa essere stato il rifiuto, da parte della giovane prostituta, di una prestazione sessuale senza protezione. A quel punto, Losio, secondo quanto ricostruito dagli investigatori, sarebbe andato in cucina, avrebbe preso un coltello e avrebbe aggredito la giovane.
Il medico legale, nella sua prima ricognizione della scena del delitto, ha contato, sul corpo della 32enne, circa quindici coltellate, di cui almeno due mortali, alla gola. Altri tagli alle braccia testimoniano, invece, come la donna abbia cercato di difendersi con tutte le sue forze e di sfuggire all’agguato mortale. Altri dettagli sulla dinamica dell’omicidio, però, potranno emergere dall’autopsia, che è fissata per oggi all’istituto di Medicina legale ed è affidata alla dottoressa Yao Chen. Da chiarire anche il rapporto tra la vittima e l’indagato, forse un cliente abituale della giovane “lucciola”.

«Losio è folle, non può essere processato» (la Provincia Pavese – 13 luglio 2015)
Il 9 marzo ha massacrato a coltellate la prostituta Adliana Picari a Pavia. Lo psichiatra: «È socialmente pericoloso e non può sostenere il giudizio in aula»
Carmine Pio Losio, il 54enne di Canneto Pavese che la sera del 9 marzo ha massacrato a coltellate la 32enne Adliana Picari nell’appartamento di lei in viale Cremona, non sarebbe in grado di affrontare il processo. Dopo il delitto – ultimo atto di una giornata di follia in cui l’uomo aveva anche tentato di eliminare l’anziana madre facendole esplodere la casa con il gas – il disturbo grave della personalità con tratti paranoidi, di cui già soffriva, si sarebbe aggravato.
Nei colloqui con lo psichiatra Simone Vender – incaricato dal giudice delle indagini preliminari Carlo Pasta di tracciarne un profilo psicologico – Losio non è mai più stato in grado di seguire un filo logico, di fornire coordinate chiare per tratteggiare un movente, di aprire uno squarcio di lucidità nella nebbia dei suoi deliri. Dopo le prime ammissioni, all’indomani del delitto, in cui aveva raccontato al giudice i suoi progetti di fuggire lontano con Adliana, una prostituta che frequentava da qualche tempo e che aveva conosciuto una sera sulla ex statale Bronese, non è riuscito a fare chiarezza. Secondo lo psichiatra – che l’altra mattina ha discusso la sua perizia davanti al gip e all’avvocato difensore Luca Vandone – due cose sono certe: Losio non è capace di intendere e di volere ed è ancora socialmente pericoloso. Ma lo psichiatra propende anche per la sua incapacità di affrontare un processo, di stare in aula coscientemente, di deporre.
Se questa tesi dovesse prevalere – e la valutazione tocca ora anche al pubblico ministero Paolo Mazza – il destino di Losio potrebbe essere quello della restrizione in un ospedale psichiatrico giudiziario. In caso di sospensione del processo dovrà essere riesaminato di sei mesi in sei mesi, restando in una sorta di “limbo” giudiziario, in attesa di sentenza.
Era presente anche lui, l’altra mattina, in Tribunale per la discussione della perizia. Un uomo silenzioso, scortato dagli agenti della polizia penitenziaria. E’ tornato in cella, a Torre del Gallo per ora, dove è detenuto da quasi quattro mesi. Dalla sera del 9 marzo quando, dopo aver predisposto una trappola mortale per la madre (ha aperto la valvola del gas e acceso tutte le luci per innescare un’esplosione poi fortunatamente sventata dall’arrivo dei carabinieri) era salito sulla sua Punto rossa e aveva raggiunto Adliana al posto in cui era solito trovarla, sulla ex Bronese. L’aveva caricata in macchina e insieme erano andati nell’abitazione di lei a Pavia. Ma qui qualcosa è andato storto. Qualcosa ha innescato la sua furia omicida. Nella casa con la porta chiusa a doppia mandata e con le inferriate alle finestre Adliana non ha avuto scampo. Quando la polizia è accorsa, perché i vicini avevano sentito le sue urla disperate, era riversa sul letto, in un lago di sangue, ormai priva di vita.

 


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