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Carmine D’Aponte, 33 anni, muratore saltuario, già noto alle forze dell’ordine, padre, già padre separato. Dopo violenze e minacce, uccide la moglie con un colpo di pistola. Ergastolo confermato in tutti i gradi di giudizio

San Marcellino (Napoli), 19 Ottobre 2016

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Titoli & Articoli

Spara alla moglie in auto e la uccide: arrestato 33enne (TgCom – 19 ottobre 2016)
Un muratore 33enne, Carmine D’Aponte, già noto alle forze dell’ordine, è stato arrestato dopo aver ucciso a colpi di pistola la moglie, la 28enne Stefania Formicola, a colpi di pistola nella loro auto a Sant’Antimo, in provincia di Napoli. La vittima è stata colpita al petto, e i soccorsi sono stati inutili. Per D’Aponte, che ha parlato di dissidi coniugali per giustificare il delitto, l’accusa è di omicidio aggravato. L’arma, una pistola semiautomatica 7,65, è stata trovata dai carabinieri, allertati da una chiamata al 112, nell’abitacolo della vettura. Sul luogo del delitto i militari hanno trovato anche D’Aponte, in evidente stato di agitazione. Su disposizione del pm della Procura di Napoli Nord la salma della donna, che lavorava come addetta alle pulizie e aveva due figli piccoli, è stata trasferita nel Secondo Policlinico di Napoli per l’esame autoptico.
L’omicidio, secondo quanto denuncia la mamma della vittima, era premeditato. La donna, nella sua casa di San Marcellino, comune della provincia di Caserta doveva vivevano anche Carmine e Stefania, racconta anche altro. “Vedevo mia figlia Stefania spesso ferita, mi diceva che si erano presi a botte”, racconta. Ma Stefania non aveva mai denunciato queste violenze, “perché aveva paura che succedesse quanto successo, aveva paura che lui diventasse ancora più violento”. Una denuncia, agli atti, c’è, confermano i carabinieri di Giugliano che indagano: a presentarla è stato però l’omicida a carico del suocero con l’accusa di essere lui vittima di minacce.
Carmine D’Aponte al momento si è avvalso della facoltà di non rispondere: complicato, dunque, capire perché lo ha fatto. Ma c’è la volontà della separazione espressa dalla moglie più volte (avrebbe contattato anche un avvocato) che potrebbe aver in qualche modo influito. I racconti, le testimonianze, il fatto che i due coniugi vivessero nello stesso palazzo ma in diverse abitazioni, parlano comunque di un clima teso, non solo tra marito e moglie ma anche nell’ambito del nucleo familiare.
A lanciare le accuse è ancora la madre di Stefania. “Lui si beffa della legge e quello che ha fatto era premeditato. A casa non stava tornando, è tornato senza la macchina e stamattina ha aspettato che mia figlia uscisse da casa per farsi accompagnare”. Quel che è certo è solo la ricostruzione degli ultimi minuti di vita della donna, uscita da casa prima dell’alba insieme al marito: lei diretta a Mugnano, dove lavorava come donna delle pulizie, lui diretto a Sant’Antimo per trovare un lavoro, a giornata, come muratore. Una manciata di chilometri e poi in via Plutone, a Sant’Antimo, un colpo di pistola calibro 7.65, arma detenuta illegalmente che ha colpito senza scampo Stefania.
“Non deve uscire da galera, altrimenti esce morto”, dice la mamma di Stefania che pensa, ora, ai nipoti, due bimbi di 4 e di un anno e mezzo: “Non chiedo niente ma i miei nipoti non me li deve togliere nessuno”.

 

Il pm: “L’omicidio non fu premeditato”. Ed è polemica (la Repubblica – 21 ottobre 2016)
Mara Carfagna: “La magistratura ora non trasmetta segnali di debolezza”
Cento fiaccole hanno illuminato le strade di Miano in ricordo di Stefania Formicola, la ragazza di 28 anni uccisa con un solo colpo di pistola a Sant’Antimo dal marito, Carmine D’Aponte, ora in carcere. Oggi alle 13 i funerali, nella chiesa del rione don Guanella, il quartiere d’origine della famiglia Formicola. Sarà fissata quasi certamente per domani invece l’udienza di convalida del fermo di D’Aponte. Il pm di Napoli Nord Fabio Sozio, coordinato dal procuratore aggiunto Carmine Renzulli, ipotizza l’omicidio aggravato dal rapporto di coniugio e dai maltrattamenti, ma non la premeditazione.
«Non entro nelle valutazioni della Procura anche perché non sono una penalista – commenta l’avvocato Titti Beccamanzi, che stava assistendo Stefania nella procedura di separazione consensuale dal marito – ma che ci fa una persona alle cinque del mattino con una pistola?». Sulla stessa linea la deputata di Forza Italia Mara Carfagna, che da ministro delle Pari opportunità fu la promotrice della legge sullo stalking. «Trovo singolare escludere la premeditazione quando si va da una donna armati dopo averla già sottoposta a una serie di minacce e intimidazioni. Vedremo quali saranno gli sviluppi. Ma la magistratura non può trasmettere segnali di debolezza. Lo deve alle donne che subiscono violenza».
Quando è stato interrogato subito dopo il delitto, D’Aponte si è avvalso della facoltà di non rispondere. All’avvocato Paola Calvano, che lo ha difeso d’ufficio nella prima fase, ha assicurato che non era sua intenzione uccidere la donna e che il colpo era partito accidentalmente. Sulla provenienza dell’arma sono in corso gli accertamenti dei carabinieri. La pistola ha infatti un numero di matricola che non risulta attribuito ad alcun proprietario e non dovrebbe trattarsi di quella legalmente detenuta dal papà di Stefania e custodita in cassaforte.
La donna non aveva mai denunciato le violenze subite dal marito, padre dei suoi due figli «per paura e perché sperava ancora di tenere insieme la famiglia», hanno spiegato i familiari. Era stato D’Aponte, il 14 ottobre scorso, a denunciare il suocero al culmine dell’ennesima lite familiare. Tutti aspetti che dovranno ora essere scandagliati dalle indagini.
Resta però il dramma di Stefania, che pur giovanissima aveva lasciato una lettera-testamento per chiedere che i figli venissero affidai ai nonni in caso di sua morte. «La lotta contro la violenza sulle donne – afferma Mara Carfagna – va fatta a vari livelli: devono contribuire la scuola, la famiglia, i media. Ma dinanzi a queste tragedie mi viene da dire, innanzitutto, che non vanno sottovalutate le avvisaglie: altrimenti può essere troppo tardi».

Uccisa dal marito. Il rebus della telefonata al 118 (il Mattino – 21 ottobre 2016)
La telefonata al «118», quella durante la quale chiede aiuto e, nello stesso tempo, si consegna ai carabinieri è il nodo dell’inchiesta della procura di Napoli Nord, il punto di «luce» sul quale sia l’accusa che la difesa concentreranno i propri sforzi per definire la posizione di Carmine D’Aponte, il 33enne che è in carcere per avere ucciso la moglie, Stefania Formicola. Per la procura, quella telefonata è una sorta di «confessione»; per la difesa, la prova di un immediato «pentimento», di una presa di coscienza dopo un raptus dal quale non si può tornare indietro, un tentativo di salvare la vita alla madre dei suoi figli, dopo che le aveva sparato un colpo di pistola nella pancia. Risponde di omicidio premeditato e aggravato dai maltrattamenti: è in cella, a Poggioreale. I capi d’accusa che orbitano attorno all’omicidio e che determineranno, in fase processuale, l’entità della pena, si reggono sulla ricostruzione della vicenda da parte dei familiari di Stefania Formicola.
Una ricostruzione postuma di violenze che sarebbero andate avanti per anni ma che sono saltate fuori solo dopo la morte della giovane mamma. Dopo l’omicidio, i genitori della 28enne hanno parlato di maltrattamenti continui di D’Aponte sulla giovane moglie. Percosse, minacce: per questo, hanno detto i Formicola, Stefania l’aveva lasciato ed era tornata a casa della mamma. Ma in realtà non era andata lontano. Abitava nello stesso palazzo in cui si trova la casa coniugale dove, paradossalmente, continuava a vivere D’Aponte.
Ma di quelle minacce e dei maltrattamenti non c’è traccia: se D’Aponte ha veramente picchiato sua moglie, non solo lei non lo ha mai denunciato, ma neanche l’hanno fatto i suoi genitori. Eppure, stando a quanto hanno raccontato dopo la tragedia, sapevano che Stefania era vittima di maltrattamenti continui. È ciò che sostengono ed è ciò che ha fatto sì che la procura diretta da Francesco Greco contestasse al 33enne non solo l’omicidio premeditato, visto che l’uomo è salito in macchina con la moglie armato di una pistola, ma anche l’aggravante dei maltrattamenti. Dopo essere stato bloccato dai carabinieri di Giugliano diretti dal capitano Antonio De Lise, D’Aponte ha preferito tacere. Potrebbe parlare con il gip durante l’udienza di convalida e spiegare perché ha ucciso la moglie togliendo ai suoi bambini la possibilità di crescere con la loro mamma.

Le disposizioni del gip: “Il marito vada in carcere”. L’assassino rubò la pistola al suocero. (Corriere del Mezzogiorno – 22 ottobre 2016)
Il muratore risponde alle domande del gip: «E’ stato un colpo accidentale»
Il gip di Napoli Nord Fabrizio Finamore ha convalidato il fermo di Carmine D’Aponte, che mercoledì scorso ha ucciso la moglie Stefania Formicola, e ne ha disposto la custodia cautelare in carcere. Accolta dunque la richiesta del pm Fabio Sozio. Il difensore dell’indagato, avvocato Antonio Verde, ha già annunciato il ricorso al Riesame. Nel corso dell’udienza di convalida, che si è svolta questa mattina, il muratore ha ribadito la sua versione secondo la quale il colpo di pistola è partito accidentalmente; aveva con sé una pistola detenuta clandestinamente dal suocero perché temeva che questo potesse aggredirlo, come già aveva fatto nei giorni scorsi.
I rapporti tra suocero e genero erano molto tesi, tanto che D’Aponte aveva denunciato Luigi Formicola. Una cosa — il difficile rapporto con il suocero Luigi — sul quale D’Aponte si è soffermato molto; quel suocero che pochi giorni fa aveva querelato per minacce e che, a suo dire, gli aveva anche sparato. Quel suocero che, secondo i netturbini che erano in via Plutone mercoledì mattina, ha nominato poco prima di fare fuoco: ha gridato, infatti «Devo uccidere tuo padre». E quando Stefania ha risposto «Ma prima devi uccidere me», è iniziata la lite.
«La pistola da cui è partito il colpo che ha ucciso Stefania l’ho rubata a mio suocero – ha poi aggiunto – perché lui mi minacciava spesso e mi maltrattava, anche davanti ai miei figli, tanto che qualche giorno fa l’ho anche denunciato. Io invece a Stefania non l’ho mai maltrattata». L’uomo aveva nascosto la pistola dopo averla sottratta. «L’arma, clandestina, era nascosta nel garage – ha spiegato – ho deciso di prenderla dopo che qualche giorno fa mio suocero – ha proseguito D’Aponte alzandosi dalla sedia con il permesso del Gip e mimando l’accaduto – mi minacciò con un’altra pistola da lui detenuta; sparò anche un colpo in aria, ma all’esterno dell’abitazione. Ho anche dei file audio con cui ho registrato i litigi, ma sono sul telefono che mi è stato sequestrato. La causa dei nostri dissidi era sempre mio suocero. Mercoledì io e Stefania ci eravamo riappacificati, la notte avevamo dormito insieme, ci eravamo anche dati un bacio; poi lei mi ha accompagnato a Sant’Antimo dove dovevo lavorare». «Andava tutto bene, poi abbiamo iniziato a parlare di mio suocero; le ho fatto vedere la pistola, le ho detto che la portavo per paura di suo padre, lei si è impressionata, ha pensato che potessi fare qualche sciocchezza e ha provato a togliermela di mano. Sono stati momenti concitati, poi è partito il colpo. Ma io non volevo farle del male, l’amavo come la prima volta».
Per la difesa il colpo è stato esploso in modo accidentale: Carmine, cioè, non avrebbe avuto intenzione di uccidere la moglie, tant’è che poi ha chiamato il 118 e si è lasciato arrestare dai carabinieri. Il giovane muratore, che viene descritto come un ragazzo immaturo nonostante i due matrimoni e i tre figli, si sarebbe sentito oppresso da Luigi Formicola, che, a suo dire, si intrometteva troppo spesso nelle faccende familiari e si comportava in modo aggressivo.
Carmine D’Aponte, evidenzia ancora il suo avvocato, si sentiva frustrato perché la sua querela non era stata considerata con particolare attenzione dai carabinieri. Nell’esposto il giovane affermava di temere per la propria incolumità e si soffermava sulle armi che il suocero deteneva. Di conseguenza, si aspettava dei controlli che invece, a quanto pare, non ci sono stati. «Questa vicenda – spiega l’avvocato Verde – non è esattamente come l’hanno raccontata i giornali. Ci sono vari punti da rettificare. Il mio assistito ha tutta l’intenzione di chiarire alcuni elementi al giudice ed io sono fiducioso che il suo ruolo sarà chiarito”. Di certo – su questo tutti sono d’accordo – in famiglia il clima era molto teso e i litigi erano continui. Di sera Stefania raggiungeva con i due bambini la casa dei genitori per dormire tranquilla, mentre negli ultimi tempi Carmine non rientrava neppure a casa dopo il lavoro».
All’omicida il pm Fabio Sossio, d’accordo con il procuratore Francesco Greco e con l’aggiunto Carmine Renzulli, non ha contestato l’aggravante della premeditazione: una decisione che ha suscitato polemiche ma che la Procura difende. Sarà interessante conoscere le valutazioni che sul punto farà il gip. La difesa ha già preannunciato che farà ricorso al Riesame per ottenere almeno gli arresti domiciliari.
Mercoledì mattina, intorno alle sei, Carmine e Stefania erano usciti di casa con l’auto di lei. Stefania, che lavorava in una casa di cura, aveva accettato di accompagnarlo a Sant’Antimo, dove lui sperava di venire ingaggiato come manovale a giornata. Ben presto però la coppia aveva cominciato di nuovo a discutere dei problemi familiari: a quel punto è partito il colpo di pistola che, in pochi minuti, ha spezzato la vita di Stefania. L’ambulanza è arrivata pochissimo tempo dopo: a quell’ora, infatti, non c’era traffico. Il medico che era a bordo, però, non ha potuto fare nulla per la giovane mamma.

 

Stefania, uccisa dal marito, video choc col bimbo. Il nonno: “Era solo un gioco” (il Gazzettino – 6 novembre 2016)
«In quel video scherziamo con il bambino, io gli dico di sparare al papà, lui dice di sparare a me»
. Parla Luigi Formicola, padre di Stefania, uccisa dal marito, Carmine D’Aponte, il mese scorso. Formicola è indagato in un procedimento connesso all’omicidio perché, prima di ammazzare Stefania, il muratore andò a denunciare il suocero raccontando che lo aveva minacciato e gli aveva sparato. Una querela di parte che avrebbe probabilmente giaciuto sulla scrivania del pm ancora a lungo se, intanto, la situazione non fosse precipitata nel modo peggiore, vale a dire con la morte di Stefania.
Da quel momento, è emerso uno scenario di maltrattamenti ai danni della giovane mamma da parte del marito, storie che però non sono mai state verbalizzate e che ora raccontano i suoi familiari. La procura di Napoli Nord a partire da domani interrogherà in merito una dozzina di persone, ritenute informate sui fatti. Vicini di casa e amici che verranno chiamati a parlare dei presunti maltrattamenti.
Luigi Formicola intanto è stato sottoposto a un lungo interrogatorio. Gli è stato chiesto di spiegare il contenuto di quel video choc che la difesa di D’Aponte, rappresentata dall’avvocato Antonio Verde, ha depositato in procura. Un video in cui, secondo l’uxoricida, si vede il figlio di sei anni puntargli contro la pistola del nonno e il nonno dire al piccolo «spara a papà». Lo stesso video che, invece, secondo la difesa di Formicola, «è solo un gioco in cui al bambino sia il nonno che il papà chiedono di mimare il gesto di “sparare”».
Luigi Formicola, il papà di Stefania, la giovane mamma ammazzata con un colpo di pistola tre settimane fa a Sant’Antimo, è accusato di minacce a carico del genero. La denuncia, sporta il 14 ottobre, una settimana prima del femminicidio, riguarda un episodio che si sarebbe verificato sei giorni prima. E, Formicola, ha raccontato cosa accadde quel pomeriggio, dopo che è stato lo stesso D’Aponte a dare notizia, prima nella denuncia sporta a carico del suocero, poi nei due interrogatori cui è stato sottoposto dopo l’arresto, dei rapporti tesi con la famiglia d’origine della moglie, causa, a suo dire, delle incomprensioni coniugali. Racconta una storia diversa, Formicola. «Quel pomeriggio – ha detto al pm – mia figlia ci chiamò perché Carmine stava spaccando tutto, quando entrammo in casa loro suo marito aveva un martello in mano e stava rompendo i mobili. Fino a quel momento, non sapevo cosa Stefania fosse costretta a subire, quindi rimasi sconvolto».
Formicola è stato ascoltato alla presenza del suo avvocato, Raffaele Chiummariello, dal pm Fabio Sozio. «Quando ho visto che oltre a dare addosso a mia figlia, inveiva anche nei confronti di mia moglie, le ho prese entrambe e siamo andati via». Poi andarono dai carabinieri, alla stazione di San Marcellino, ma non ci fu alcuna denuncia. «Andammo dall’avvocato per avviare le pratiche di separazione», ha riferito Formicola. Nessuno poteva immaginare cosa sarebbe successo di lì a qualche giorno.
D’Aponte, invece, passata una settimana andò a denunciare il suocero. Per questo ora Formicola risulta indagato nel procedimento connesso a quello dell’omicidio ed entrambi i fascicoli sono in capo allo stesso sostituto procuratore di Napoli Nord. La fase attuale dell’inchiesta è di vitale importanza per verificare la sussistenza dell’aggravante dei maltrattamenti senza la quale, l’uxoricida, può sperare in una condanna diversa dal massimo della pena.

 

Femminicidio, uccise la moglie con un colpo di pistola a Napoli: ergastolo (la Repubblica – 12 febbraio 2018)
L’omicidio a Sant’Antimo risale al 16 ottobre 2016. La madre della vittima: “Oggi è stata fatta giustizia”
Ergastolo.
Questa la condanna emessa dal Tribunale di Napoli Nord per Carmine D’Aponte, l’uomo che nell’ottobre del 2016 uccise con un colpo di pistola la moglie Stefania Formicola. I due vivevano a San Marcellino, nel Casertano, ma l’omicidio avvenne a Sant’Antimo, nel Napoletano. “Era questo il nostro scopo, ma non mi aspettavo che lo condannassero all’ergastolo. Questa volta è stata fatta veramente giustizia”. Esprime gioia mista a dolore Adriana Esposito, la madre di Stefania Formicola, la donna di 28 anni uccisa all’alba del 19 ottobre del 2016, a Sant’Antimo (Napoli), con un colpo di pistola al cuore sparato dal marito Carmine D’Aponte dal quale si stava separando e con il quale era ferma in auto. Poco fa D’Aponte è stato condannato all’ergastolo con isolamento diurno, per omicidio volontario, dal gup Daniele Grumieri del Tribunale di Napoli Nord.

Omicidio di Stefania Formicola, ergastolo per il marito (la Repubblica – 8 gennaio 2019)
I giudici della Corte d’Appello di Napoli confermano la sentenza di primo grado
“Giustizia è fatta”: sono le parole pronunciate da Luigi Formicola e dalla moglie Adriana a chiusura del processo di secondo grado sull’omicidio della figlia Stefania che ha visto la condanna di Carmine D’Aponte, marito di Stefania, alla pena dell’ergastolo. Così hanno deciso i giudici della seconda sezione della Corte d’Assise d’Appello di Napoli che lo hanno riconosciuto colpevole di aver ucciso con un colpo di pistola al cuore la moglie all’alba del 19 ottobre del 2016 nel comune di Sant’Antimo (Napoli). La Corte ha accolto la richiesta del sostituto procuratore generale Edoardo Cilenti confermando così il verdetto di primo grado emesso nel febbraio dello scorso anno all’esito del giudizio abbreviato.
Carmine D’Aponte e Stefania Formicola si stavano separando, quando D’Aponte contattò la 28enne chiedendole un incontro per chiarirsi. D’Aponte però si presentò all’appuntamento armato e aprì il fuoco. Gli investigatori trovarono anche un diario tenuto dalla donna nel quale raccontava le violenze che subiva dal marito e in un passaggio si appellava ai suoi genitori implorandoli di prendersi cura dei suoi due figli se le fosse accaduto qualcosa. Un presagio che fu ricordato anche durante l’omelia del rito funebre nel rione don Guanella a Miano, dove era nata e cresciuta.
Nel processo si sono costituiti parte civile i genitori e i figli di Stefania Formicola (rappresentati dagli avvocati Raffaele Chiummariello, Anna Pedata e Libera Cesino), nonché l’associazione ‘Libera dalla violenza’

Uccise la madre dei suoi figli, ergastolo definito per il papà killer (Anteprima24 – 18 febbraio 2020)
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato da Carmine D’Aponte accusato di aver ucciso la moglie Stefania Formicola il 18 ottobre del 2016 a Sant’Antimo (Napoli). Così la condanna all’ergastolo è diventata definitiva per lui che ha sempre dichiarato di non aver mai avuto l’intenzione di volere uccidere la madre dei suoi due figli che adesso sono stati affidati ai nonni materni. La donna venne avvicinata dal marito, con il quale era in procinto di divorziare, e venne uccisa all’interno della sua automobile. Lui le aveva chiesto un ultimo appuntamento per chiarire definitivamente la situazione ma all’appuntamento si presentò con la pistola con la quale le esplose un colpo di pistola al petto. Da anni subiva le violenze del marito fino a quando non aveva deciso di lasciarlo. Non fece però in tempo e la furia omicida dell’uomo le tolse la vita. Lei su un diario scriveva dei tormenti e della paura di lasciare i suoi di figli: temeva di essere uccisa.


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