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Carlo Cosco, 39 anni, padre. Affiliato alla ndrangheta, fa rapire e uccidere l’ex compagna per vendetta. La figlia si costituisce parte civile e lo fa condannare all’ergastolo

Milano, 24 Novembre 2009

MILANO - SEI ARRESTI PER L' OMICIDIO DI LEA GAROFALO, UCCISA E SCIOLTA NELL' ACIDO DALLA 'NDRANGHETACarlo Cosco, 39 anni, padre. Ndranghetista. Commissiona il rapimento, la tortura, l’uccisione e lo scioglimento in 50 litri di acido dell’ex compagna, per vendetta.

Giuseppe Cosco detto “Smith”, 45 anni.

Vito Cosco detto “Sergio”, 40 anni.

Massimo Sabatino, 36 anni. 

 

 

Rosario Curcio, 32 anni. Incensurato fino al momento dell’arresto. Condannato all’ergastolo per aver bruciato il corpo di Lea in un bidone,si uccide in carcere il 1 luglio 2023

 

Carmine Venturino, 31 anni, appartenente al clan di Carlo Cosco, fidanzato di Denise. Prese parte all’uccisione di Lea Garofalo, ma durante il processo decise di pentirsi e parlare, facendo ritrovare i resti della donna. Il padre si suicida.

 

 

 

 

 

 


Titoli & Articoli

Uccisa e sciolta nell’acido, sei ergastoli  – Condannato l’ex compagno
Rapita e torturata per ordine del suo ex: il pm ha chiesto sei ergastoli a carico di tutti gli imputati
… Lo ha deciso la Corte d’Assise di Milano che venerdì ha condannato al carcere a vita l’ex compagno della donna e gli altri 5 imputati. L’ergastolo con l’isolamento diurno di un anno, è stata inflitta a Giuseppe Cosco, Rosario Curcio e Massimo Sabotino.
Per la figlia di Lea Garofalo, Denise, che si è costituita parte civile contro il padre, Carlo Cosco, è stato disposto un risarcimento di 200.000 euro. I giudici della Corte d’Assise di Milano si sono riuniti poco dopo le 16 in camera di consiglio per emettere la sentenza del processo per il sequestro e l’omicidio della testimone di giustizia che venne uccisa e sciolta nell’acido il 24 novembre del 2009.
Lea Garofalo godeva di un programma di protezione testimoni e viveva in una località protetta, ma aveva scelto di riunciarvi per poter stare vicina alla figlia Denise. Appunto per parlare delle sue scelte scolastiche aveva accettato un appuntamento con il padre della ragazza a Milano: l’uomo però, secondo l’accusa, la fece rapire dai suoi complici, che la portarono in un’area fuori mano a San Fruttuoso (Monza), la torturarono per farla parlare, la uccisero e sciolsero il cadavere nell’acido.
In Tribunale è arrivato anche don Luigi Ciotti, presidente della storica associazione antimafia Libera. Davanti all’aula della prima corte d’assise, ad attendere la sentenza, c’è anche Nando Dalla Chiesa, figlio del generale Carlo Alberto, ucciso dalla mafia e l’attore e consigliere regionale Giulio Cavalli. Oltre ad alcuni parenti sono poi presenti i ragazzi di Libera che hanno spesso seguito le varie udienze del processo e gli studenti di Nando Dalla Chiesa, anche professore universitario. Anche il presidente del consiglio comunale Basilio Rizzo è presente al palazzo di giustizia per la lettura della sentenza.
Carlo Cosco, l’ex compagno della vittima – Prima che i giudici si riunissero, ha preso la parola uno dei sei imputati, Carlo Cosco (il compagno della vittima), esponente della ‘ndrangheta crotonese, accusato di essere il mandante dell’omicidio. Quest’ultimo ha voluto replicare a quanto detto, durante la requisitoria, dal pubblico ministero Marcello Tatangelo, che aveva definito i sei imputati dei «vigliacchi» perché avevano ucciso insieme una donna.
«Il pubblico ministero dice che siamo vigliacchi – ha affermato Carlo Cosco – io ho la terza media, il pm è un dottore e laureato, ha ragione a dire che sei uomini che uccidono una donna sono vigliacchi. Lo farei anch’io se l’avessimo uccisa, ma noi non siamo vigliacchi perché non l’abbiamo uccisa. Se avessi avuto la sciagurata idea di uccidere la mia ex compagna, non mi sarei servito di cinque persone». «Non è stato un omicidio, mai, mai», ha concluso Cosco, ringraziando infine i giudici e augurando loro una buona Pasqua.
«IL CORAGGIO DELLA FIGLIA» – «Il fatto più importante oggi è che una giovane ragazza a cui hanno ucciso la mamma ha avuto il coraggio di essere testimone di giustizia. Ha rotto la paura e l’omertà e ha portato il suo contributo a scrivere una pagina di giustizia e verità». È questo il pensiero che Denise, la figlia di Lea Garofalo, ha espresso attraverso il suo legale Vincenza Rando. La ragazza ventenne ha atteso nascosta per motivi di sicurezza, la sentenza di condanna. Il legale, emozionato, ha sottolineato l’intelligenza e il coraggio di Denise, che si è costituita parte civile contro il padre imputato nel processo e sottolineato che il Paese deve essere orgoglioso di una ragazza come lei.


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