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Attilio Berlingeri “lo zingaro”, 56 anni, pluripregiudicato. Già denunciato per lesioni, uccide l’ex compagna con due colpi di pistola, aggiunge che voleva tagliarle la gola con l’accetta. Ritenuto capace di intendere e di volere, gli vengono riconosciute comunque le attenuanti per una patologia psichiatrica e viene condannato a 16 anni con rito abbreviato

Seregno (Monza Brianza), 29 Agosto 2016


Titoli & Articoli

«In macchina aveva pistola e accetta, Ero pronto a sparare per fermarlo»
Il maresciallo dei carabinieri racconta come ha arrestato il killer Attilio Berlingeri. La folle corsa lungo la Valassina per seminare i militari
«Fermati. Fammi vedere le mani. Non ti muovere». Attilio Berlingeri è chiuso nella sua Daewoo Matiz. Viale Monte Grappa di Cinisello Balsamo. L’auto del killer di Seregno s’è bloccata lì, nel tentativo di seminare la Bmw che lo stava pedinando. Per i primi dieci chilometri, lungo la Valassina verso Milano, Berlingeri non s’è accorto di niente. Poi ha iniziato a girovagare senza senso: rotonde percorse due volte, svolte improvvise, partenze ritardate ai semafori. Il tutto con uno scopo preciso: liberarsi di quella Bmw che — ormai era chiaro — lo stava seguendo.
L’ultimo tentativo è stato quello di accostare all’improvviso e fermarsi in viale Monte Grappa. Sulla Bmw alle sue spalle c’è un maresciallo dei carabinieri di Desio. È solo e in borghese. Appena ha saputo dell’omicidio e che la persona ricercata si stava muovendo su una Matiz verso Milano, è salito in macchina e insieme ai colleghi ha cercato di intercettare il killer lungo le principali vie di fuga. Che da Seregno, verso sud, sono solo tre: la Milano-Meda, la vecchia Comasina e appunto la Valassina. Era trascorsa una mezz’ora dall’omicidio quando, mentre dal comando provinciale dei carabinieri di Milano venivano organizzati posti di blocco in mezza provincia, il maresciallo ha visto quella Matiz sfrecciare sulla superstrada.
Il maresciallo era appostato, quasi nascosto, in un piazzale che offre una buona visuale sulla strada. Ha avvisato i colleghi e s’è buttato nella carreggiata. Per una decina di minuti Berlingeri, 56 anni, non s’è accorto di nulla. Era sudato, la camicia azzurra aperta, gli occhi stralunati. Poi il dubbio che quell’auto lo stesse effettivamente seguendo e il tentativo di seminare il pedinamento. La fuga del killer di Carmela Aparo è finita dopo una manciata di chilometri.
Appena Berlingeri si ferma, la Bmw si avvicina. La zona è piena di carabinieri. Il maresciallo scende di corsa con la pistola in pugno. Affianca il lato guidatore: «Fai vedere le mani. Non ti muovere». Berlingeri resta immobile per alcuni secondi. «Non immaginavo cosa potesse succedere», confiderà il militare. Il maresciallo sa che il killer è armato di un revolver Smith & Wesson e di un’accetta, con la quale, dirà, voleva staccare la testa alla ex compagna. Nel frattempo arrivano in viale Monte Grappa altri equipaggi da mezza Brianza, già impegnati nelle ricerche dell’assassino. È il maresciallo, anni di esperienza in strada, ad aprire la portiera ed «estrarre» Berlingeri dal veicolo. Il 56enne è a terra, basta il solo carabiniere per ammanettarlo. Sono attimi convulsi. Via radio arriva la comunicazione a tutti gli equipaggi che la situazione è in sicurezza.
Sul sedile del passeggero, dentro a una borsa di carta, c’è la pistola: nel tamburo ci sono cinque bossoli e una pallottola inesplosa. L’arma s’è inceppata durante l’omicidio. «Se al momento dell’arresto Berlingeri si fosse mosso verso la pistola, avrei sparato». E non poteva essere altrimenti vista la pericolosità dell’assassino in fuga. Ma Attilio «lo Zingaro» (come è soprannominato) non prova a reagire. È agitato: «Ammazzatemi, sparatemi qui. Ho fatto una cazzata». Il killer viene portato in caserma. Sull’auto viene sequestrata anche l’accetta, che non ha tracce di sangue. Al comando il 56enne ammette: «Le ho sparato, volevo tagliarle la testa. Quella maledetta mi ha rubato un sacco di soldi».

Attilio, Carmela e l’agguato del ’92. Storie di mala della Brianza
Attilio «lo Zingaro» e Carmela, omicida e vittima del delitto di Seregno, erano scampati ad un agguato della mala 24 anni fa. Lui, in permesso premio dopo l’arresto per traffico di droga, aveva deciso di trascorrere i giorni di Pasqua a casa della fidanzata. Quella Carmela Aparo, all’epoca 40enne, originaria di Lentini in provincia di Siracusa, che solo tre anni prima era stata arrestata per aver preso a coltellate una ragazza di 23 anni che s’era innamorata del suo Attilio e per questo quasi ci aveva rimesso una mano.
Storie di mala della Brianza, vicende calate in anni nei quali si sparava con facilità e gli omicidi superavano quota cento all’anno. Anche Carmela e Attilio Berlingeri, classe 1960, sarebbero dovuti diventare un nome sopra una lapide. Almeno così la pensavano quei due finti carabinieri che la notte del 21 aprile ‘92 s’erano presentati a casa Aparo fingendo una perquisizione.
La coppia non aveva aperto e i killer avevano sparato di rabbia attraverso la porta: Berlingeri ferito alla spalla sinistra, mentre le pallottole distruggono le ossa del braccio sinistro di Carmela Aparo. Alla fine entrambi furono salvi. Il soprannome «lo Zingaro» deriva dal cognome Berlingeri, noto a Rosarno in provincia di Reggio Calabria come il clan «degli zingari». Una vita passata tra Carate Brianza, Desio e Seregno, sfiorato da molte inchieste e condannato per droga e violenze. Gente di malavita, Attilio e Carmela. Non una coppia alla Bonnie & Clyde, ma una famiglia disastrata rimasta ancorata ad un mondo criminale che oggi non esiste più. Nel 2016 Attilio «lo Zingaro» era soltanto un uomo terrorizzato dall’idea di chiudere quel rapporto burrascoso durato 30 anni. Carmela lo aveva anche denunciato per lesioni. Nessuno sa perché ieri abbia accettato di incontrarlo. Forse era solo l’ennesimo prendersi e lasciarsi. Ma stavolta Attilio l’ha uccisa. E procurarsi una pistola non deve essere stato difficile per un vecchio arnese della mala.

 

Omicidio di Carmela Aparo: l’ex convivente condannato a 16 anni (PrimaMonza – 4 ottobre 2017)
Durante il processo la difesa, portata avanti dall’avvocato Norberto Argento, ha puntato sull’incapacità di intendere del 57enne

Omicidio di Carmela Aparo: l'ex convivente condannato a 16 anni

Condannato con rito abbreviato a 16 anni. Riconosciute le attenuanti per una patologia psichiatrica
E’ stato condannato dal tribunale di Monza a 16 anni Attilio Berlingeri, il 57enne di Seregno detto “lo zingaro“, accusato dell’omicidio premeditato della ex convivente Carmela Aparo. A Berlingeri sono state riconosciute le attenuanti in quanto affetto da una patologia psichiatrica. L’omicidio della 65enne è avvenuto il 29 agosto del 2016. Berlingeri ha ucciso la donna con due colpi di pistola al torace in mezzo alla strada a Seregno.
Il processo. Durante il processo la difesa, portata avanti dall’avvocato Norberto Argento, ha puntato sull’incapacità di intendere del 57enne, ma la perizia psichiatrica ha escluso la possibilità che Berlingeri fosse infermo di mente. La pubblica accusa ha comunque tenuto conto dei problemi che affliggevano l’uomo.

Seregno: confemata in Appello la condanna a sedici anni per l’omicidio di Carmela Aparo (il Cittadino – 28 giugno 2018)
La Corte d’assise d’appello ribadisce la condanna a 16 anni per Attilio Berlingeri, colpevole dell’omicidio di Carmela Aparo, ammazzata a colpi di pistola in mezzo alla strada il 29 agosto 2016, davanti allo stadio di Seregno.
La Corte d’assise d’appello ribadisce la condanna a 16 anni per Attilio Berlingeri, detto lo “zingaro”, colpevole dell’omicidio di Carmela Aparo, ammazzata a colpi di pistola in mezzo alla strada il 29 agosto 2016, davanti allo stadio di Seregno. La sentenza di secondo grado è stata confermata il 27 giugno dai giudici di secondo grado, che hanno confermato la pronuncia del gup monzese Federica Centonze (che aveva accolto la richiesta della procura), dell’ottobre 2017, al termine del processo celebrato col rito abbreviato, che concede lo sconto di un terzo della pena. Il processo ha sancito che il 57enne seregnese Berlingeri non è infermo di mente, ma soffre comunque di una patologia psichiatrica. Circostanza che, in primo grado, gli è valsa il riconoscimento delle attenuanti


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