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Andrea Landolfi Cudia, 30 anni, operatore sociosanitario, ex pugile, padre separato. Già denunciato per maltrattamenti dalla ex compagna, lancia la fidanzata dalle scale

Ronciglione (Viterbo), 4 Febbraio 2019


Titoli & Articoli

Maria Sestina, Chi l’ha Visto: «Il fidanzato era stato denunciato per maltrattamenti» (Leggo – 20 febbraio 2019)
Cosa è successo a Maria Sestina Arcuri, la ragazza di appena 26 anni morta in seguito a una presunta caduta dalle scale a Ronciglione? La Procura di Viterbo indaga per omicidioChi l’ha Visto? prova a fare luce sul caso. Le lesioni e i traumi non sarebbero compatibili con la versione del fidanzato, Andrea Landolfi, e infatti i sospetti sono subito ricaduti sul ragazzo, che in passato era stato denunciato per maltrattamenti da un’ex fidanzata per poi essere assolto. 
La trasmissione di Rai Tre ricostruisce i fatti avvenuti nella notte a cavallo tra il 3 e 4 febbraio e si sofferma sul rapporto della coppia. Andrea era geloso e aggressivo con gli amici di infanzia della ragazza. Al ritorno dalle vacanze di Natale Maria Sestina si era licenziata dal salone da parrucchiera dove stava per essere promossa responsabile. «Ci è sembrato strano, era il suo sogno», raccontano i famigliari. La sera dell’incidente i due erano stati visti in un pub mentre discutevano. La mattina dopo, la disperata corsa all’ospedale dopo la caduta.  Maria Sestina era partita da Nocara, un paesino in provincia di Cosenza, lasciando la sua famiglia di origine per cercare di emergere nel suo lavoro. Voleva trasferirsi in Spagna ed aprire un salone di bellezza ad Ibiza. Le sue ambizioni si sono infrante per sempre il 4 febbraio. Secondo la versione del fidanzato, i due stavano trascorrendo il weekend a casa della nonna del giovane e sono caduti dalle scale mentre scherzavano. Dopo l’incidente sarebbero andati a dormire e soltanto nella notte il giovane si sarebbe accorto che la ragazza stava male e doveva essere ricoverata. Maria Sestina è morta dopo atroci sofferenze all’ospedale Belcolle di Viterbo dopo che i medici hanno fatto di tutto per salvarla.
Dalle indagini è emerso che in passato il ragazzo è stato denunciato per maltrattamenti e che ha subito un processo dal quale è stato assolto. Aveva difficoltà a gestire la sua aggressività, spesso aveva sbalzi d’umore, tempestava l’ex fidanzata di messaggi ed era possessivo. Se qualcuno la guardava per strada, la insultava. Una volta ha aggredito un ragazzo per futili motivi facendogli saltare un dente. Secondo l’ex, quando era nervoso prendeva e spaccava qualsiasi oggetto. Un giorno le ha anche tirato i capelli e l’ha picchiata fino a ferirla. Lei è finita al pronto soccorso, ma ha omesso le cause. Dopo vari “tira e molla” ha preso coraggio e sporto denuncia. Il procedimento è terminato dopo tre anni con l’assoluzione perché il fatto non sussiste. «Per me l’esito di un processo è qualcosa di tombale, l’importante è che non ci siano precedenti specifici», dichiara ai microfoni di Rai Tre l’avvocato difensore di Landolfi. (di Silvia Natella)

Caso Maria Sestina Arcuri, un testimone: “Andrea cadde dalle scale anche con l’ex, ma lui non si fa mai male” (tgCom24 – 2 marzo 2019)
A “Quarto grado” le parole di chi conosceva la 26enne e il fidanzato indagato per omicidio volontario
Per il decesso di Maria Sestina Arcuri è ancora indagato per omicidio volontario il fidanzato Andrea Landolfi. A “Quarto grado” dei testimoni che conoscevano la 26enne e il suo compagno hanno raccontato episodi di violenza e continue liti tra i due. “Io Sestina me la sento sulla coscienza: Andrea andava fermato prima. So che lui le metteva le mani addosso quando abitavano nel quartiere africano” racconta un uomo. Quest’ultimo non è l’unico che ha voluto parlare della coppia, ed infatti un altro testimone narra: “La caduta dalle scale è un fatto che si ripete, avvenne già con l’ex compagna. Sempre la stressa identica scena: tutte e due che cascano dalle scale, uno che si fa male e l’altro no. E guarda caso quello che non si fa mai male è sempre Andrea”.
L’uomo descrive anche il carattere di Landolfi: “Gli basta bere un goccio di alcol e diventa una bestia. Ha fatto anche un percorso per stare meglio, al Centro di Igiene Mentale. Ha provato ma non c’è riuscito a stare meglio: mischiava alcol e psicofarmaci”. Maria Sestina Arcuri si trovava nella casa della nonna del fidanzato Andrea Landolfi a Ronciglione, Viterbo, quando la coppia cadde dalle scale. L’incidente causò alla donna una forte emorragia celebrare che le sarà fatale. Le circostanze della caduta, però, non sono mai state chiarite da Andrea Landolfi che è indagato per omicidio volontario.

Viterbo, morta dopo una caduta dalle scale: «Fu il fidanzato a buttare giù Maria», il Riesame dice sì all’arresto (il Messaggero – 11 giugno 2019)
Il 4 febbraio scorso Maria Sestina Arcuri precipitò per i 17 gradini della casa dei nonni di Andrea Landolfia Ronciglione.  La coppia aveva trascorso fuori porta un weekend. Dopo alcune ore dal volo per le scale la 25enne è stata portata al pronto soccorso di Viterbo, dove è stata prima sottoposta a un intervento neurochirurgico e poi è morta. Il fidanzato ha fin dal principio parlato di un incidente domestico. Una versione a cui l’accusa non ha mai creduto. I magistrati di via Falcone e Borsellino avevano chiesto la misura cautelare per Andrea Landolfi subito dopo le risultanze dell’autopsia sul corpo della giovane. Misura che il gip del Tribunale di Viterbo però non aveva ritenuto necessaria, rigettando la richiesta della Procura. Ieri, in tarda serata, il Tribunale del Riesame a cui era ricorsa la Procura, ha totalmente ribaltato la situazione. La misura cautelare per Landolfi però non è immediata. La difesa ha dieci giorni di tempo per ricorre in Cassazione. E se anche i supremi giudici si esprimeranno in tal senso, il trentenne romano potrebbe finire in carcere con l’accusa di omicidio volontario e omissione di soccorso. Il Riesame ora ha detto sì all’arresto del fidanzato di Maria Sestina Arcuri. Il lungo braccio di ferro tra Procura di Viterbo e difesa segna un punto per l’accusa.

“Maria Sestina lanciata dalle scale e poi insultata” (Tuscia Web – 14 giugno 2019)
Giallo di Ronciglione – I giudici del tribunale del Riesame: “Andrea Landolfi non si è preoccupato delle condizioni della fidanzata, ma l’ha esortata a rimanere in silenzio per paura che qualcuno intervenisse in suo aiuto”
Maria Sestina Arcuri e Andrea Landolfi Cudia si conoscono nell’autunno del 2018. A Roma, dove lui vive e dove lei, 26enne calabrese, era da poco arrivata per inseguire il sogno di fare la parrucchiera. Quel 30enne operatore socio sanitario con la passione per la boxe, Sestina lo incontra durante una serata tra amici. La ragazza è triste e dimessa. Non è un momento facile: ha appena interrotto una gravidanza. Era rimasta involontariamente incinta durante una relazione antecedente a quella con Landolfi. E in quel periodo lui, hanno raccontato amici e parenti agli investigatori, le sarebbe stato molto vicino. A tal punto che Sestina ha poi deciso di iniziarci una storia.
Della “gravidanza interrotta” scrivono pure i giudici del tribunale del Riesame di Roma. E la gravidanza interrotta Landolfi l’avrebbe rinfacciata a Sestina anche durante la discussione avvenuta a Ronciglione, dove stavano trascorrendo il fine settimana, poche ore prima della morte della 26enne. La sera del 3 febbraio “Arcuri – scrive il collegio presieduto da Bruno Azzolini – era profondamente infelice. Piangeva. Landolfi, invece, aveva atteggiamenti scomposti e violenti, dovuti certamente all’eccessiva assunzione di alcol”.
Per i magistrati di piazzale Clodio, “l’indagato ha problemi con l’alcol e ha una personalità instabile, oggetto di plurimi accertamenti da parte del dipartimento di salute mentale della Asl di Roma”. “I problemi che Landolfi ha con l’alcol, al cui abuso reagisce divenendo aggressivo e violento, convincono della sua pericolosità sociale, la cui personalità non offre alcuna affidabilità”. “La violenza e l’aggressività di Landolfi, specie in presenza di abuso d’alcol, è stata confermata dalla madre del piccolo figlio, la quale ha riferito come fosse stata vittima della violenza del compagno tanto da arrivare a denunciarlo per maltrattamenti”. Per molestie e maltrattamenti nei confronti di un’altra ex, Landolfi è anche stato processo. Per poi essere assolto, perché il fatto non sussiste, nei giorni in cui stava cominciando la storia con Maria Sestina.
Maria Sestina, quella 26enne con il sogno di fare la parrucchiera che, secondo il Riesame, Landolfi ha “lanciato nel vuoto, da un’altezza di alcuni metri”, dalle scale di casa della nonna, a Ronciglione, la notte tra il 3 e il 4 febbraio.
Il movente? “Evidentemente futile – affermano i giudici -, essendo riconducibile al rifiuto di essere lasciato ed esaltato, certamente, dall’alterazione psichica dovuta all’alcol”. Per il collegio, “l’indagato ha voluto causare la morte di Arcuri”.
“L’episodio drammatico – spiega il Riesame – non è stato causato da un’improvvisa e imprevedibile manifestazione di violenza di Landolfi. Aveva già in più occasioni minacciato (ad esempio il nonno con il coltello) o usato violenza sulle donne (la prima fidanzata – tirata per i capelli durante un litigio perché aveva avuto un aborto spontaneo, ndr – e la madre del figlio) o su altri (risulterebbe aver preso a pugni uno zio). Può, quindi, ripetersi”. I giudici sottolineano il “pericolo di recidiva, in ragione delle violente modalità di commissione del reato (omicidio volontario aggravato, ndr) e della personalità di Landolfi”. Una personalità che definiscono “violenta, instabile” e incline “alla prevaricazione”. Per il Riesame, “sussistono gravi indizi di colpevolezza a carico di Landolfi che impongono la misura del carcere”.
I magistrati di piazzale Clodio hanno così accolto il ricorso della procura di Viterbo, che dal 15 marzo chiedeva di arrestare Landolfi. Ma il procuratore capo Paolo Auriemma e il pm Franco Pacifici si sono visti respingere la richiesta dal gip Francesco Rigato, secondo il quale “emergono chiari elementi da cui si evince che Maria Sestina Arcuri è morta a seguito di una caduta accidentale”. Ma per i giudici del tribunale del Riesame, quella del gip è “una ricostruzione dei fatti parziale e, sotto molti aspetti, certamente errata”. Inoltre, “ha fornito un’interpretazione sempre e comunque orientata a favore dell’indagato, anche a fronte di oggettivi elementi indiziari di segno contrario”. Il collegio parla di “personali osservazioni e impressioni del primo giudice”, di “conclusioni, alle quali perviene il gip, assolutamente arbitrarie ed errate”. Per il Riesame, non solo la “tesi del gip è inconsistente” ma “non tiene in alcun conto, in modo incomprensibile, quanto affermato dal perito”. Oltre a “non aver compreso l’argomentazione contenuta nella consulenza dei medici legali”. “Le conclusioni della consulenza – evidenziano i giudici – sono chiarissime: viene affermato esattamente il contrario di quanto sostenuto dal gip. Non caduta/rotolamento ma caduta/precipitazione. Maria Sestina Arcuri non è rotolata sulle scale, come falsamente affermato dall’indagato e dalla nonna Mirella Iezzi, ma è precipitata dall’alto della seconda rampa di scale, superando il muretto di protezione, impattando violentemente e riportando le lesioni che l’hanno portata alla morte”.
Per i magistrati di piazzale Clodio, “Landolfi ha certamente ed evidentemente mentito, soprattuto con riferimento alla dinamica della caduta: la ricostruzione degli eventi dell’indagato è falsa”. Ma, secondo i giudici, ha “certamente mentito” anche “la nonna dell’indagato: Mirella Iezzi, le cui dichiarazioni sono certamente mendaci e frutto dell’ostinata volontà di difesa del nipote a dispetto di qualsiasi evenienza anche oggettiva”. Quel “certo, quando l’ha buttata giù…”, detto dalla signora Mirella alla madre di Landolfi e intercettato dagli investigatori, per il collegio “non può lasciar adito a dubbi circa il fatto che la nonna conoscesse perfettamente la reale dinamica dei fatti”. Ma la signora Mirella, per il Riesame, ha paura. Il nipote è infatti indagato anche per lesioni aggravate, proprio nei suoi confronti: con un pugno, quella notte, le avrebbe incrinato tre costole.
Per il collegio, al contrario, le dichiarazioni del figlio di cinque anni di Landolfi “consentono di ricostruire la dinamica degli eventi in maniera totalmente conforme alla ricostruzione della caduta operata dai consulenti”. “Un racconto chiarissimo”, seppur “semplice”, che il bambino ha fatto prima alla madre e poi agli investigatori. Un racconto “difficile cento”, come ha detto alla psicologa che gli chiedeva di classificarne la difficoltà su una scala da uno a dieci. Alla psicologa ha poi mimato la scena, che ha visto di nascosto, con un peluche di Topo Gigio: il padre ha provato ad abbracciare Maria Sestina ma lei lo ha respinto, così lui l’ha sollevata e l’ha lanciata. “Sestina gli ha dato una spinta e papà è andato di dietro – riepiloga il bambino -, tipo se faceva una capriola all’indietro. Ma papà non si è fatto niente. Ha preso la rincorsa, ha fatto un salto… pahhh, pahhh… Papà l’ha sollevata con le braccia e l’ha lanciata alla fine delle scale. Papà a Sestina l’ha lanciata. L’ha spinta nel dritto, l’ha lanciata di peso, l’ha buttata proprio. Bom. Tipo addosso al muro. Bam. Con le scale. L’ha tirata. È arrivata subito alla fine, alla fine delle scale. Non si può fermare e ha fatto (Sestina, ndr) così: Ahhh… Bhaaa… Tipo Tarzan, tipo Tarzan che fa così”. Per il bambino Sestina si è fatta male “undici”, sempre su una scala da uno a dieci. “Sestina – scrivono i giudici – non era in grado di camminare da sola ma era sorretta dall’indagato perché si era fatta molto male. Viene poi adagiata sul divano, prima di essere portata in camera da letto da Landolfi”.
Intorno alle 2,20 della notte tra il 3 e il 4 febbraio, i vicini di casa hanno detto agli investigatori di aver sentito rumore di mobili spostati, sedie che cadevano e strilla di due giovani. Una voce femminile si sarebbe lamentata in modo flebile, mentre quella maschile avrebbe ripetuto: “Zitta, stai zitta ti ho detto. Stronza, piantala”. Secondo il Riesame, “le parole percepite dai testimoni si riferivano al momento successivo alla caduta ed è significativo evidenziare come l’indagato, invece di preoccuparsi delle condizioni di salute della vittima che aveva appena lanciato, la insultasse e la esortasse a rimanere in silenzio. Probabilmente preoccupato di possibili interventi dall’esterno in aiuto della donna”. Tra le 5,30 e le 5,45, un’altra vicina racconta agli investigatori di aver sentito un ragazzo dire “non sono (nome del bimbo di 5 anni, ndr) sono Andrea”, e una voce femminile lamentarsi: “Ahi, mi fai male”. Per il collegio, “è certamente riconducibile alla fase in cui Arcuri manifesta segni di confusione mentale”. Subito dopo Landolfi avrebbe chiamato una zia che gli avrebbe consigliato di far intervenire l’ambulanza. Il 30enne chiama il 118 alle 5,56. Dalla caduta di Sestina dalle scale sono passate quasi quattro ore. Troppe. Da qui anche l’accusa di omissione di soccorso. (Raffaele Strocchia)

 

Uno ha 5 anni, l’altro deficit cognitivi, ma sono testi in un processo per omicidio (Il Dubbio – 12 maggio 2021)
La procura di Viterbo ha ricostruito la vicenda della morte della giovane Maria Sestina Arcuri attraverso le dichiarazioni dei due. Ma per i consulenti non sarebbero attendibili
Possono un bambino di soli 5 anni e un uomo affetto deficit cognitivo con Quoziente Intellettivo pari a 47 essere i testimoni chiave in un caso di omicidio? Stiamo parlando del processo per la morte di Maria Sestina Arcuri, deceduta il 6 febbraio 2019 all’ospedale Belcolle di Viterbo, due giorni dopo una caduta dalle scale di casa della nonna del fidanzato Andrea Landolfi. L’uomo è in carcere dal settembre 2019 accusato di omicidio volontario e omissione di soccorso. Anche la nonna del giovane, Mirella Iezzi, è indagata per false dichiarazioni al pm e omissione di soccorso. La donna ha più volte confermato la versione dei fatti del nipote, sostenendo che sia lui che Maria erano rotolati giù dalle scale.
La sentenza di primo grado è prevista per metà giugno. Secondo la Procura di Viterbo, Maria Sestina è stata lanciata dalle scale dal fidanzato, in seguito ad una lite per gelosia. Al contrario la difesa, rappresentata dagli avvocati Daniele Fabrizi e Serena Gasperini, sostiene invece che si sia trattato di un tragico incidente. Impossibile, per lo spazio che abbiamo, ripercorrere tutte le fasi del processo; però vogliamo soffermarci su due testimonianze. La prima è quella di un trentenne, M. V., a cui la vittima avrebbe confidato poche ore prima di morire di voler lasciare il fidanzato.
Per la Procura e per la consulente del pm, l’uomo sarebbe stato un super testimone «attendibile», perché avrebbe avvalorato la tesi accusatoria per cui Maria Sestina e Andrea Landolfi avrebbero discusso quella notte perché la donna voleva troncare la relazione. Però il perito del Tribunale ha certificato che M. V. «ha una disabilità intellettiva moderata associata a un disturbo d’ansia rilevante, persistente e trasversale. Tale condizione è stata esplorata al fine di giungere a una diagnosi precisa. Si tratta di un ragazzo fragile e vulnerabile a suggestioni. Non è idoneo a testimoniare in dibattimento». Sulla stessa scia il parere della consulente della difesa dell’imputato che nella relazione riferisce alcuni elementi atti a corroborare la tesi per cui il teste fosse inattendibile: l’uomo non ricorda il suo indirizzo di casa, non ricorda l’età del figlio dell’imputato, «si arriva addirittura al paradosso in cui è M. V. che chiede al pm di fornirgli le risposte ovvero dice: “Non ricordo eravamo in quattro? In tre?”; “Chi c’era?” ( per ben due volte); “ho detto bene?”; “ho indovinato?”.
Inoltre, scrive ancora la consulente, «nelle domande del pm e della consulente si riscontrano, in taluni casi, affermazioni tese marcatamente a sollecitare il soggetto nel ricordare di più o “a aggiungere quel pezzettino” che secondo gli interroganti è mancante, nonostante M. V. avesse già spontaneamente risposto alle stesse più e più volte». Alla luce di tutto ciò, il presunto supertestimone dell’accusa non può essere ritenuto dalla Corte come tale. Nonostante questo, ci spiegano gli avvocati Gasperini e Fabrizi, «il pm probabilmente tenterà di convincere la Corte a dare comunque valore a quelle dichiarazioni. Noi abbiamo voluto che quelle dichiarazioni fossero lette dalla Corte per dimostrare la fallacia della relazione della consulente del pm che senza quelle forse non avrebbe disposto la perizia, non di certo per avvalorare una testimonianza inattendibile persino per il perito della Corte».
L’impianto accusatorio si basa anche sulle dichiarazioni che avrebbe reso il figlio dell’imputato, che all’epoca aveva 5 anni, prima alla madre che registra il bambino, dal cui padre, Landolfi, è separata, mentre racconta i fatti oggetto del procedimento penale, e poi in udienza protetta davanti alla psicologa incaricata dal pm. Su tali registrazioni e su quelle rese dal bambino dinanzi la psicologa incaricata dal pm, si è espressa la consulente della difesa, Roberta Bruzzone: «Quello che è accaduto va ben oltre la suggestione ed è censurabile sotto il profilo deontologico. Il bimbo è stato bombardato da sollecitazioni, inneschi, prima dalla madre, che non è stata genuina nemmeno con la Procura, e poi dalla psicologa. È stato spinto in maniera confabulatoria a dire determinate cose, cose che per lui non erano nemmeno importanti. Non a caso non ha mai parlato di un litigio. La madre lo incalza per tutta la durata dell’audio. Non lascia il bambino raccontare liberamente ciò che ricorda ma chiede più e più volte le stesse cose, ribadendo sempre la versione da lei introdotta secondo cui Landolfi avrebbe “lanciato” la sig. ra Arcuri. Invece il bambino in 22 minuti, per ben 9 volte, racconta alla madre che è stata Maria Sestina a spingere l’imputato che quindi è caduto per primo».
L’elemento più grave per la nota criminologa è quel che è accaduto durante l’audizione protetta: «Un’audizione – spiega – durata ben 125 minuti, quando tutte le linee guida raccomandano 45 minuti, 60 al massimo. La psicologa, con le sue domande, le sue ripetizioni, porta il bambino in una direzione che lui non aveva intrapreso. Il bambino non ha mai parlato per esempio del litigio tra suo padre e la vittima». In conclusione, ci dicono i legali, «siamo dinanzi ad una ricostruzione accusatoria figlia di questo periodo storico, dove la morte di una giovane donna deve per forza esser causata “dal fidanzato respinto e violento”. Anche le Procure non sono esenti dall’innamoramento di tali tesi e così sono costrette a forzare la ricostruzione. Qui siamo difronte ad una disgrazia, ad un incidente, che vede due famiglie distrutte. Non c’è stato alcun omicidio». (di Valentina Stella)

 

Viterbo, ribaltata sentenza assoluzione per morte Sestina Arcuri: fidanzato condannato a 22 anni in Appello (il Quotidiano del Lazio – 21 dicembre 2022)
Colpo di scena nell’aula della Corte d’Assise d’Appello di Roma nell’ambito del processo per la morte di Maria Sestina Arcuri, precipitata dalle scale di casa a Ronciglione, nel Viterbese, la notte tra il 3 e il 4 febbraio 2019. La sentenza in Appello ha ribaltato l’esito del processo di primo grado. Oggi, 21 dicembre 2022, i giudici della Corte d’Assise d’appello di Roma hanno condannato a 22 anni di carcere il fidanzato della donna, Andrea Landolfi, che era stato assolto in primo grado dalle accuse di omicidio volontario e omissione di soccorso. Maria Sestina Arcuri aveva 26 anni, era originaria di Nocara, comune della Calabria, e si era trasferita nella Capitale, dove lavorava come parrucchiera. Secondo l’accusa la coppia era a casa della nonna paterna, quando, sempre secondo l’accusa, l’uomo avrebbe spinto la vittima giù dalle scale durante un litigio, morendo ore dopo in ospedale a Viterbo. La Procura generale aveva chiesto una condanna a 24 anni. (Adnkronos)

 

Sestina Arcuri, la Cassazione conferma la condanna a 22 anni per il fidanzato (Roma Today – 10 novembre 2023)
La 26enne morì in ospedale in seguito a una caduta dalle scale di una casa nel viterbese
La Cassazione ha confermato la condanna a 22 anni di carcere per Andrea Landolfi, fidanzato di Maria Sestina Arcuri, la ragazza morta nel 2019 dopo essere precipitata dalle scale di casa a Ronciglione, nel viterbese, la notte tra il 3 e il 4 febbraio. Calabrese, 26 anni, era residente a Roma nella zona del Quartiere Africano e lavorava come parrucchiera in un salone di bellezza di viale Eritrea. I supremi giudici hanno rigettato il ricorso presentato dall’ex pugile romano 33enne che in primo grado era stato assolto dalle accuse di omicidio volontario e omissione di soccorso. Secondo l’accusa la coppia era a casa della nonna quando l’uomo avrebbe spinto la vittima giù dalle scale durante un litigio. I supremi giudici hanno accolto la richiesta del sostituto procuratore generale che ieri in udienza aveva chiesto di rigettare il ricorso presentato dalla difesa di Landolfi, l’avvocato Serena Gasperini.
La morte di Maria Sestina Arcuri. È la notte tra il 3 e il 4 febbraio 2019. Andrea Landolfi e Maria Sestina Arcuri, 26 anni, sono a Ronciglione per trascorrere il fine settimana a casa della nonna di lui. Litigano, forse perché lei voleva troncare la relazione, e durante la discussione la ragazza resta coinvolta in una caduta dall’alto per le scale che le sarà fatale: morirà due giorni dopo all’ospedale di Belcolle. Non un femminicidio ma un incidente domestico per la corte di assise di Viterbo. I giudici togati e popolari del capoluogo della Tuscia accettano la ricostruzione del rotolamento per le scale di entrambi i giovani, e assolvono Landolfi che esce dal carcere.
Sentenza ribaltata in appello. Da innocente, però, Landolfi resterà per poco. La corte d’appello di Roma, a cui avevano presentato ricorso tutte le parti, ribalta completamente la sentenza di primo grado e lo condanna a 22 anni di reclusione. Per i giudici della Capitale, infatti, il 33enne non può che essere colpevole: avrebbe lanciato la fidanzata dalle scale, facendola precipitare dall’alto – unica dinamica ritenuta possibile dalla corte -, e lo avrebbe fatto con “intento letale”.
“Sestina lanciata dalle scale e lasciata morire”. “L’ha lanciata per le scale – ha scritto la corte d’appello nelle motivazioni – e ha omesso qualsiasi iniziativa per cercare di salvarle la vita, completando il suo disegno di morte. L’ipotesi della caduta accidentale è contraria alla logica, alle leggi della fisica e agli accertamenti medico legali sui corpi dell’imputato e della vittima”. Inoltre, viene messo in evidenza che l’ambulanza è stata chiamata solo ore dopo la caduta.
L’avvocato della famiglia di Maria Sestina. “Ora è certo: Maria Sestina è stata strappata violentemente alla sua famiglia”. Il commento a ViterboToday dall’avvocato degli Arcuri Vincenzo Luccisano, in relazione alla sentenza della cassazione che ha confermato in via definitiva la condanna a 22 anni di Andrea Landolfi. “Dopo quattro anni è finalmente arrivata la parola fine a questo processo – dichiara  -. Sono soddisfatto professionalmente e ci sono molti ringraziamenti da fare alla procura di Viterbo, in particolare al pm Franco Pacifici (titolare delle indagini, ndr) e ai suoi collaboratori per il grande lavoro fatto. Ma c’è la tristezza per la famiglia di Sestina a cui è stata sottratta violentemente una figlia e una sorella”.
L’avvocato di Andrea Landolfi . Reazione, dopo la sentenza di terzo grado, anche dalla difesa di Landolfi. “Ho la nausea – afferma l’avvocato Serena Gasperini -. Hanno confermato la condanna per Andrea Landolfi che era stato assolto in primo grado e poi condannato in appello. Se è questo ciò che mi devo aspettare nella mia professione, mi viene voglia di posare la toga. Povero chi ci incappa nella giustizia. C’è da aver paura. Potrebbe succedere a ognuno di noi”.

Maria Sestina Arcuri. La Cassazione: “Non fu una caduta accidentale” (Rai News – 15 marzo 2024)
“E’ stata lanciata dalle scale da Landolfi”. Le motivazioni della sentenza con cui i giudici di terzo grado hanno confermato la condanna a 22 anni di carcere per omicidio volontario, diventata definitiva
“Impossibile che Maria Sestina Arcuri sia morta per una caduta accidentale, è stata lanciata dalle scale da Andrea Landolfi”. Lo scrivono i giudici della prima sezione penale della corte di Cassazione nelle motivazioni della sentenza con cui il 9 novembre scorso hanno confermato la condanna di secondo grado a 22 anni di carcere per Andrea Landolfi.  L’ex pugile romano era accusato di omicidio volontario per aver ucciso, spingendola dalle scale, la compagna di 26 anni Maria Sestina Arcuri uccidendola. Il delitto è avvenuto il 4 febbraio del 2019 a Ronciglione.
Landolfi era stato assolto in primo grado dal tribunale di Viterbo, poi condannato a 22 anni in appello. Sentenza che ora è diventata definitiva. La “natura accidentale della caduta di Maria Sestina Arcuri” venne “smentita dagli elementi probatori acquisiti nel giudizio di merito, tra i quali si attribuiva un rilievo decisivo agli esiti delle consulenze tecniche del pm, affermano i giudici della Cassazione.
Scrivono ancora i magistrati della suprema corte nel dispositivo: “Si riteneva infatti che le lesioni personali riportate da Maria Sestina Arcuri in seguito della caduta” fossero “incompatibili con uno scivolamento lungo le rampe delle scale, imponendo, al contrario, di ritenere che si fosse verificato un impatto violento dell’area cranica della vittima contro una superficie piana e anelastica, provocato da una caduta del corpo, a testa in giù, privo di difese. La possibilità che il decesso della persona offesa fosse stato provocato dal suo scivolamento accidentale per le scale dell’appartamento dove stava litigando con l’imputato, determinato da una condotta colposa dell’imputato che avrebbe fatto volare la donna sopra di sè afferrandola per un braccio, non era compatibile con le gravissime lesioni riscontrate sulla scatola cranica e sul polmone sinistro della vittima, che potevano essere giustificate solo da una precipitazione dall’alto del corpo inerte, che impattava violentemente al suolo con la testa”.

Sestina Arcuri”. Nei guai la nonna 85enne di Landolfi (la Repubblica – 4 febbraio 2024)
L’anziana, secondo l’accusa, nonostante le gravi condizioni della ragazza, fu di intralcio all’intervento dei medici. Ora rischia il processo
Mirella Iezzi rischia il processo. Per la nonna di Andrea Landolfi, il trentenne romano prima assolto e poi condannato con sentenza definitiva a 22 anni per il femminicidio di Maria Sestina Arcuri, la procura di Viterbo ha infatti chiesto il giudizio con le accuse di abbandono di minore, omissione di soccorso e false informazioni al pm. Queste ultime, secondo l’impianto accusatorio, con lo scopo di «sminuire la responsabilità del nipote».
L’udienza di fronte al gup Savina Poli del tribunale di Viterbo, che avrebbe dovuto decidere se accogliere o meno la richiesta che era stata formulata dalla procura diretta da Paolo Auriemma, ma per un difetto di notifica è stata rinviata a giugno. Iezzi, 85 anni, difesa dall’avvocato Guido Giannini, secondo l’accusa la notte del delitto di Ronciglione – quella tra il 3 e il 4 febbraio del 2019 – sarebbe uscita di casa abbandonando il nipote «minore di 14 anni, di cui doveva avere cura, in balia del padre Andrea».
Inoltre, scrivono i pm, «nonostante l’importante trauma provocato dal Landolfi ad Arcuri, che nell’immediato rigettava e perdeva sangue dall’orecchio» sarebbe uscita di casa «omettendo di prestare l’assistenza occorrente ovvero di chiamare immediatamente i soccorsi sanitari». E, sempre secondo le accuse che al momento dovranno prima passare il vaglio del gup e poi eventualmente essere oggetto di un processo, avrebbe impedito, attraverso la condotta omissiva, «di prestare soccorsi adeguati alla gravità delle lesioni cagionate, ivi compresa quella di soccorrere attraverso elisoccorso al fine di consentire il ricovero in Ospedale altamente specializzato». Iezzi, sentita a sommarie informazioni dal pubblico ministero l’8 marzo del 2019, avrebbe riferito «false circostanze in ordine agli orari, cercando anche di giustificare le propri argomentazioni citando orari di trasmissioni televisive». E poi «in ordine alla dinamica dei fatti» sostenendo che Maria Sestina Arcuri «fosse scivolata dalla scale insieme al nipote» e anche riguardo alla condizioni di salute della vittima, «affermando che la stessa stesse bene e che non avesse bisogno di alcun soccorso». I familiari di Maria Sestina Arcuri, indicati come parti offese nell’atto con cui è stato richiesto il giudizio, non si costituiranno parti civili.
«La famiglia di Sestina non vuole chiedere risarcimenti alla signora Iezzi, che risponderà alla giustizia ed alla sua coscienza per i reati che le vengono contestati», afferma l’avvocato Vincenzo Luccisano che difende la famiglia della vittima. A giugno, dunque, spetterà al gup decidere se Iezzi dovrà andare a processo oppure no.

Ronciglione, rinviata a giudizio Mirella Iezzi. Il nipote ha ucciso Maria Sestina Arcuri (RAi News – 27 giugno 2024)
Le accuse contro la donna sono falsa testimonianza, omissione di soccorso e abbandono di minore
È stata rinviata a giudizio Mirella Iezzi, nonna di Andrea Landolfi, condannato in via definitiva a 22 anni di carcere per il femminicidio di Maria Sestina Arcuri, sua ex fidanzata. I reati di cui la donna dovrà rispondere sono falsa testimonianza, omissione di soccorso e abbandono di minore. Secondo l’accusa la donna era presente in casa della coppia, insieme al figlio di 5 anni di Landolfi, quando il nipote spinse giù dalle scale Maria Sestina Arcuri, che poi morì.  La donna avrebbe nascosto particolari importanti dell’accaduto agli inquirenti per proteggere landolfi. La prima udienza il 12 marzo 2025.


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