Abdelmjid El Biti, 50 anni, operaio in una fonderia, padre. Già denunciato per violenza e minacce, viene ripreso in un video in cui trascina un sacco da cui escono due ginocchia proprio il giorno della scomparsa della ex moglie. Ergastolo
Brescia, 3 Giugno 2018
Titoli & Articoli
Mamma scomparsa, la testimonianza shock: “Ho visto il marito con un sacco, si muoveva” (Today – 9 giugno 2018)
E intanto il marito 50enne della donna scomparsa respinge ogni accusa, dicendo di non sapere dove si trova la moglie
“Non ho ucciso io mia moglie, è sparita da sola”. Sono le parole pronunciate dal marocchino 50enne marito di Suad Allou, la mamma 29enne bresciana scomparsada domenica scorsa. Dal carcere di Canton Mombello, l’uomo – più vecchio di 21 anni rispetto alla moglie, residente a Seniga, nella Bassa – si difende dalle accuse che hanno spinto il sostituto procuratore, Maria Cristina Bonomo, a disporre il fermo.
Marito e moglie erano separati da tempo, scrive BresciaToday. La donna lo aveva anche denunciato per maltrattamenti, tanto che per un periodo era stata ospitata in una casa protetta, per difendere se stessa e i figli. L’allarme per la scomparsa di Suad, lunedì, è stato lanciato proprio dai figli, in particolare dalla ragazzina di 9 anni. Ora i due sono sono stati affidati dalla Procura dei Minori ad una comunità. Per questa mattina è fissato l’interrogatorio per la convalida dell’arresto. Salvo svolte improvvise, l’uomo rimarrà in carcere fino alla soluzione del giallo.
Improbabile, secondo gli inquirenti, che la donna si sia allontanata volontariamente, lasciando soli i suoi due figli: una bimba di 9 anni e un maschietto di due. Sul caso,BresciaToday parla di una testimonianza shock della titolare del bar ‘Lerose’ di via Milano, le cui telecamere hanno ripreso il marito della 29enne uscire dalla casa con una grossa sacca. Gli occhi elettronici del bar ‘Lerose’ sono puntati proprio sul cortile del comprensorio di via Milano dove la donna abitava da qualche mese, e hanno ripreso il marito violento – da cui la 29enne si stava separando e che non abitava più con lei – entrare e poi uscire dall’appartamento con un grosso sacco nero. L’ipotesi più probabile, e la più raccapricciante, è che in quel grosso sacco nero potesse esserci il corpo senza vita della giovane. Una sequenza che la titolare del bar non ha esitato a consegnare agli investigatori.
“La telecamera che sorveglia l’entrata sul retro del bar lo ha inquadrato molto bene – racconta la donna a Laura Almici di BresciaToday – . Era vestito da muratore, indossava un cappellino e anche un paio di guanti. Nelle immagini lo si vede entrare alle 23 di domenica sera, insieme ai due bambini. Alle 2 esce una prima volta per prendere una boccata d’aria, poi rientra in casa. Alle 4.30 invece lo si vede mentre percorre il tratto del cortile, dopo esser sceso dalle scalinate che portano alla mansarda, trascinando un grosso sacco nero. Per passare ha anche spostato le bici parcheggiate vicine al muro: più che un sacchetto della spazzatura sembrava un grosso borsone, ma a quel punto ho interrotto la visione del video. Il sacco si muoveva: probabilmente la donna era ancora viva”. Un dettaglio che se venisse confermato renderebbe ancor più orribile lo scenario del “caso”. Il filmato, visionato martedì dalla Polizia Locale e mercoledì dalla Squadra Mobile della Questura, è stato la molla che ha fatto scattare l’arresto del marito 50enne di Suad. L’uomo è accusato di omicidio e occultamento di cadavere, ma ha negato tutto.
Donna scomparsa, l’ex in carcere. La figlia: «Papà e mamma litigavano» (Corriere della Sera – 11 giugno 2018)
Il corpo ancora non si trova. Ma anche il giudice, come gli inquirenti, non ha dubbi: «È assolutamente certo che Souad Alloumi non si sia volontariamente allontanata senza lasciare traccia nella propria abitazione nella notte tra il 3 e il 4 giugno»
Il corpo ancora non si trova. Ma anche il giudice, come gli inquirenti, non ha dubbi: «È assolutamente certo che Souad Alloumi non si sia volontariamente allontanata senza lasciare traccia nella propria abitazione nella notte tra il 3 e il 4 giugno». Non ha portato effetti personali (salvo portafoglio e telefonino), nemmeno le chiavi di casa, e, soprattutto, abbandonando i figli di nove e tre anni da soli. In piena notte. A scriverlo è il gip, Lorenzo Benini, nel provvedimento con cui motiva la convalida del fermo dell’ex marito Abdelmjid El Biti, 50 anni, marocchino come Souad, per omicidio volontario e occultamento di cadavere. In sede di interrogatorio lui è rimasto in silenzio, avvalendosi della facoltà di non rispondere. Ma al pm non più di 24 ore prima aveva ribadito: «Non l’ho uccisa, non le ho fatto niente. E non ne so nulla di questa storia».
Peccato che — come ripercorre il gip nelle sue tre pagine — le immagini di videosorveglianza (la telecamera del bar Le Rose installata proprio nel cortile della corte in cui viveva Souad al 138 di via Milano) mostrano la 29enne entrare alle 23.32 di domenica sera. Seguita, alle 23.57, dall’ex marito con i due bimbi: glieli aveva lasciati due giorni prima. Lei, da lì, non passerà più. Ed è l’unica uscita possibile.
Non solo. Alle 4.47 El Biti trascina «un pesante borsone dall’ingresso dell’abitazione fino al passo carraio». E lo carica in auto, fuori. Sette ore dopo la loro bimba, nove anni appena, «incerta», in quel cortile dove gioca ogni giorno, «cerca traccia della mamma che non era più in casa al suo risveglio». Ascoltata in audizione protetta, la piccola — lunedì sera è stata lei a chiedere aiuto bussando alla porta di una vicina — ha detto che quella sera «papà e mamma litigavano a voce alta e arrabbiata». Addirittura, «recandosi quella sera dalla madre, il padre l’aveva avvertita di stare attenta, perché mamma poteva andare da qualche parte lasciandoli a casa da soli»: cosa che, per il gip, «rende manifesto come il gesto sia stato premeditato».
Quindi: «L’unico modo in cui Souad può essere uscita è in quel borsone». Inverosimile contenesse «lenzuola e vestiti», come sostiene l’ex marito. Così come, per il giudice, ha mentito al pm quando ha definito «tranquilli» i rapporti con la ex moglie. A confermarlo sono anche le dichiarazioni messe a verbale da un’amica di Souad: «Hanno alle spalle una separazione complicata, che lui non ha mai voluto accettare, minacciandola, più volte e in due occasioni davanti a me, anche di morte».
«Ti ammazzo e porto i bambini con me in Marocco» le avrebbe detto in aprile, se Souad non l’avesse assecondato firmando un documento in cui gli concedeva l’affido dei bambini negando il bisogno di denaro per il mantenimento. «Le aveva ordinato di ritirare le denunce» per maltrattamenti. «Queste pressioni erano continuative — ricorda l’amica — Souad era allo sfinimento. Era comunque pronta a concedergli qualcosa in più sui bimbi, infatti accettava di lasciarglieli il fine settimana malgrado lui potesse avere con loro solo incontri protetti». L’ex l’avrebbe picchiata anche meno di un mese fa, il 18 maggio: «Mi mostrò i lividi sul corpo per le botte ricevute, ho le foto».
Non è tutto. «Se scopro che hai un altro ti uccido». Altre intimidazioni, riferite da un altro amico di Souad, la quale, peraltro, da qualche settimana aveva, in effetti, una relazione con un coetaneo sudamericano.
Per il gip esiste un concreto pericolo di fuga. Abdelmjid El Biti avrebbe voluto portare i figli in patria: «aveva i documenti validi per l’espatrio dei figli minori (affidati alla madre) e ne aveva preannunciato l’intenzione, del tutto realizzabile, visto che aveva prelevato ottomila euro».
L’avvocato Gianfranco Abate, che ha già anticipato la rinuncia al mandato per «evidenti incompatibilità» con il suo assistito» si è limitato «a obiettare che a mio parere non c’è gravità indiziaria» nei confronti di El Biti: non ci sono tracce ematiche, non c’è l’arma del delitto, non c’è il corpo». Quindi «ho chiesto si proceda con le indagini» al fine di dimostrare, nell’ottica difensiva, che sia stato commesso un omicidio. Per il gip, invece, più certezze che dubbi: della «assoluta brutalità del gesto compiuto ai danni della madre dei suoi figli», di «un omicidio compiuto proprio nella casa in cui quei bambini stavano in quel momento dormendo, con premeditazione, fino ad occultare il cadavere con la massima freddezza». «Inadeguate» altre misure cautelari. Lui resta in cella. Lei non si trova.
Il marito di Souad è stato condannato al carcere a vita (Brescia Oggi – 7 dicembre 2019)
Non c’è un cadavere, ma per la corte d’assise di Brescia ce n’è abbastanza per condannare all’ergastolo Abdelmjid El Biti. E soprattutto per condannarlo al massimo della pena, con diciotto mesi d’isolamento, per omicidio volontario aggravato, sottrazione di cadavere, atti persecutori e violenza sessuale aggravata. In sintesi la corte d’assise, presieduta da Roberto Spanò, ha ritenuto Abdelmjid El Biti colpevole di tutti i reati che gli venivano contestati.
Vittima la moglie, da cui viveva separato, Souad Alloumi, di cui appunto non si trova il corpo. La pena dell’ergastolo era stata chiesta dal pm Maria Cristina Bonomo, affiancata dal collega Gianluca Grippo. La corte d’assise ha anche disposto la trasmissione degli atti alla procura per una testimone.
SOUAD ALLOUMI è scomparsa nella notte tra il 3 e il 4 giugno 2018, dall’abitazione in cui viveva in via Milano. Nella ricostruzione accusatoria, che quindi è stata fatta propria dalla corte d’assise, la vittima è stata uccisa in casa e poi messa in un borsone con rotelle da El Biti, che l’avrebbe caricata in auto e poi occultata in un luogo che non è mai stato trovato. Quella notte El Biti, per raggiungere Seniga, dove abitava, ci mise circa tre ore. Nella requisitoria il pm Maria Cristina Bonomo, ha detto: «Souad era costretta a una vita da schiava. Era priva, in quei mesi, delle chiavi di casa». E ha ricordato i maltrattamenti che, sulla base delle testimonianze raccolte, Souad avrebbe subito prima della separazione. Nella ricostruzione accusatoria i maltrattamenti rappresentano il presupposto per l’allontanamento di Souad dalla casa di Seniga dove viveva in precedenza con il marito.
È lungo l’elenco delle violenze di cui in aula ha riferito il pm Bonomo. Violenze che nelle versioni fornite dalla donna sarebbero state modificate, nel clima di violenza che regnava in famiglia. Quanto alla notte in cui sarebbe avvenuto il delitto, la pubblica accusa ha evidenziato che «le sporgenze del borsone riconducono a ginocchia e tibie di Souad».
E in carcere «El Biti non chiede mai dov’è la moglie, la menziona solo per insultarla».
I difensori di El Biti, Federico e Gianfranco Abate, che nel processo sono stati affiancati dalla collega Laura Rusconi, hanno evidenziato che nelle indagini «è stata forzata la mano in una sola direzione. Ma noi abbiamo dimostrato che c’era una via di fuga alternativa, che avrebbe consentito ad Alloumi di non essere ripresa». Nella consulenza, poi «si sarebbe dovuto usare un peso quanto più simile al corpo dell’Alloumi. Ci si è accontentati del filmato delle telecamere del bar». E l’avvocato Gianfranco Abate: «C’erano anche elementi che Alloumi volesse sottrarsi alla volontà persecutoria del marito. Questo aspetto non è stato assolutamente perlustrato».
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In memoria di
I genitori: «Adesso El Biti dica dove è il corpo della nostra Souad» (Brescia Oggi – 15 giugno 2022)
Se per la giustizia la donna è stata ammazzata, non è così invece per la burocrazia. Madre e padre della 29enne scomparsa nel giugno di 4 anni fa chiedono che l’ex marito, condannato all’ergastolo, indichi dove ha nascosto il suo cadavere
«Se ha una coscienza deve dirci dove ha nascosto il corpo di nostra figlia. I bambini hanno il diritto di avere un luogo dove poter piangere la loro mamma». Hassan Alloumi e Ghannouu Zalaf sono i genitori di Souad Alloumi, la 29enne di origine marocchina scomparsa dalla sua abitazione il 4 giugno del 2018 e che per i giudici è stata ammazzata dall’ex marito Abdelmjid El Biti che poi si è sbarazzato del corpo della donna dopo averlo trasportato nascosto in un sacco dall’appartamento di via Milano dove la donna viveva e dove si sarebbe consumato il delitto.
Da quattro anni chiedono che il responsabile dell’omicidio gli indichi il luogo dove sono stati nascosti i resti della figlia. «Non si può più tornare indietro, quello che è successo è successo – sottolineano i genitori di Souad, in questi giorni a Brescia per incontrare i due nipoti ancora ospiti di una comunità protetta – El Biti dica però dove ha messo il corpo, nostra figlia merita una degna sepoltura e i suoi figli devono sapere dove potere andare a piangere la mamma».
In tutti questi anni il 53enne marocchino, in carcere dal giorno successivo al delitto, non solo non ha mai detto dove abbia occultato il corpo, ma ha sempre negato di avere ucciso la ex moglie. Ora dopo che anche la Cassazione ha confermato l’ergastolo nei suoi confronti e con la condanna diventata definitiva i genitori di Souad sperano che finalmente possa «trovare un briciolo di coscienza per far ritrovare i resti. Ogni volta che in Marocco arriva la notizia di un corpo ritrovato in Italia, il pensiero va subito a nostra figlia. Non perdiamo la speranza, ma El Biti non ha mai parlato e nemmeno la sua famiglia in questi anni ci ha mai contattato. Per loro non esistiamo».
Se per la Giustizia Souad è stata uccisa, non è così per la legge. Senza il corpo per il momento è stato impossibile ottenere dall’anagrafe il certificato di morte «Ci stiamo muovendo perché la sentenza nei confronti di El Biti venga riconosciuta così da poter ottenere la dichiarazione di morte presunta», spiegano i legali dei genitori di Souad, gli avvocati Elena Scotuzzi e Veronica Raimondi.
Persa la figlia, strappata alla via da chi invece avrebbe dovuto darle serenità, ai genitori di Souad restano i due nipoti, una bambina di 13 anni e un bambino di 8. «La loro è la sofferenza più grave – ricordano – Hanno perso la mamma e il padre è in carcere. Sanno che noi ci siamo, ma la loro vita non è più la stessa. Lo shock che tutti quanti abbiamo vissuto ci sta accompagnando da quattro anni»
I nonni avevano chiesto al tribunale dei Minori di Brescia di poterli avere con sé. «Esistono elementi che fanno giudicare preferibile il collocamento dei due minori presso una famiglia italiana – sottolineava il tribunale nel provvedimento firmato dal presidente Cristina Maggia – I nonni potranno continuare a fare i nonni e non sarebbero gravati dal dovere svolgere funzioni da genitori sostitutivi a tempo indeterminato». Alla base della decisione, oltre a questioni economiche, ci sarebbe soprattutto la differenza di età tra i nonni e i bambini cresciuti «respirando mentalità e cultura italiana e che necessitano di figure affettive di riferimento» in grado di garantire loro la massima stabilità.
«Non è stato facile accettare questa decisione – ammettono Hassan Alloumi e Ghannouu Zalaf – Ora che è passato del tempo la comprendiamo. Per noi è importante che i nostri nipoti possano vivere sereni in una famiglia che gli voglia bene. Quello che è successo alla loro mamma ha provocato loro danni. Anche loro sono vittime». I nonni possono incontrare e contattare i nipoti ogni volta che vogliono. «Domenica siamo stati insieme – raccontano i genitori di Souad – In quei momenti cerchiamo di farli divertire di farli stare sereni. Veniamo in Italia quattro volte all’anno per incontrarli. Ci piacerebbe poter essere più vicini, ma la vita in Italia costa molto e senza un aiuto economico per noi sarebbe impossibile trasferirci» (di Paolo Cittadini)