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Hane Gjelaj, 46 anni, infermiera, mamma. Accoltellata e poi colpita in testa con una pietra dal marito

Clipboard01Noale (Venezia), 27 marzo 2012

La casa per lei era un inferno, ma Hane aveva una gran fede ed era convinta di farlo per il bene dei figli. Ma per quali figli è un bene avere un padre che uccide la madre?

Clipboard02Pashko Gjelaj, 54 anni, disoccupato. Secondo il suo avvocato non era in grado di intendere e volere.

Figli: 3

Titoli & Articoli

Il Gazzettino

Delitto di Noale, l’amica di Hanè:«Per lei la casa era come l’inferno»

L’amica di Hana Gjelaj: il marito era geloso e la picchiava,lei mi diceva che non lo lasciava soltanto perché c’erano i figli

«Non doveva finire così. Era una persona eccezionale, sempre disponibile. Una gran lavoratrice che non si lamentava mai. Spero solo che quell’uomo, se si può ancora chiamare così, resti in galera per sempre. Gli dovrebbero dare delle coltellate e metterci sopra del sale per fargli sentire il dolore che ha causato a una donna straordinaria, a una madre che pensava solo a mantenere la famiglia».

Michela è durissima. Nessuna pietà per chi ha ucciso la sua amica Hanè Gjelaj. «L’ho conosciuta quando lavoravo in casa di riposo fino a due anni fa. Io nei servizi alberghieri, lei come assistenza agli ospiti. Era riservata, umile, di una disponibilità e generosità rare. Le dicevo “dai Hanè vieni a prendere un caffè” e se mi rispondeva che non aveva soldi le ribattevo che offrivo io. Ma niente. Perché doveva lavorare e perché se lo sapeva suo marito sarebbero stati guai.

Cosa vuoi dire? Ho insistito un po’. È stata una delle poche volte che si è lasciata andare. “Se tu sapessi. Qui per me è il paradiso, a casa è l’inferno. Mi controlla se ritardo a rientrare finito il turno, è convinto che lo tradisca. E mi picchia, quante volte si è messo in mezzo uno dei miei figli. E così le botte le abbiamo prese in due”».

Il racconto si interrompe. Michela a stento trattiene le lacrime: «Se le dicevo di lasciarlo, lei mi guardava e spiegava “resto per i figli, devono crescere e capire da soli se sono io che sbaglio o se è il padre”. La rivedevo al mercato, veniva senza che lui, Pashko Gjelaj, lo sapesse. Sempre più triste. E nonostante tutto sorrideva. L’altra sera quando sono corsa in strada, abito poco lontano da dove lui l’ha ammazzata come una bestia, ho riconosciuto subito la bici. Non volevo crederci».

Ieri mattina nella struttura di ricovero “Santa Maria dei Battuti”, dove Hanè era stata assunta cinque anni fa, le sue colleghe non hanno voglia di parlare. Sono sconvolte. Hanno appreso la notizia leggendo i giornali: «Straordinaria. Non ci sono altre parole per descriverla. Con noi. Con gli anziani che accudiva come fossero dei suoi parenti. Come faremo a dirglielo che adesso non c’è più?». Silvia è forse quella con cui era più in confidenza: «Parlava solo dei suoi figli. Ne era orgogliosissima. “Sono studenti modello” mi ripeteva. Aveva una fede incrollabile in Dio. È questo che l’ha fatta andare avanti sopportando tutto». Giudizio condiviso in pieno anche dal direttore Sandro Dal Corso: «Una operatrice esemplare. Quello che le è successo è atroce».

di Monica Andolfatto

Il Mattino di Padova

L’agguato, i fendenti e una pietra per finirla – Sequenza choc: cinque coltellate a schiena e addome, poi un colpo alla testa così Pashko Gjelaj, 54 anni, ha ammazzato per la strada la moglie Hane di 46

Cinque coltellate all’addome e alla schiena e poi le ha sfondato la testa con una grossa pietra raccolta sul marciapiede. Erano le 21.20 di lunedì e su un marciapiede di Moniego, piccola frazione di Noale, finiva la vita di Hane Gjelaj, 46 anni, albanese, madre di tre figli e da dieci anni in Italia. Ma è finita anche la vita del suo assassino, il marito Pashko Gjelaj, 54 anni, disoccupato da tre anni. È in galera con un’accusa da ergastolo: omicidio volontario, con l’aggravante dei futili motivi e del legame di parentela. Ma una condanna, ancora più pesante di quella che rischia in tribunale, è quella dei figli per i quali è morto. Ma se per la madre ci sono le lacrime per lui c’è l’odio.

La donna da almeno tre anni era l’unica fonte di reddito della famiglia di albanesi, che da tempo vive in via Moniego Centro, a qualche centinaio di metri da dove è avvenuto l’omicidio. Lavorava come operatrice socio-sanitaria in Casa di Riposo, mentre il marito, perso il lavoro come manovale edile, viveva sulle sue spalle. Lei riusciva a mantenerlo, ha consentito ai due figli maggiori di terminare le scuole e alla più piccola di continuare a studiare.

Ma nella mente dell’uomo ad un certo punto si è insinuato il tarlo della gelosia, la convinzione che la moglie avesse un amante. Nulla di più immotivato. Hane in realtà si faceva in quattro per i figli e anche per lui nonostante negli ultimi anni il rapporto con il marito si fosse incrinato. Praticamente i due vivevano separati in casa. L’unica cosa che il 54enne le garantiva erano i maltrattamenti. Anche se lei mai ha denunciato qualche cosa ai carabinieri o ai servizi sociali del Comune. Mai una richiesta di aiuto ufficiale, anche se più di una persona in paese sapeva che il clima in quella famiglia non era idilliaco. Lunedì sera Hane alle 21 ha terminato il suo turno alla Casa di Riposo. Uscita, prende la bicicletta e si dirige verso casa. Prima di uscire dall’abitazione litiga col marito, l’ennesimo litigio. E forse pensa a questo mentre pedala verso casa.

Tempo venti minuti e la donna è a poche centinaia di metri dall’abitazione. Secondo la ricostruzione fatta dai carabinieri del Nucleo Investigativo di Mestre e della stazione di Noale, all’altezza del civico 74 di via Moniego Centro, è stata affiancata dal marito pure lui in bicicletta.

L’uomo è alterato, qualcuno sente i due gridare. L’uomo, infatti, l’ha fatta cadere sull’asfalto. Poi sceso dalla bicicletta le sferra alcune coltellate all’addome, una anche all’altezza del cuore. Per colpirla usa un coltello a serramanico con una lama da otto centimetri. La donna grida, ha ancora la forza di reagire, scappa. Lui la rincorre e la colpisce ancora alla schiena con il coltello. La ributta a terra. Le sale sopra a carponi, immobilizzandola. Non contento di averla accoltellata diverse volte – il medico legale conterà almeno cinque ferite – prende una grossa pietra che trova sul marciapiede e le fracassa la testa. Almeno due colpi inferti con tutta la forza che aveva in corpo.

Qualcuno assiste a questa ultima parte dell’assassinio. Tra questi anche alcuni clienti del bar che si trova a poche decine di metri dal luogo del massacro. Vengono chiamati i carabinieri e il 118. Il marito assassino nel frattempo si è alzato e scappa in bicicletta. Mentre in pochi minuti arrivano carabinieri e sanitari del Suem e trovano il corpo della donna in una pozza di sangue e poco distante la pietra e il coltello usati per colpirla e più in là la bicicletta, l’uomo viene trovato dai militari della stazione di Noale mentre girovaga davanti alla loro stazione. Lo fermano, ha le mani e i vestiti sporchi di sangue. Lo portano in caserma mentre il medico del Suem constata ufficialmente la morte di Hane. Interrogato dal pm e dai carabinieri, alla presenza dell’avvocato, l’uomo fa scena muta. Alla fine viene arrestato per omicidio volontario. Portato in carcere a Santa Maria Maggiore, si trova in attesa dell’interrogatorio di garanzia ancora prigioniero dei suoi fantasmi.

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Noale Hanè Gjelaj uccisa dal marito Pashko Gjelaj a coltellate mentre cerca di scappare in bicicletta

INSEGUE LA MOGLIE IN STRADA E LA MASSACRA A COLTELLATE

Delitto nella notte a Noale, vicino Venezia, dove una donna di 46 anni, Hanè Gjelaj, è stata trovata morta in strada, con delle profonde ferite da arma da taglio. Ad ucciderla è stato il marito, che in seguito all’ennesima lita l’ha inseguita in strada con un coltello, con cui poi l’ha finita a sangue freddo.

La donna ha provato a scappare in bicicletta, ma il marito aggressore è stato più lesto e non le ha lasciato scampo. L’allarme è stato dato da alcune persone, che hanno telefonato ai carabinieri dopo aver sentito urla in strada e aver poi visto la donna riversa a terra.

Non si esclude che l’omicidio possa essere nato da un diverbio. Gli investigatori stanno raccogliendo diverse testimonianze per capire la dinamica esatta dell’aggressione. Lo scrive oggi il Gazzettino.

«LA STA AMMAZZANDO» Un paio le telefonate raccolte dalla centrale operativa dell’Arma: «Fate presto la sta ammazzando». Erano le voci sconvolte di due giovani che da sotto i portici a una ventina di metri di distanza stavano assistendo al massacro. Hanno tentato di intervenire, gridando all’uomo di smetterla e che avevano chiamato i carabinieri.

Lui per tutta risposta gli ha tirato contro dei sassi e come una bestia ha infierito sulla preda. Orribile la scena che si sono trovati di fronte i soccorritori e i carabinieri ieri sera verso le dieci a Noale (Venezia), in via Moniego all’altezza del civico 74 qualche decina di metri da dove la donna albanese viveva con i tre figli, di cui uno minorenne, nel pieno centro della omonima frazione.

Per Hanè Gjelaj, 46 anni, inserviente della casa di riposo di Noale, non c’è stato nulla da fare. Ha cercato di sfuggire alla furia sanguinaria, riparandosi dietro una Smart parcheggiata lungo il marciapiedi, di fronte all’immobiliare Re Mida, ma il suo “boia” non ha avuto alcuna pietà.

UCCISA IN STRADA Quando il personale del Suem è arrivato era già senza vita, in un lago di sangue: un profondo squarcio alla gola. Riversa sull’asfalto in una posizione innaturale, accanto l’arma con cui l’assassino ha infierito senza pietà e poco lontano la bici rovesciata. A colpirla a morte, il marito, da cui si era allontanata circa tre anni fa, un connazionale albanese di 53 anni, disoccupato, Pashko Gjelaj.

Ha cercato di fuggire, anche lui in bicicletta, ma è stato subito rintracciato in via degli Ongari dai carabinieri di Noale e portato nella caserma dell’Arma dove è stato interrogato per tutta la notte e quindi arrestato. Sul posto in carabinieri anche di Scorzè, del nucleo radiomobile di Mestre, gli specialisti del Nucleo investigativo provinciale, gli esperti della squadra scientifica per i rilievi, i vigili del fuoco che hanno illuminato a giorno l’area della mattanza.

Ancora tutti da chiarire i contorni dell’ennesimo omicidio di donne come ormai la cronaca nera ha battezzato gli omicidi fra le mura domestiche di mogli per mano dei mariti. Una vera e propria strage che purtroppo non risparmia nemmeno il veneziano, che su questo tragico fronte, ha vissuto nel 2010 l’anno horribilis con una sequenza di sangue agghiacciante.

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Venezia Today