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Eligia Ardita, 35 anni, infermiera, all’ottavo mese di gravidanza. Sbattuta contro il muro e soffocata dal marito che per otto mesi simula un malore

Calatabianco (Siracusa), 19 Gennaio 2015


Titoli & Articoli

Siracusa, dolore e rabbia ai funerali di Eligia Ardita (GdS – 25 gennaio 2015)
È stato travolto dall’emozione, don Aurelio Russo, il parroco della chiesa della Madonna della Roccia, dove ieri mattina sono stati celebrati i funerali di Eligia Ardita, l’infermiera di 35 anni morta all’ottavo mese di gravidanza dopo un malore durante il trasporto in ospedale. Nella bara, sommersa dai fiori e dalle foto, c’era anche la piccola Giulia, deceduta nel grembo della madre, nonostante i tentativi dei medici dell’«Umberto I» di salvarla.
Il sacerdote si è commosso nel corso della sua omelia, del resto conosceva bene la vittima ed il marito Christian, che, qualche anno fa, si erano sposati proprio nella stessa chiesa ed a celebrare il matrimonio era stato lui. Sono state tantissime le persone, tra parenti ed amici, che ieri hanno voluto tributare l’ultimo saluto alle due vittime, sul cui decesso è stata aperta un’inchiesta della Procura per omicidio colposo. Ha voluto prendere la parola, prima della fine della funzione religiosa, il primario del pronto soccorso dell’ospedale «Umberto I», Carlo Candiano, che conosceva bene Eligia Ardita. Hanno lavorato insieme e durante il suo intervento il medico ha speso parole di elogio per l’infermiera, definita instancabile e sempre disponibile verso i pazienti. I medici ed i colleghi hanno affisso all’ingresso del reparto un cartello in cui manifestano il loro lutto, segno del legame, affettivo e professionale, con la trentacinquenne. La bara è stata portata a spalla dal marito, dal fratello e dalle persone più vicine alla donna, che è stata salutata dagli applausi e poi dall’Ave Maria di Schubert.

Uccisa per aver chiesto al marito di non uscire con gli amici (il Messaggero – 20 settembre 2015)
Morta per aver chiesto al marito di restare a casa con lei anziché raggiungere gli amici. È questa l’ultima rivelazione sull’uccisione di Eligia Ardita, morta otto mesi fa nella sua casa di via Calatabiano, a Siracusa. Il marito, che ieri ha confessato l’omicidio, avrebbe ricostruito quella tragica sera davanti ai magistrati.
Il 19 gennaio l’infermiera di 35 anni, all’ottavo mese di gravidanza, invita a cena i genitori. Intorno alle 21.30 gli ospiti vanno via e il marito di Eligia, Christian Leonardi, 40 anni, disoccupato, manifesta l’intenzione di uscire e raggiungere gli amici. La donna insiste affinché resti a casa. Ne nasce un alterco che degenera: l’uomo la colpisce al capo, le tappa la bocca; la donna vomita, perde i sensi e va in arresto cardiaco. Lui la trascina sul pavimento e poi la adagia sul letto. Ripulisce tutto e solo dopo un’ora chiama il 118. I sanitari corrono verso l’ospedale per tentare almeno di salvare la bambina con un cesareo. Ma non c’è niente da fare. I vicini di casa che sentono le urla non chiamano la polizia, forse perchè abituati a situazioni come quella.
Tutto questo è rimasto oscuro fino alla svolta di ieri, quando il procuratore aggiunto Fabio Scavone, che ha acquisito la titolarità dell’inchiesta solo a fine agosto, ha raccolto la confessione di Leonardi, crollato dopo otto mesi di menzogne. L’uomo, insieme ai suoceri, si era recato dai carabinieri per denunciare ritardi nei soccorsi, tanto che quattro sanitari furono indagati. Ma il quadro iniziale comincia man mano a cambiare, anche a causa delle contraddizioni nel racconto di Leonardi.
«Crediamo che l’elemento determinante sia stato il sopralluogo del Ris di Messina nell’appartamento, con l’acquisizione di tracce che lasciavano ipotizzare una colluttazione, smentendo la tesi dell’incidente», dice il procuratore capo Francesco paolo Giordano, che oggi ha partecipato a una conferenza stampa insieme al comandante provinciale dei carabinieri Luigi Grasso.
Osserva il pm Scavone: «A lungo Leonardi ha interpretato la parte dell’uomo disperato che aveva perso moglie e figlia e chiedeva giustizia.

 

Nelle pareti di casa i segni dell’orrore (Urban Post – 20 settembre 2015)
Le ecchimosi sul capo, l’inspiegabile “malore” dopo cena, il ritardo nei soccorsi ed altri atteggiamenti non propriamente consoni ad un marito che in pochi minuti ha visto morire la giovane moglie incinta di 8 mesi, avevano da subito portato gli inquirenti a ritenere che Christian Leonardi fosse il responsabile del misterioso decesso di Eligia Ardita, l’infermiera professionale 35enne morta in circostanze fino a ieri misteriose il 19 gennaio 2015, nella sua abitazione di via Calatabiano a Siracusa.
Dopo 8 mesi di indagini la triste verità è venuta a galla: Eligia è morta in seguito alle botte ricevute dal marito, reo confesso dell’omicidio. I disperati appelli dei genitori della giovane infermiera, che a febbraio sarebbe diventata mamma, hanno sortito gli effetti sperati: indurre il colpevole di questo efferato duplice omicidio ad uscire allo scoperto, ad assumersi le sue responsabilità.
Ieri l’omicida si è infatti presentato spontaneamente al comando provinciale dei carabinieri di Siracusa, accompagnato dal suo avvocato, ed ha vuotato il sacco. Decisivo il sopralluogo nell’abitazione della coppia effettuato in mattinata dai Carabinieri del Ris di Messina: nelle pareti della casa c’erano tracce di vomito, e i segni inequivocabili di una colluttazione. Non solo, secondo le ultime indiscrezioni emerse Christian Leonardi sarebbe stato incastrato dalla sua saliva, le cui tracce il reo confesso avrebbe tentato di occultare, inquinando la scena del crimine. Lo ha dichiarato il suo legale, Aldo Scuderi: “C’è stato  un incidente, sfociato in una colluttazione, in quella casa e  poi il mio assistito ha attuato dei comportamenti atti a mutare  la scena del delitto”. Eligia è morta, e con lei il bambino che portava in grembo. Colpita dal marito in seguito ad una furiosa lite scaturita dopo aver scoperto che lui aveva una relazione extraconiugale.

 


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In memoria di

 

A Siracusa nasce la scuola “Eligia e Giulia Ardita”, madre e figlia (mai nata) uccise da un uomo (il Fatto Quotidiano – 7 luglio 2021)
Ammazzata in casa durante una lite, era all’ottavo mese di gravidanza. Il marito, Christian Leonardi, è stato condannato in appello all’ergastolo. La famiglia delle vittime ha creato una Fondazione per aiutare le donne in difficoltà, e ribadisce un concetto fondamentale: per prevenire i femminicidi bisogna partire dai più piccoli