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Agnese Oliva, 30 anni, mamma. Uccisa a coltellate, insieme alla figlia di 12 anni, dal marito e padre (ai domiciliari dopo la condanna per abusi sessuali sulle figlie) che poi fa saltare col gas l’intera palazzina (strage dell’Immacolata)

San Martino Valle Caudina (Avellino), 9 Dicembre 1999


Titoli & Articoli

Uccide moglie e figlia e fa saltare casa (Corriere della Sera – 9 dicembre 1999)

 

Abusò delle figlie, condannato fa saltare la casa di famiglia (la Repubblica – 9 dicembre 1999)
S. MARTINO VALLE CAUDINA (Avellino) – In principio fu una lettera. “Il mio papà mi violenta”, confidò Gennarina, 13 anni, alla compagna di banco. Da quel tremendo segreto scolpito sulla carta nacquero un processo e una condanna a sei anni di carcere. Uno scandalo nel sonnacchioso borgo di San Martino Valle Caudina, a mezz’ ora da Avellino. Dopo il verdetto la follia si era insinuata nella mente di Romeo Iachetta, camionista, quarant’ anni, il padre della bambina. “Credetemi, sono innocente, non merito la galera”, ripeteva agli anziani genitori, con cui viveva, agli arresti domiciliari, in via Castello.
Ieri all’ alba, per vendicarsi, Iachetta ha deciso di sterminare la famiglia. è evaso, aggirando i controlli della polizia. Poi è tornato nella vecchia casa in cui un tempo abitava con la moglie e i figli, in via Croce. Due chilometri a piedi per uccidere. I vicini ricordano di aver sentito un urlo disumano, infernale: “Vi ammazzo tutti”. Iachetta brandiva un coltellaccio. Ha colpito la donna e i bambini, come se volesse scannarli. Poi ha aperto le bombole del gas, ce n’ erano tre in cucina, facendo saltare in aria l’ abitazione. Da quel cumulo di macerie fumanti i soccorritori hanno estratto i cadaveri di Agnese Oliva, 30 anni, la consorte di Romeo, e della figlia Teresa, di 12. Anche a lei Iachetta aveva rivolto le sue morbose attenzioni. Pasquale, il bimbo più piccolo, di 6 anni, e le sorelle Annamaria e Gennarina, sono scampati alla furia del padre. Pure l’ assassino è vivo: prima dell’ esplosione si è lanciato in una vasca da bagno che lui stesso aveva riempito d’ acqua. “Sono qui, venite a prendermi”, gridava il folle ai vigili del fuoco. L’ hanno ricoverato all’ ospedale Cardarelli di Napoli, con il corpo coperto di ustioni.
Nel lettino è piantonato dagli agenti, è stato arrestato per evasione e strage. Adesso, a San Martino Valle Caudina, davanti allo scheletro incenerito di una villetta in cui appena l’ altro giorno giocavano i bambini, tutti si chiedono: com’ è possibile che un uomo condannato al carcere per violenza carnale sulla figlia vivesse nello stesso paese dei familiari? Bastavano gli arresti domiciliari (con la possibilità di andare a lavorare durante il giorno) se la casa dei genitori di Iachetta dista appena due chilometri dall’ abitazione della moglie e dei bimbi?
Finì in carcere il 29 marzo scorso, quando la lettera con i segreti di Gennarina fu consegnata ai magistrati. Iachetta fece in tempo ad aggredire la figlia. Le tirò i capelli, urlando: “Rina, che hai fatto?”. Dopo 45 giorni trascorsi in cella, a metà maggio, l’ uomo ottenne gli arresti in casa dal giudice delle indagini preliminari. Durante l’ udienza in tribunale la bambina aveva confermato le accuse: “Papà abusa di me da quando avevo 7 anni”. Anche Teresa, la sorella più piccola, testimoniò contro il padre. Dunque, secondo il gip, non esisteva più il pericolo che le prove fossero inquinate. L’ avvocato Alberico Villani, difensore di Iachetta, chiese il giudizio abbreviato.
Lunedì scorso il tribunale ha emesso la sentenza: sei anni di carcere. Il condannato, che nel frattempo era rimasto agli arresti domiciliari, voleva presentare appello. Poi ha scelto la morte. Perché quella non ammette appello. Il padre di Iachetta si chiama Pasquale, proprio come il nipote. Si aggira tra le macerie, piange. “Romeo, che hai fatto? Meno male che il mio Pascaluzzo si è salvato, e le sorelline…”. Il bimbo ha ricevuto una coltellata all’ addome. I medici gli hanno dovuto togliere la milza. Gennarina e Annamaria sono scappate dai vicini prima che la casa esplodesse, le braccia e le gambe devastate dalle coltellate. Del papà ricorderanno per sempre questa immagine: “Gridava come un pazzo: io vi uccido”.
La sera prima della strage Iachetta ha cenato. Maccheroni, formaggio, un bicchiere di vino. Ai genitori è apparso pensieroso. Di notte è passata la ronda di polizia: “Romeo, com’ è andata in tribunale?”, gli ha chiesto un agente. “Sei anni di carcere, brigadiè. Ma io sono innocente”.

 

Agnese Oliva e Teresa (Feminas – 7 novembre 2016)
Agnese Oliva, 30 anni, e Teresa, 12 anni. Uccise dall’ex marito e padre Romeo Iachetta, 40 anni, camionista, che gridava “vi ammazzo tutti”. Le accoltella e fa saltare la casa con il gas.
San Martino Valle Caudina (Avellino), 8 dicembre 1999: in principio fu una lettera. “Il mio papà mi violenta”, confidò Gennarina, 13 anni, alla compagna di banco. Da quel tremendo segreto scolpito sulla carta nacquero un processo e una condanna a sei anni di carcere. Uno scandalo nel sonnacchioso borgo di San Martino Valle Caudina, a mezz’ora da Avellino.
“Credetemi, sono innocente, non merito la galera”, ripeteva agli anziani genitori, con cui viveva, agli arresti domiciliari, in via Castello. Ieri all’alba, per vendicarsi, Iachetta ha deciso di sterminare la famiglia. È evaso, aggirando i controlli della polizia, poi è tornato nella vecchia casa in cui un tempo abitava con la moglie e i figli, in via Croce; due chilometri a piedi per uccidere.
I vicini ricordano di aver sentito un urlo disumano, infernale: “Vi ammazzo tutti”. Iachetta brandiva un coltellaccio, ha colpito la donna e i bambini, come se volesse scannarli poi ha aperto le bombole del gas, ce n’erano tre in cucina, facendo saltare in aria l’abitazione. Da quel cumulo di macerie fumanti i soccorritori hanno estratto i cadaveri di Agnese e della figlia Teresa. Anche a lei Iachetta aveva rivolto le sue morbose attenzioni. Pasquale, il bimbo più piccolo di 6 anni, e le sorelle Annamaria e Gennarina, sono scampati alla furia del padre. Pure l’assassino è vivo: prima dell’ esplosione si è lanciato in una vasca da bagno che lui stesso aveva riempito d’acqua. “Sono qui, venite a prendermi”, gridava l’assassino ai vigili del fuoco. L’hanno ricoverato all’ospedale Cardarelli di Napoli, con il corpo coperto di ustioni.
Nel lettino è piantonato dagli agenti, è stato arrestato per evasione e strage. Adesso a San Martino Valle Caudina, davanti allo scheletro incenerito di una villetta in cui appena l’altro giorno giocavano i bambini, tutti si chiedono come sia possibile che un uomo condannato al carcere per violenza carnale sulla figlia vivesse nello stesso paese dei familiari.
Finì in carcere il 29 marzo scorso, quando la lettera con i segreti di Gennarina fu consegnata ai magistrati. Iachetta fece in tempo ad aggredire la figlia. Le tirò i capelli, urlando: “Rina, che hai fatto?”. Dopo 45 giorni trascorsi in cella, a metà maggio, l’uomo ottenne gli arresti in casa dal giudice delle indagini preliminari.
Durante l’udienza in tribunale la bambina aveva confermato le accuse: “papà abusa di me da quando avevo 7 anni”. Anche Teresa, la sorella più piccola, testimoniò contro il padre. Dunque, secondo il gip, non esisteva più il pericolo che le prove fossero inquinate.
L’avvocato Alberico Villani, difensore di Iachetta, chiese il giudizio abbreviato. Lunedì scorso il tribunale ha emesso la sentenza: sei anni di carcere. Il condannato, che nel frattempo era rimasto agli arresti domiciliari, voleva presentare appello. Poi ha scelto la morte. Perché quella non ammette appello. Il padre di Iachetta si chiama Pasquale, proprio come il nipote. Si aggira tra le macerie, piange. “Romeo, che hai fatto? Meno male che il mio Pascaluzzo si è salvato, e le sorelline…”. Il bimbo ha ricevuto una coltellata all’addome. I medici gli hanno dovuto togliere la milza. Gennarina e Annamaria sono scappate dai vicini prima che la casa esplodesse, le braccia e le gambe devastate dalle coltellate. Del papà ricorderanno per sempre questa immagine: “gridava come un pazzo: io vi uccido”.


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In memoria di

San Martino Valle Caudina: Agnese e Teresa, il ricordo a venti anni dalla strage dell’Immacolata (il Caudino – 30 novembre 2019)
La statua della Madonna Immacolata è rimasta lì, ma dietro non c’è più quella casa che ha ospitato l’orrore. Fu il padre-marito assassino a farla saltare in aria per distruggere se stesso e tutta la sua famiglia. Lui si salvò: la moglie e la figlia piccola no; gli altri figli sì, anche il piccolo Pasquale gravemente ferito, grazie a Dio e forse, grazie proprio a quella Madonnina.
Venti anni non sono sufficienti per dimenticare. Chi c’era quella mattina dell’Immacolata del 1999 al Crocevia di San Martino Vale Caudina, chi ha sentito il forte odore del gas, chi ha visto uscire vivo dalle macerie l’orco assassino, non dimenticherà mai.
Agnese e Teresa. Agnese avrebbe oggi 54 anni; Teresa, invece, 32.

Agnese era una giovanissima mamma poco più che trentenne, ma badava già a quattro figli. Allora non si parlava ancora di femminicidio, ma gli uomini hanno sempre ucciso e fatto del male alle donne. Lo hanno fatto anche in maniera più cruenta del solito.
Romeo Iachetta. Romeo Iachetta, quel giorno decise di cancellare tutta la sua famiglia, facendo saltare in aria la palazzina a due piani in via Crocevia. Prima, però, accoltellò la moglie e la figlia Teresa, che di anni ne aveva dodici, che tentò invano di proteggere la mamma. Solo a pensare a quella ragazzina che tenta di fare scudo con il suo corpo alla mamma, viene la pelle d’oca. Fortunatamente l’estremo sacrificio della mamma e di Teresa, riuscirono a mettere in salvo gli altri tre figli.
Freddo. Quel giorno, c’era il sole, ma faceva freddo, nulla di paragonabile, però,  al freddo che penetrò nelle ossa dei soccorritori quando arrivarono e videro la palazzina distrutta ed estrassero i corpi senza vita della madre e della figlia, mentre il padre riuscì a scamparla.
Quell’uomo non doveva, ma soprattutto non poteva essere lì, visto che era accusato di violenza sessuale su una delle figlie e si trovava agli arresti domiciliari dall’altro capo del paese. Ma, allora come oggi, è facile sfuggire ai controlli. Allora come oggi, è facile fare del male alle persone inermi.
Quello fu un giorno di sole, ma senza speranza. Due vite cancellate, una famiglia distrutta e la festa della Immacolata annientata.
Panchina rossa e santa messa. Venti anno dopo, San Martino Valle Caudina non dimentica, soprattutto non dimentica l’associazione Regina Della Pace. L’otto dicembre, proprio in località Crocevia, sarà installata una panchina rossa per ricordare le vittime di femminicidio. Subito dopo, nel santuario sarà celebrata una santa messa in memoria di Agnese e Teresa. Questo delicato momento fa parte della manifestazione Illumina la Notte, anche questo è un piccolo segnale di civiltà. L’orrore non si può cancellare, rammentare è un dovere per evitare che si possa ripetere.