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Maria Anastasi, 40 anni, mamma e incinta al nono mese del quarto figlio. Massacrata a colpi di vanga, cosparsa di benzina,bruciata e abbandonata nei campi

Trapani,  4 luglio 2012

è stato lui, no, è stata lei. Salvatore accusa Giovanna, Giovanna accusa Salvatore. Per questo amore, che finisce a reciproche accuse di omicidio, Salvatore e Giovanna hanno ucciso Maria e il bambino che portava in grembo.

Salvatore Savalli, 39 anni, operaio in una segheria. In macchina aveva messo una vanga e una tanica di benzina, per un bisogno fisiologico.

Giovanna Purpura, 39 anni, mamma. Viveva in casa con Salvatore e Maria.

Figli: 4 di Maria + 2 di Giovanna

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Repubblica

E’ un torbido ménage condito da violenze fisiche e psicologiche fa da sfondo alla morte di Maria Anastasi, 40 anni, la casalinga di Trapani, incinta al nono mese, uccisa mercoledì con una pala e il cui cadavere è stato dato alle fiamme.

Il marito, Salvatore Savalli, 39 anni, operaio di una segheria, è in stato di fermo. Ma dopo venti ore di interrogatorio gli investigatori, i carabinieri, coordinati dal procuratore Marcello Viola, hanno anche in mano una confessione. È quella dell’amante che Savalli aveva imposto a casa della moglie e che ha assistito al delitto.

L’operaio, dopo una infinita serie di contraddizioni e un approssimativo tentativo di depistaggio, durante il quale ha cercato di avvalorare la tesi che fosse la moglie ad avere un amante, è inchiodato dalle testimonianze dei figli e dei parenti della vittima che hanno ricostruito il clima in cui è maturato il delitto. Savalli avrebbe raccomandato a una delle figlie di mentire ai carabinieri:  «Devi dire che eri con me quando la mamma è scomparsa».

La svolta decisiva però è arrivata con l’ammissione di Giovanna P. la donna con la quale aveva intrecciato una relazione e che pretendeva di far vivere sotto lo stesso tetto della sua famiglia.

Mercoledì intorno alle 19, ha raccontato la donna, lei, Maria Anastasi e Salvatore Savalli sono usciti a bordo della «Punto» di lui. Hanno acquistato un decoder per il digitale e poi, tutti e tre, si sono diretti in contrada Zafarana, dove è stato poi trovato il cadavere. Secondo la donna, marito e moglie avrebbero iniziato a litigare e a quel punto Savalli avrebbe imbracciato una vanga che teneva nel bagaglio uccidendo la moglie. Subito dopo avrebbe tirato fuori una tanica di benzina per dare fuoco al corpo. Giovanna P. sostiene di avere solo assistito. Ma il suo racconto presenta ancora molte lacune, nonostante gli investigatori definiscano «collaborativo» il suo atteggiamento.

Dalle sue stesse parole emerge comunque che Savalli aveva progettato l’omicidio tanto da portarsi dietro l’occorrente e i carabinieri vogliono adesso verificare se la sua amante fosse consapevole.

Sempre secondo Giovanna P., prima di rientrare a casa, i due si sarebbero disfatti della vanga, della tanica e del telefonino della vittima, mentre quello dell’operaio e quello dell’amante erano stati lasciati a casa e spenti. Questo avvalora la tesi della premeditazione.

In nottata, poi Giovanna P. con i suoi due bambini e i figli di Savalli sarebbero nuovamente usciti di casa per recarsi a Tangi, la località che nella prima denuncia dell’operaio era il luogo in cui sosteneva di aver perso le tracce della moglie dopo essersi fermato per un bisogno fisiologico. A Tangi, Savalli si sarebbe disfatto degli indumenti che aveva al momento di compiere il delitto. I militari stanno ora perlustrando i luoghi indicati dalla donna alla ricerca di tutti i riscontri.

La madre della vittima, Rita Ricevuto non si dà pace: «Mia figlia viveva nella violenza — ha raccontato tra le lacrime — ma lei lo difendeva sempre, nonostante le violenze subite. Quel mostro l’aveva anche costretta a tenere quella donna in casa».

La coppia aveva tre figli e un quarto in arrivo. La maggiore, 17 anni, vive in casa dei nonni e ha confermato il quadro drammatico di quella famiglia che versava in condizioni economiche disastrose con un marito padrone che controllava ogni mossa della moglie impedendole contatti con i suoi parenti. «Un calvario durato 18 anni», sintetizza la zia della vittima, Anna Maria Ricevuto. La figlia di Savalli non ha dubbi: «Lui voleva salvare se stesso e la sua amante perché anche lei è complice».

 di Laura Spanò

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